Crisi con l’UE, pagano le ferrovie svizzere
Prima 'rappresaglia', Bruxelles esclude le FFS da un programma di ricerca. Berna in passato cedette, e oggi?
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Prima 'rappresaglia', Bruxelles esclude le FFS da un programma di ricerca. Berna in passato cedette, e oggi?
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Prima 'rappresaglia', Bruxelles esclude le FFS da un programma di ricerca. Berna in passato cedette, e oggi?
Le ferrovie federali sono le prime a far le spese dell’annunciato naufragio dell’accordo quadro con l’Unione europea. Vengono escluse da un programma di ricerca per la conversione ecologica e digitale traffico ferroviario. Le innovazioni concernono anche i collegamenti transfrontalieri come i Tilo fra il Ticino e la Lombardia. E’ un avvertimento alle autorità federali e alle forze politiche che vogliono mantenere gli accordi bilaterali, ma senza l’accordo quadro. Il fatto è che Bruxelles non appare disposta ad aggiornare i bilaterali se non vengono armonizzati, in un accordo quadro appunto. L’annunciato naufragio arrischia di trascinare con sé anche i bilaterali, l’uno dopo l’altro, quando non saranno più aggiornati all’evoluzione del mercato.
Ricomporre tutti questi relitti è un’impresa ardua, occorre rinserrare i ranghi, trovare un minimo comune denominatore.Nulla di tutto ciò a giudicare dagli echi a palazzo federale. Gli uni dicono che la palla è adesso nel campo dell’UE, altri invitano il consiglio federale a rilanciare le trattative, altri ancora affermano che un fallimento non sarebbe una catastrofe per la nostra economia. Ma non esistono previsioni concrete, attendibili. Non resta che trarre qualche lezione dal passato. L’economia svizzera ha subito, ad esempio, una battuta d’arresto dopo il no popolare allo spazio economico europeo nel 1992. Per quasi un decennio il nostro PIL è stato inferiore di circa il 2% rispetto alla media europea con un notevole aumento della disoccupazione e un peggioramento delle finanze pubbliche. La ripresa è avvenuta con l’entrata in vigore degli accordi bilaterali.
Assai istruttiva anche un’altra controversia tuttora irrisolta. Riguarda le restrizioni ai movimenti da e per l’aeroporto di Zurigo lungo il corridoio aereo nel sud della Germania. Il primo accordo è stato bocciato nel 2003 dal parlamento. Lo giudica inaccettabile, sollecita nuovi negoziati, ma sopravvaluta e di gran lunga la forza contrattuale della Svizzera. Le trattative durano ben 9 anni, la Svizzera deve cedere su quasi tutta la linea, il nuovo accordo è peggio del primo. E come se non bastasse non è ancora entrato in vigore. Quasi 20 anni per un pugno di mosche. Certo la storia non si ripete, ma si assomiglia.
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