Addio al disarmo: sono in aumento le testate atomiche «pronte all’uso»
L’inventario globale traccia 12.121 testate. Di queste, oltre 3900 sono schierate, ovvero puntate e pronte all’utilizzo immediato
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L’inventario globale traccia 12.121 testate. Di queste, oltre 3900 sono schierate, ovvero puntate e pronte all’utilizzo immediato
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L’inventario globale traccia 12.121 testate. Di queste, oltre 3900 sono schierate, ovvero puntate e pronte all’utilizzo immediato
Altro che disarmo nucleare. Ora più che mai nel mondo aumenta il numero delle testate dispiegate. Complici i molti fronti di guerra attivati negli ultimi anni (in aggiunta a quelli da tempo aperti e non di rado dimenticati), primi tra tutti quello russo-ucraino e quello ancor più recente di Gaza. Perché, anche se il numero totale delle testate continua di anno in anno a decrescere, quelle pronte all’uso sono invece in sensibile crescita.
L’allarmante analisi è contenuta nel rapporto 2024 dello Stockholm international peace research institute (Sipri) dedicato ad armi, disarmo e sicurezza internazionale, pubblicato lo scorso 17 giugno. Nell’annuario del centro di ricerche svedese, arrivato alla sua 55esima edizione, si trovano tutti i dati relativi agli armamenti nucleari, aggiornati a gennaio 2024. L’inventario globale traccia 12.121 testate. Di queste, circa 9.600 sono classificate alla voce «scorte militari» per un potenziale utilizzo. Ma il dato più rilevate sembra essere quello che vede oltre 3900 di esse come schierate – ovvero puntate e pronte all’utilizzo immediato – con missili o aerei: circa 100 in più rispetto ai dati rilevati dallo stesso rapporto soltanto un anno prima.
«Non vedevamo le armi nucleari svolgere un ruolo così importante nelle relazioni internazionali dai tempi della guerra fredda», evidenzia allarmato Wilfred Wan, direttore del programma sulle armi di distruzione di massa del Sipri. «È difficile credere che siano passati appena due anni da quando i leader dei cinque maggiori stati dotati di armi nucleari hanno riaffermato congiuntamente che «una guerra nucleare non può essere vinta e non deve mai essere combattuta».
Oltretutto, guardando i dati dei rapporto, emerge come altre 2100 delle testate già schierate si trovano in uno stato di massima allerta operativo su missili balistici, quasi tutte riconducibili all’arsenale statunitense e a quello russo. La novità, sottolinea il rapporto Sipri, è che ora anche Pechino sembra avere diverse testate in posizione di allerta operativa. Senza contare che il suo arsenale è passato in un anno da 410 testate a 500.
Eppure la Cina si attesta solo in quinta posizione, mentre sono Usa e Russia a possedere circa il 90% dell’arsenale globale, seguiti a lunga distanza, in ordine decrescente, da Gran Bretagna, Francia, e poi India, Pakistan, Corea del Nord e Israele. Un capitolo a parte riguarda proprio il conflitto in corso tra Mosca e Kiev, che ha portato subito dopo l’invasione russa dell’Ucraina sia Mosca che Washington a sospendere il più recente Trattato sulla limitazione delle armi di offesa strategiche (conosciuto come Start e risalente al 2010). La Russia si è inoltre ritirata dalla ratifica del Trattato sulla messa al bando degli esprimenti nucleari (noto con l’acronimo inglese Ctbt) con l’accusa che anche da Washington è mancata per anni la conferma al via libera.
Il rapporto denuncia anche come, pur a stoccaggio invariato, Mosca ha dispiegato circa 36 testate nucleari in più rispetto al gennaio 2023. Ma la guerra in corso genera anche un problema di vitale importanza per la democrazia. «La trasparenza in merito alle forze nucleari è diminuita in entrambi i paesi (Russia e Usa) in seguito all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia nel febbraio 2022». Eppure «i dibattiti sugli accordi di condivisione nucleare sono diventati più importanti», conclude il rapporto.
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