Blocco Putin, lo zar vuole un gruppo anti-Nato: sfrutterà il vertice dei Brics
La scommessa è creare un asse alternativo agli Usa con Cina, India e Brasile
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La scommessa è creare un asse alternativo agli Usa con Cina, India e Brasile
• – Redazione
Di Stefano Stefanini, La Stampa Ieri, a Washington tirava aria d’inevitabilità, di decisione ormai maturata. Biden e Starmer si erano ormai rassegnati all’idea di autorizzare gli...
• – Redazione
Il governo federale vuole rivedere il divieto di costruire nuove centrali atomiche: ma anche per gli impianti di ultima generazione, tempi lunghissimi, costi esorbitanti, con i costruttori che chiedono enormi investimenti pubblici per iper-guadagni privati
• – Rocco Bianchi
Nell’informazione ufficiale sull’Iniziativa biodiversità manca una frase importante. E stata tolta su richiesta del ministro dell’ambiente
• – Beat Allenbach
In Italia una nuova legge per scoraggiare gli ambientalisti di Ultima generazione, ma che va pericolosamente oltre
• – Redazione
Nell’ultima opera della scrittrice gli echi della guerra: «La riconciliazione è un sogno, ormai la coltivo solo nei libri»
• – Redazione
Nella località dell’Ohio, al centro della campagna xenofoba del candidato Repubblicano, la presenza della comunità proveniente dal Paese caraibico ha spinto occupazione e salari
• – Redazione
Nel suo rapporto sul futuro della competitività europea, Mario Draghi scrive che "il nostro continente è particolarmente minacciato perché ci siamo fidati e affidati troppo agli altri". Traduzione (e paradossi)
• – Silvano Toppi
Più di 800 miliardi all'anno per far ripartire la competitività dell'Unione ed evitare una lenta agonia di fronte a Usa e Cina: ma le 'nazioni frugali' dell'Unione non ci stanno
• – Aldo Sofia
Gli spartani e i nazisti (diretti da un medico ticinese) avrebbero soppresso tutti i partecipanti in quanto ‘parassiti dei corpi sani della Nazione’ e ‘vite indegne di essere vissute’ (lebensunwertes Leben)
• – Libano Zanolari
La scommessa è creare un asse alternativo agli Usa con Cina, India e Brasile
«Perché vogliamo tutti entrare in questo club? Perché c’era un altro club, che si chiamava G7, dove non facevano entrare nessuno». I canali della propaganda russa trasmettono con grande entusiasmo questo frammento di un’intervista del ministro degli Esteri indiano Subrahmanyam Jaishankar, che dovrebbe illustrare e giustificare quella che Vladimir Putin vorrebbe trasformare in una grande iniziativa diplomatica, quella del vertice dei Brics che si terrà a Kazan a fine ottobre.
Mentre sono già in corso i preparativi per mettere in sicurezza i capi di Stato del «Sud globale» attesi nella città sul Volta – incluso lo sfratto temporaneo di centinaia di inquilini dallo studentato universitario, e lo studio della difesa antiaerea per bloccare un eventuale attacco di droni ucraini durante l’evento – il presidente russo ha incassato dal capo della diplomazia di Pechino Wang Yi la promessa della presenza del leader cinese Xi Jinping. E il giorno prima, incontrando nel palazzo Konstantinovsky di Pietroburgo gli emissari dei Paesi Brics responsabili per la sicurezza, ha promesso loro una discussione sui «parametri del futuro ordine mondiale», annunciando un «crescente interesse da parte di molti Stati che condividono la nostra visione delle relazioni internazionali, per la precisione 34» ad aderire all’alleanza, «in una forma o un’altra».
Una organizzazione che Mosca vede sempre più come un’alternativa alle strutture internazionali a guida occidentale, più una «anti-Nato» che un polo di «non allineati», e Putin approfitta del fatto che la Russia sta detenendo fino alla fine del 2024 il turno della presidenza dei Brics per cercare di imprimergli una connotazione chiaramente polemica rispetto al «mondo monopolare a guida americana», come lo definisce. La geografia dei viaggi e delle iniziative diplomatiche del presidente russo, drasticamente limitata da un anno e mezzo dal mandato di cattura per i crimini di guerra in Ucraina emesso del tribunale penale internazionale dell’Aja, appare sempre più improntata a un discorso “anticolonialista”. L’elenco degli ospiti internazionali che hanno promesso di volare a Kazan il 22 ottobre conta molti dei leader che rivendicano un «ordine mondiale più giusto»: oltre ai fondatori dei Brics (Cina, India, Brasile, Sudafrica), e ai nuovi membri – Iran, Egitto, Etiopia ed Emirati Arabi – che hanno aderito di recente, è prevista la partecipazione del principe saudita Mohammed bin Salman e del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che ha chiesto di recente l’ammissione al club.
Un’alleanza che sarà difficile da definire come esclusivamente filorussa da un punto di vista politico: oltre a essere il leader di un Paese membro della Nato, Erdogan ha appena riconfermato la sua posizione a favore dell’integrità territoriale dell’Ucraina, ribadendo di non riconoscere l’annessione della Crimea da parte di Mosca. Una presa di posizione che peraltro il Cremlino ha accolto in maniera insolitamente conciliante: il portavoce Dmitry Peskov si è limitato a dire che la Russia «continuerà a spiegare la propria posizione al riguardo, per ora completamente divergente da quella turca». Del resto, Putin non può permettersi di attaccare Erdogan, così come ha scelto di non commentare la recente visita del premier indiano Narendra Modi a Kyiv, dopo un viaggio a Mosca. Ieri ha anche scelto, come nota il Moscow Times, di non sollevare con Wang Yi il problema dei pagamenti russi, bloccati dalle banche cinesi per timore delle sanzioni americane. Secondo diverse stime, il commercio della Russia con la Cina, suo partner economico principale, sta subendo importanti battute d’arresto, ma a livello ufficiale questo problema per ora non è emerso.
Nonostante la grande diversità, politica ed economica, tra i Brics, sia quelli effettivi che aspiranti, Mosca continua a sperare di poterli riformattare in una organizzazione politicamente più omogenea, riproducendo il qualche modo la divisione del mondo in due campi dell’epoca sovietica. Un processo che ha subito un’accelerazione con l’avvicinarsi delle elezioni americane, e che dovrebbe nelle intenzioni di Putin contrastare l’iniziativa di pace ucraina.
Volodymyr Zelensky ha appena promesso che la seconda tappa della conferenza di pace sulle proposte di Kyiv – alla quale aderiscono 80 Paesi – potrebbe tenersi in Sudamerica, e avrà tra gli invitati anche la delegazione russa, due concessioni al «Sud globale», alcuni esponenti del quale sono stati reticenti ad aderire a quella che hanno interpretato come un’iniziativa a guida occidentale. Per Putin, è fondamentale accettare un piano di pace che non sia a firma ucraina, meno che mai americana o europea, e infatti vorrebbe vedere i membri fondatori dei Brics tra i possibili mediatori per concludere la guerra. Putin ha espresso a Wang Yi il suo «alto apprezzamento per il piano di pace in sei punti» a firma congiunta sino-brasiliana, che però è stato bocciato da Zelensky come «mera dichiarazione politica».
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Contrariamente al sentimento prevalente, molti dei superstiti dei massacri del 7 ottobre e parenti degli uccisi e dei sequestrati si oppongono alla rappresaglia su Gaza