Quando si discute sull’aumento dei prezzi
Da un’emissione televisiva spunti utili di riflessione sull’attuale congiuntura economica e sul fatto che anche con l’inflazione c’è sempre chi ci guadagna
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Da un’emissione televisiva spunti utili di riflessione sull’attuale congiuntura economica e sul fatto che anche con l’inflazione c’è sempre chi ci guadagna
• – Silvano Toppi
Il mondo agricolo si trova in una sorta di crisi esistenziale e si dibatte in una condizione quanto mai incerta dopo aver ceduto parte della propria anima all’esplosione trionfante del capitalismo neoliberista selvaggio
• – Silvano Toppi
Gli interrogativi suscitati a Davos dall’intervento del neopresidente argentino andrebbero forse posti anche alla nostra dirigenza politica, che i punti del programma di Milei pare averli già sperimentati e applicati
• – Silvano Toppi
Per uscire dall’imperativo del controllo, del dominio del potere, è necessario aprirsi a quegli elementi che ci dispongono ad un altro rapporto con il mondo
• – Silvano Toppi
Riflessioni e considerazioni, fra un anno e l’altro, sul tempo che passiamo nel non sapere chi siamo, nel non saperci appartenere
• – Silvano Toppi
Il cristianesimo ci ripropone ogni anno, nell’incanto della memoria storica, religiosa e della festa comunitaria, familiare, il richiamo alla nascita, il tempo della natalità
• – Silvano Toppi
La discutibile ed inquietante riscossa delle criptovalute
• – Silvano Toppi
Leggi qua e là le notizie dal mondo e finisci per chiederti (ma forse non c’è neppure bisogno) se il mondo non sia un po’ troppo storto, tanto da dubitare dell’uomo che lo abita
• – Silvano Toppi
Più che fenomeno economico, le criptovalute sono strumento di speculazione, rapidi guadagni e traffici di ogni genere senza controllo, svelati anche da recenti inchieste giornalistiche
• – Silvano Toppi
È moralmente aberrante decidere di “risanare” il bilancio dello Stato scegliendo semplicemente misure che hanno più probabilità di essere applicate. La giustizia è una norma morale, non può limitarsi a una strategia contabile
• – Silvano Toppi
Da un’emissione televisiva spunti utili di riflessione sull’attuale congiuntura economica e sul fatto che anche con l’inflazione c’è sempre chi ci guadagna
Si discute sull’aumento dei prezzi a “Patti chiari”, rubrica televisiva della RSI, di venerdì 2 febbraio. Sull’inflazione, quindi. Che è appunto l’aumento generalizzato dei prezzi.
Mister Prezzi dice, in sostanza, che lui, nonostante i mezzi legali e operativi limitati, nonostante il clima politico liberal-liberista ostacolante (questo non lo dice, ma lo si sa o lo si intuisce), ce la mette tutta e qualcosa riesce ad ottenere. Come, ad esempio, un freno all’aumento delle tariffe nei trasporti (qui si dovrebbe forse anche precisare che, trattandosi di “servizi pubblici”, comunali, cantonali, federali, è forse più facile). Aggiunge, non a torto, che ci sono scelte e decisioni politiche che comportano un aumento inevitabile dei prezzi. Come per la difesa della nostra agricoltura, soprattutto se implica privilegiare la nostra produzione, ponendo un freno all’importazione da paesi molto più avvantaggiati, naturalmente ed economicamente, in termini di costi di produzione e quindi di prezzi, rispetto a noi svizzeri. Quindi se accettiamo queste politiche e le loro conseguenze, dobbiamo anche accettarne i costi e, come consumatori, rispetto ad alcuni confronti con l’estero, accettare un maggior prezzo per molti prodotti agricoli-alimentari (si è così fatto un accenno significativo al prezzo della carne o a chi approfitta dei prezzi agricoli importati a minor costo per far la cresta maggiorando).
Il consumatore, quindi, paga sempre due volte: all’acquisto e quando versa le imposte. D’altronde, potremmo anche interrogarci (ma si dirà che è la solita demagogia antimilitarista): se accettiamo di spendere miliardi per una difesa militare che rimane “ipotetica” (ipotetica nel senso che possiamo anche lasciar arrugginire i carrarmati costati miliardi), perché non dovremmo spendere miliardi per una difesa concreta immediata, com’è quella della propria vitale alimentazione e di almeno una rassicurante autosufficienza alimentare? Difesa che, oltretutto, ha anche una forte implicazione nella protezione della natura, dell’ambiente. Quindi, se ci può essere un problema, è un problema di priorità nella spesa pubblica. Soprattutto quando capita, come si rileva ora, smarriti, che i problemi di bilancio sono altri, perché non si sa neppure con chiarezza contabile come si gestiscono i soldi da parte di quell’entità a sé stante che è l’esercito.
La rappresentante dell’Acsi (consumatori) rileva, giustamente, la complessità attuale del sistema economico ed anche politico. Il che significa, per dirla in termini semplici e pratici, che il consumatore finisce per essere intrappolato e posto nella condizione di non poter capire o scegliere e di dover subire. C’è un professore di finanze dell’Usi che sembra quasi farle eco. Per lui la complessità è… “la struttura che c’è in Svizzera” (che cosa vuol dire? La mancanza di concorrenza, il tenore di vita alto, la cattiva ripartizione dei redditi, la politica monetaria?). È a lui che si lascia chiudere con una nota positiva: vedrete, che andrà ancora tutto bene. Rimaniamo però con un interrogativo ovvio, di logica politica ed economica, grosso come un macigno, non posto, che ci lascia alla fame di prima: se è la struttura economica o politica la causa di tutto, che cosa va quindi subito cambiato o cosa dobbiamo esigere che cambi per poter essere ottimisti? Non lo si dice. Forse è politicamente eccessivo o pericoloso dirlo.
Per il rappresentante degli ambienti economici sembra infatti che non ci sia un gran che da cambiare, le imprese sono responsabili ed essendo sotto la pressione della concorrenza va quindi smitizzata anche l’idea, stramba, emersa chi sa come, che l’inflazione diventi l’occasione per aumentare i margini di profitto.
C’è invece un ampio e documentato studio-ricerca degli economisti della ECB o Banca centrale europea, presentato ai 26 governatori dei paesi membri della zona-euro, ripreso poco tempo fa dall’agenzia Reuter (vedi: ECB confronts a cold reality: companies are cashing in on inflation) che, risalendo alle cause dell’inflazione, ne scompone le possibili fonti: profitti, salari, tasse. Emerge, dall’analisi della realtà, che l’inflazione è *tirata” dalla volontà delle aziende di mantenere i loro profitti; il rialzo o il mantenimento dei prezzi sarebbe quindi giustificato dalla salvaguardia dei margini. È significativo rilevare come alla stessa conclusione, negli Stati Uniti, era giunta, poco prima, l’economista Isabelle Weber, dell’Università del Massachusetts, pure autrice di un analogo importante studio che ha suscitato grande clamore.
In altre parole: i margini di profitto di 106 grandi aziende del consumo esaminate nella zona euro sono aumentati più del 10 per cento tra un anno e l’altro con l’inflazione; oppure: l’aumento dei prezzi è stato utilizzato per mantenere o accrescere i margini delle imprese e, quella parte, è diventata la principale responsabile dell’inflazione. I consumatori e i lavoratori (che sono poi gli stessi) sono quindi serviti come variabile di aggiustamento. Si aggiunge una opportuna ma anche emblematica sfumatura o correzione: le aziende più piccole e più fragili hanno dovuto ridurre i margini sotto la pressione dei loro clienti più potenti (i quali, invece, hanno potuto aumentare i prezzi).
Sta di fatto che un responsabile della ECB (v. ECB: Monetary policy, speech by Fabio Panetta, member of the Executive Board of the ECB) sosteneva in seguito che “la dinamica robusta dei salari potrebbe aumentare lo spettro di una spirale prezzi-salari”. La colpa, insomma, finisce per ricadere su sindacati pretenziosi, che chiedono ora incessantemente adeguamenti salariali rispetto al… “carovita”. E si comprende allora come nelle inchieste tra le economie domestiche l’ottimismo risulta roba di là da venire, di professori ed economisti “mainstream”. Perché, se il problema è “strutturale “significherebbe, ad esempio: controlli dei prezzi articolati sull’indicizzazione dei salari, aumento delle tasse sui profitti, opportuna (anche per l’economia) ridistribuzione verso i salariati o il potere d’acquisto (e quello di vivere).
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