Austria, tornano i fantasmi del passato
Il “cordone sanitario” nei confronti dell’ultradestra diventa una necessità inderogabile
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Il “cordone sanitario” nei confronti dell’ultradestra diventa una necessità inderogabile
• – Redazione
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• – Franco Cavani
L’eliminazione di Nasrallah cambia lo scenario regionale: gli ayatollah di Teheran perdono il principale segmento del “Fronte della resistenza” contro Israele
• – Aldo Sofia
Dallo sceicco Yassin a Nasrallah, lo Stato ebraico alza sempre più il tiro. Per una nazione nata dall’orrore e dalle persecuzioni è rinnegare se stessi
• – Redazione
Oggi il voto. In testa nei sondaggi la Fpöe di Herbert Kickl che punta a essere «cancelliere del popolo»: l’ultimo fu Hitler. Ma la mobilitazione contro l’estrema destra è forte: esito non scontato
• – Redazione
La lotta per fermare la deforestazione del polmone del mondo intrapresa da Inácio Lula da Silva si scontra con un riscaldamento globale che galoppa più velocemente del previsto, ma anche con intrighi politici e battaglie ancestrali per il controllo dei terreni della foresta
• – Redazione
Da trent’anni Hassan Nasrallah guidava il “partito di Allah”. Dopo i bombardamenti e le eliminazioni mirate contro la leadership delle milizie sciite collegate all’Iran, Netanyahu, che alla guerra si affida anche per salvare la sua sorte politica e giudiziaria, potrebbe decidere l’intervento militare nel sud del Libano
• – Aldo Sofia
Se alla squadra della luce è tutto possibile, chiunque muova dissenso (l’Onu, la Corte penale, i manifestanti nelle piazze) è oscurità. Intanto, però, in piena Beirut l’esercito israeliano sbriciolava intere palazzine
• – Redazione
Il Cremlino decide che può usare la ‘bomba’ anche in caso di attacco con armi convenzionali da parte di un paese sostenuto da una superpotenza nucleare
• – Yurii Colombo
Due processi che si terranno i prossimi giorni al Tribunale penale federale di Bellinzona fotografano il lato opaco di due importanti settori della piazza finanziaria elvetica
• – Federico Franchini
Il “cordone sanitario” nei confronti dell’ultradestra diventa una necessità inderogabile
Il tempo della memoria evidentemente è passato. Se proprio nell’anno che segna il novantesimo anniversario del tentato putsch dei nazisti austriaci che poi aprì la strada all’Anschluss hitleriano, i loro degni e pericolosi eredi sono riusciti a conquistare quasi un terzo dei voti, allora la lezione della Storia rischia di essere cancellata.
Era infatti il 25 luglio del 1934 quando i fedeli del Führer provarono a consegnarsi subito alla Germania nonostante il governo in carica fosse già sbilanciato verso il fascismo. Quell’insegnamento non è più presente, soprattutto nelle giovani generazioni. Ed è questo l’esito di una memoria perduta.
Ma se la coscienza civile e democratica, in Austria come in altri Paesi d’Europa, si sta confondendo nella polvere della propaganda sovranista e reazionaria, i risultati concreti devono essere valutati secondo il criterio più efficace del pragmatismo.
È evidente che questi ultimi risultati confermano uno spostamento a destra degli elettori europei. Eppure se si leggono i dati, emergono due elementi. Il primo consiste nel travaso quasi automatico di consensi dai popolari alla destra neonazista. I moderati, dunque, arretrano a favore del radicalismo di estrema destra. Un fattore su cui è bene che anche il Ppe inizi a riflettere prima di consolidare eventuali maggioranze alternative con i Conservatori nel Parlamento europeo.
Il secondo aspetto, più confortante, è che i partiti sovranisti capaci di rappresentare la protesta istintiva e non quella razionale costituiscono comunque una minoranza. Corposa, ma pur sempre minoranza.
L’interrogativo allora che le forze politiche democratiche e le istituzioni dovrebbero porsi, a Vienna come nelle altre capitali del Vecchio Continente, è perché queste componenti non riescano a sottrarsi alla radicalizzazione. Anzi, i soggetti protestatari puntano ad agevolare lo scivolamento della qualità democratica. Hanno bisogno, per raccogliere voti, di assumere e perseguire una postura anti-sistema e anti-europea.
Nel caso austriaco, c’è addirittura una deriva razzista e pienamente nazista che fa scattare un allarme ulteriore. Centrato sulla questione migratoria. Il nucleo del concetto di remigration (rispedire indietro gli extracomunitari) oltre ad essere impraticabile rappresenta una forma autoassolutoria di razzismo e xenofobia.
Eppure, c’è chi non se ne accorge a Bruxelles come a Roma. Il leader leghista, Matteo Salvini, ha addirittura definito i dirigenti dell’Fpö (il partito di estrema destra austriaco) «i nostri amici». Un salto nel buio ma anche del tutto incoerente rispetto al principio tanto propagandato dell’«interesse nazionale».
Un’eventuale applicazione delle promesse elettorali da parte di Vienna in questa materia significherebbe ritrovarsi nel nostro Paese un’ondata di migranti di secondo o terzo approdo. In particolare rimarrebbero in Italia tutti quelli che considerano in principio il nostro Paese solo un ponte per il Nord Europa.
Dinanzi ad una situazione di questo genere, quindi, il “cordone sanitario” nei confronti dell’ultradestra diventa una necessità inderogabile. L’Fpö è il primo partito, ma il presidente austriaco — il Verde Alexander Van der Bellen — non ha alcun vincolo nell’assegnare al suo leader, Herbert Kickl, l’incarico di formare il nuovo governo. Questa regola informale è stata infatti infranta da quasi 25 anni, dal 2000. I Popolari, che hanno perso una ventina di seggi rispetto all’attuale Parlamento e che hanno ribadito il no a qualsiasi alleanza con la destra, insieme ai socialdemocratici (stabili) possono avere i numeri per costituire una maggioranza adeguata.
L’idea di ricorrere ad un “Fronte Popolare” anche in Austria va considerata un dovere. Questi sono tempi straordinari in cui la differenza politica non si basa più sul confronto tra ricette e modelli alternativi, ma tra l’idea di proteggere la democrazia e quella di avviarsi sulla strada inquietante della non-democrazia. Tra il mantenimento di un sistema sociale equo e inclusivo, ed uno iniquo ed esclusivo. Tra un futuro di pace nell’Unione europea ed uno dilaniante basato sull’Austrexit.
Progetti, certo, che alla prova dei fatti si rivelano impraticabili e dannosissimi per tutti i cittadini europei. Ma che vanno rapidamente contrastati. Anche perché si basano su teorie in qualche misura auto-assolutorie per gli occidentali e gli abitanti dell’Ue.
Il nostro benessere, la nostra libertà non è compromessa dagli immigrati o da chi è diverso da noi, bensì dall’indebolimento dei valori democratici e dall’incapacità di presentarli come un paradigma da esportare. La nostra fragilità non ha cause esogene ma endogene. Ogni cedimento, a Vienna come a Parigi, a Bruxelles come a Roma, può tracciare un sentiero senza ritorno.
Il tycoon sfrutterà al massimo il secondo attentato a cui è scampato durante la campagna per la Casa bianca. Ma i sondaggi post-dibattito dimostravano già come il suo consenso...