Biden apre il primo spiraglio sul caso Assange. “Stop all’azione legale? Lo stiamo valutando”

Biden apre il primo spiraglio sul caso Assange. “Stop all’azione legale? Lo stiamo valutando”

Il presidente americano accenna all’ipotesi di far cadere il procedimento giudiziario negli Stati Uniti contro il fondatore di Wikileaks. Non una grazia ma una sorta di proscioglimento presidenziale, che farebbe dell’australiano un uomo libero


Redazione
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Biden apre il primo spiraglio sul caso...

Di Antonello Guerrera, La Repubblica

“Stiamo considerando questa possibilità”. Per la prima volta il presidente americano  Joe Biden  ha ammesso che la sua amministrazione sta valutando l’opzione di far cadere il pesantissimo procedimento giudiziario negli Stati Uniti contro  Julian Assange . Ossia  l’attivista australiano fondatore del sito Wikileaks , attualmente in carcere a Londra e su cui pendono ben 19 capi di accusa, tra cui “spionaggio”, “furto di informazioni riservate” e “aver messo a rischio la vita” di molti statunitensi per un massimo di 175 potenziali anni di carcere, a causa della pubblicazione negli anni scorsi di una valanga di file top secret dell’intelligence e della diplomazia americane.

Non sarebbe tecnicamente una “grazia” visto che Assange non ha sinora ricevuto alcuna condanna su questo caso, ma una sorta di “proscioglimento” presidenziale, che in pratica farebbe dell’australiano un uomo libero. Biden non ha aggiunto altro alla risposta a una domanda di un giornalista di oggi, durante un evento in America. Poche parole che però hanno riacceso la speranza tra i sostenitori del 52enne australiano detenuto da 5 anni oramai nel duro carcere Belmarsh della periferia della capitale britannica. Perché l’Australia, Paese di origine di Assange, da anni oramai chiede alle varie amministrazioni americane di far cadere le accuse contro di lui.

Trump non ne aveva voluto sapere, ora Biden lascia la porta aperta a una simile eventualità. Anche perché i rapporti tra gli Usa e Canberra sono sempre più stretti, vista l’attuale situazione geopolitica e alleanze militari strategiche come quella sui sottomarini nucleari “Aukus” in chiave anti-Cina nel Sud Est asiatico. Lo scorso 26 marzo l’Alta Corte di Londra aveva rinviato a un’altra udienza fissata al 20 maggio la decisione sull’estradizione negli Stati Uniti, chiedendo nel frattempo a Washington tre “rassicurazioni”: che Assange non rischi la pena di morte una volta estradato negli Usa, che sia garantito il suo diritto di espressione e che non venga discriminato in quanto cittadino australiano. Se i giudici inglesi saranno soddisfatti, allora a fine maggio il trasferimento di Assange oltreoceano avrà il via libera finale, a meno di improbabili irruzioni della Corte Europea dei Diritti Umani. In caso contrario, Assange avrà il diritto di ripresentare appello contro l’estradizione, già approvata da Londra nel 2022.

Insomma, questa lunghissima e divisiva saga di Assange, iniziata dalle decadute accuse di violenza sessuale dalla Svezia nel 2010 fino all’autoreclusione per 7 anni nell’ambasciata ecuadoriana a Londra e l’arresto nel 2019 per violazione della libertà vigilata, si arricchisce di un altro capitolo. L’australiano è oramai angelo o demonio, dopo la pubblicazione dal 2010 sul suo sito Wikileaks di centinaia di migliaia di scottanti file e cablogrammi segreti del governo ed esercito americani, grazie alla complicità di Bradley Manning, ex analista dell’intelligence militare Usa e oggi donna di nome Chelsea, che riuscì a sottrarre tre interi database di documenti elettronici, per poi passarli ad Assange.

Quei file hanno messo sotto accusa gli Stati Uniti per metodi, violenze e uccisioni indiscriminate durante le guerre in Afghanistan e Iraq dal 2001 in poi, con massacri di civili e giornalisti sino ad allora mai ammessi. Per i suoi fan e per l’associazione Reporter Senza Frontiere, Assange ha fatto solo il giornalista, scoperchiando atrocità e misfatti americani. Per Washington, invece, almeno ufficialmente, Assange è stato complice di Manning e va punito severamente.

Il 20 maggio, si ricomincia. A meno che Joe Biden non decida di chiudere la vicenda nelle prossime settimane, a favore di Julian Assange. Quando l’avevamo incontrato lo scorso 26 marzo a Londra, l’ex leader laburista Jeremy Corbyn, da sempre al fianco dell’australiano, ci aveva detto: “Il rinvio di oggi è un passo in avanti. Ora Joe Biden deve ricordarsi di essere un sincero democratico e far cadere il procedimento di estradizione. Io ci credo”. Sarà profetico?

Nell’immagine: Joe Biden con Julian Assange alle spalle in un fotomontaggio di Firstpost

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