Aerosol: proteggiamoci misurando il CO2
A raccomandarlo è la Task force scientifica, in un parere pubblicato ieri
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A raccomandarlo è la Task force scientifica, in un parere pubblicato ieri
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Qualche prima nota provvisoria dopo la débâcle elettorale
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• – Riccardo Fanciola
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L’idea di un super-campionato europeo solo per grandi club, ultima spiaggia della degenerazione pallonara
• – Aldo Sofia
Comunali: soddisfatti liberali e rossoverdi, delusione PPD, e Lega in chiaroscuro: l'analisi di Andrea Pilotti, dell'Osservatorio della vita politica regionale-Uni Losanna
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• – Franco Cavani
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• – Mario Conforti
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• – Federico Franchini
A raccomandarlo è la Task force scientifica, in un parere pubblicato ieri
Come sottolineavo ieri, citando gli articoli pubblicati settimana scorsa da British Journal of Medicine e Lancet, oggi vi è un consenso sempre più ampio sul fatto che il SARS-CoV-2 si diffonda soprattutto per via aerea. Viste però le resistenze bernesi, la Task force, con la sua abituale diplomazia, si limita a dire che vi è ormai la certezza che gli aerosol “contribuiscono alla trasmissione di SARS-CoV-2, soprattutto negli spazi chiusi scarsamente aerati, con un elevato numero di occupanti, permanenza prolungata dei presenti o attività ad elevata emissione virale come, ad esempio, parlare a voce alta o cantare”.
L’obiettivo del Policy Brief non è d’altronde quello di intervenire in questo dibattito, ma di spiegare come ci si può proteggere: “I sensori di CO2 – spiegano i ricercatori – misurano la qualità dell’aria, e rappresentano uno strumento semplice ed economico in grado di avvertire i presenti della scarsa ventilazione dell’ambiente e dell’opportunità di intervenire con un’azione adeguata, come aprire le finestre o uscire dalla stanza in cui ci si trova”.
Perché misurare il CO2? Perché le concentrazioni di virus nell’aria sono difficili da determinare: i sensori di CO2, invece, costano poco e permettono di tenere constantemente sotto controllo la qualità dell’aria e di valutare, in particolare, quanta aria sia passata nei polmoni di altre persone e potrebbe quindi essere carica di virioni.
Il limite di sicurezza indicato dai ricercatori della Task force è di 1000 ppm (parti per milione). Altri sono più prudenti, come i risercatori che hanno dato vita a Aireamos.org, i quali situano il “rischio assumibile” al di sotto delle 700 ppm. Quel che conta, però, è avere uno strumento di facile utilizzazione, che permetta di intervenire non appena la qualità dell’aria peggiora di ridurre di conseguenza il rischio di contagio.
Benché in ogni spazio chiuso andrebbero adottati, la Task force ne raccomanda l’uso soprattutto nelle scuole: l’ideale, scrive, sarebbe che ogni spazio comune (aule, mensa, biblioteca…) fosse dotato di un sensore. Questo per “mantenere le scuole aperte anche in caso di un peggioramento della situazione epidemiologica”, ma anche per sensibilizzare la popolazione e facilitarne “un più ampio uso anche in altri settori (ad esempio nei ristoranti)”.
C’è da sperare che, dopo questi suggerimenti, l’Ufficio federale della sanità pubblica raccomandi a sua volta i sensori di CO2. Nell’attesa, su Aireamos.org si possono trovare indicazioni per sapere quali sono gli apparecchi migliori e addirittura le istruzioni per costruirne uno do it yourself.
Viste le resistenze e le lentezze bernesi, chi fa per sé fa per tre!
Le cifre dei contagi tornano a salire. Basteranno vaccinazioni e test a tappeto?
Questa è la vera domanda alla quale il governo non risponde, nascondendo i documenti sui quali ha basato la sua politica pandemica