Voler uccidere la noia è un errore

Voler uccidere la noia è un errore

La noia è una sorta di passaggio obbligato per ogni acquisizione. Non ha senso contrastarla con l’attivismo o espedienti artificiosi


Silvano Toppi
Silvano Toppi
Voler uccidere la noia è un errore

Tra le svirgolate televisive alla Casolini (v. Telecommando – Incursioni incuriosite di Enrico Lombardi), non può non aver lasciato qualche segno la striscia tocca e fuga con la consegna del grammo d’oro a chi ricorre in scuola al rap, rendendo tutti gli allievi rapper, per riuscire a far digerire loro italiano, letteratura, poesie famose o chi sa che cosa ancora. Non ci si è appigliati al significato della parola rap per darsi un motivo o una spiegazione, forse perché ne ha più di uno: Rithm And Poetry (ritmo e poesia, che potrebbe quindi anche starci); dal verbo inglese “to rap”, cioè tamburellare, picchiettare, battere su, dar pugni su; oppure (stando all’inscalfibile Shorter Oxford English Dictionary) la parola, che risalirebbe addirittura al 1541,venne utilizzata per intendere l’atto di “pronunciare bruscamente, vigorosamente o all’improvviso”; oppure ancora, semplicemente, “genere musicale affermatosi nella seconda metà degli anni 70 nella comunità afroamericana”.

Già su tutto questo si potrebbero  ricamare tante cose più o meno divertenti. Immaginiamoci la “Cavallina, cavallina storna, che portavi colui che non ritorna” del Pascoli (che un tempo alle elementari era un pezzo forte e si mandava a memoria) tamburellata, picchiettata, presa a pugni… magari con la necessità di finire su un nitrito “rappato” (“Mia madre alzò nel gran silenzio un dito: disse un nome… Sonò alto un nitrito”), con quel che di finale poliziesco non facile a rendere. Si è tentato nella rappica striscia di fare un esempio con una poesia di Carducci: un fallimento, perché non si è capito niente. Non può poi neppure sfuggire, per quanto può contenere o di burlesco o autocommiserevole o elveticamente sacrilego (in particolar modo per certi partiti o movimenti), quel dover ricorrere a qualcosa di africano (temperato americano) per imparare ad aprir le porte, divenute difficili e refrattarie, alla “nostra” poesia o letteratura (o protestata italianità). Ci si può meravigliare che da certe parti note non siano ancora partite interpellanze; forse si ignorava quell’afro. C’è da chiedersi, se si procedesse con lo stesso metodo anche per altre discipline, perché non trasformare in hip-hop la sinfonia n. 40 di Mozart per farla “capire” o accettare meglio. Domanda fuori tempo, da trogloditi della cultura, perché è già stato fatto anche questo.

Si cerca di dare un senso a tutto questo per combattere… la noia. L’hanno detto, bene istruiti, gli allievi interpellati. Proprio così, uccidere la noia affinché si riesca a studiare e a parlare di letteratura, scrittori, poeti. Di cultura, insomma. Che, per definizione, è equivalente a noia. E che cosa c’è di meglio del rap, anche se è (diciamocelo sinceramente) tra i più noiosi e ripetitivi generi musicali?

Con la noia non si può però imbrogliare. Non bisognerebbe non solo non temerla ma, piuttosto, amarla come cosa rara e preziosa dentro vite forse troppo riempite da cianfrusaglie, accettarla come una possibilità, una scelta, un forse. La sfida è ancora più importante con i giovani allievi. La noia è una sorta di passaggio obbligato per ogni acquisizione. Non ha senso contrastarla con l’attivismo o espedienti artificiosi, e bisogna rendersi conto che gli sforzi, i sacrifici ed anche la frustrazione costituiscono la base essenziale dell’educazione, della crescita, dell’evoluzione. Non ha senso non rendersi conto che fa parte di un apprendistato tanto  più importante quanto più diventerà ricchezza del  proprio mondo interiore, che garantirà la propria autonomia. E la magia della poesia, non guastata da artificiosità o da rimedi d’attenzione stravaganti, finirà sempre per operare, cogliendo dentro ed emozionando.

(p.s.: chi vuol saperne di più su questo… nuovo strumento didattico o su questa moda importata ovviamente dagli Stati Uniti, può leggersi “Educazione rap“, di Amir Issaa, ADD editore, 2021)

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