Caso Sangiuliano, l’umiliazione pubblica del processo “cinese”
L’unico obiettivo raggiunto dall’autodafé televisivo è stato quello di strapazzare le istituzioni, adesso il ministro è del tutto solo
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L’unico obiettivo raggiunto dall’autodafé televisivo è stato quello di strapazzare le istituzioni, adesso il ministro è del tutto solo
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L’unico obiettivo raggiunto dall’autodafé televisivo è stato quello di strapazzare le istituzioni, adesso il ministro è del tutto solo
Ma non erano meglio le dimissioni? L’atto di umiliazione richiesto, forse imposto, a Gennaro Sangiuliano davanti ai milioni di spettatori di RaiUno ricorda i riti dell’autocritica maoista, o forse certi autodafé della Santa Inquisizione: due cose che, almeno a destra, non dovrebbero avere cittadinanza.
Le copie dei conti bancari squadernate in favor di telecamera, gli occhi lucidi, le parole tremanti di scuse per la moglie, per la presidente del Consiglio, per i suoi collaboratori, e l’incalzare delle domande di dettaglio: quando l’ha conosciuta? Quando l’ha lasciata? Quante volte l’ha ricevuta al ministero? Dove, perché, con che soldi? Mancava solo la pece e le piume
Dispiace per il ministro – nessuno merita una gogna di questo tipo – ma dispiace anche, più in generale, per tutti noi perché uno Stato liberale non può esprimersi con questo genere di pubblici supplizi, mai. E se davvero, come sostiene Sangiuliano (ma anche tutti i suoi amici e la stessa premier) la vicenda della nomina di Maria Rosaria Boccia non ha profili giuridici ma è soltanto una questione di gossip, a che scopo allestire questo pubblico evento di contrizione e riparazione?
Le nuove rivelazioni che Sangiuliano ha offerto agli italiani, alla fine, sono solo tre e tutte di relativa importanza. Nel lungo colloquio a Palazzo Chigi di due giorni fa a offerto le sue dimissioni a Giorgia Meloni, che però gli ha chiesto di restare al suo posto. La misteriosa voce femminile che al telefono disse a Boccia di «stracciare la nomina» potrebbe essere quella di sua moglie.
Esistono altre chat, sono imbarazzanti ma solo sotto il profilo personale ed è difficile che siano rese note perché sarebbe reato. Per il resto il ministro ha ricostruito una vicenda che tutto il Paese conosce, seguita con spirito voyeuristico da settimane sui social, sui giornali, ovunque: la vera notizia sono stati i primi piani della sua faccia e l’evidenza di un totale stato di prostrazione.
Fa bene o fa male al Paese vedere un uomo delle istituzioni, massimo rappresentante di un dicastero che gestisce il primo patrimonio culturale del mondo, ridotto così? È questo che dovrebbe chiedersi chi ha preferito spedire Sangiuliano in tv piuttosto che in Parlamento, a rispondere alle molte interrogazioni sul caso, dove il dibattito sull’affaire avrebbe avuto uno stile più consono ai suoi protagonisti: non figuranti di Temptation Island ma il capo di un dicastero e i funzionari del suo staff sullo sfondo delle incombenze legate al G7 Cultura.
È possibile che quei quindici minuti su RaiUno, in coda al telegiornale di maggior ascolto, siano stati immaginati puntando a un chiarimento pubblico che sollevasse Sangiuliano dal sospetto di amichettismo, presentandolo come l’uomo che pur di non favorire l’amante revoca una nomina già quasi fatta. O forse che si puntasse a evocare il solito complotto, una fantomatica regia occulta dietro l’attivismo mediatico e le registrazioni segrete di Boccia, di cui si è parlato in un rapido passaggio.
Qualunque fosse l’obbiettivo, si è smarrito per strada e il solo scopo raggiunto è stata una strapazzata senza precedenti delle istituzioni. La destra se ne è accorta solo a cose fatte, troppo tardi. Ieri, nel fiume di dichiarazioni ostili del Pd, del M5S e di Iv che contestavano la scelta della Rai e irridevano la performance del ministro, non una parola si è alzata dalla maggioranza per difenderlo o almeno per replicare alle battute più ciniche degli avversari. Sangiuliano non ha più amici. Non ha più colleghi, non un solo ministro che abbia speso una parola per lui, neppure quelli del suo partito. Forse non ha più nemmeno una moglie, una famiglia. Il suo lavoro è sub judice.
La sua faccia nelle riunioni, nei vertici internazionali, al prossimo G7, resterà inchiodata per sempre alle immagini di quella fatale autocritica, agli occhi bassi, alle lacrime appena trattenute. Ma non erano meglio le dimissioni? E, se è vero che due giorni fa le ha date, non sarebbe stato meglio anche per Giorgia Meloni dire sì, va bene, ti sostituisco.
Di Federico Capurso , Niccolò Carratelli, La Stampa
ROMA. Per fare chiarezza sul caso della sua relazione con Maria Rosaria Boccia, Gennaro Sangiuliano preferisce parlare di fronte alle telecamere di Rai1, piuttosto che nell’Aula della Camera o del Senato. E questo, ovviamente, fa imbestialire le opposizioni, che ora annunciano esposti in procura, interrogazioni in Aula, audizioni in Vigilanza dei vertici Rai. Segno che la vicenda, per loro, è tutt’altro che conclusa.
I quindici minuti di intervista Rai «non sono altro che un uso privato del servizio pubblico», attaccano dal Pd. Tutte le opposizioni sono concordi nel voler convocare i vertici Rai in Commissione di vigilanza. Per di più, la lunga ospitata di Sangiuliano sulla rete ammiraglia «non ha nemmeno aiutato a far chiarezza», puntualizzano i membri del Pd in Vigilanza. Ci sono infatti numerose incongruenze nella versione della storia offerta dal ministro, specie sulle date di inizio e di fine della sua relazione. Le opposizioni in coro, quindi, chiedono a Sangiuliano di riferire in Parlamento. «Ormai non sembra più un governo, sembra una saga di Beautiful – infierisce la segretaria Pd Elly Schlein –. Dimostra che sono inadeguati, inebriati di potere».
Anche sull’uso improprio di risorse pubbliche le opposizioni non molleranno la presa. Oltre alle interrogazioni parlamentari, Angelo Bonelli ha pronto uno dei suoi esposti da consegnare alla procura di Roma. «Il ministro non ha spiegato perché la dottoressa Boccia, pur non avendo alcun ruolo nel ministero, abbia utilizzato mezzi e servizi dello Stato, inclusa l’auto della scorta – attacca il deputato Avs – si potrebbe configurare il reato di peculato». L’apertura di un’inchiesta ufficiale da parte della magistratura, a questo punto quasi scontata, renderebbe ancora più scomoda la poltrona del ministro. Allo stesso tempo, il Comitato per la sicurezza della Camera dei deputati esaminerà il caso dei video girati da Boccia all’interno di Montecitorio, munita di occhiali smart: la donna rischia una sanzione che va dal semplice richiamo all’interdizione temporanea dal palazzo.
Dall’altra parte, per le opposizioni questa storia può finire solo con le dimissioni offerte da Sangiuliano, per di più respinte da Giorgia Meloni. Proprio questo episodio, al contrario, porta Bonelli ad attaccare la premier, perché «responsabile di questo degrado istituzionale, vista la copertura che ha offerto a suoi ministri coinvolti in situazioni indifendibili, come Delmastro e Santanché». Per Giuseppe Conte, poi, «il fatto che si possano scrivere nuove puntate di questa imbarazzante telenovela, alla vigilia del G7 della Cultura, è imbarazzante». E anche Matteo Renzi non usa mezzi termini: «Sangiuliano si deve dimettere, è diventato lo zimbello del Paese».
Il centrosinistra è sul piedi di guerra e punta a tenere alta l’attenzione sul caso. Anche se «in un Paese normale – fa notare la deputata pentastellata Chiara Appendino ospite di In Onda – staremmo parlando di altro, perché Sangiuliano si sarebbe già dimesso». Appendino si chiede, tuttavia, come possa essere considerato «normale che il ministro della Cultura e la presidente del Consiglio abbiano passato un’ora e mezza a parlare di questa telenovela ridicola e non a discutere, invece, del fatto che il Louvre da solo fatturi più di tutti i musei d’Italia o a parlare dei motivi per cui i lavoratori del cinema sono in agitazione. Ma non mi stupisce perché Meloni si è riempita la bocca di meritocrazia e poi ci ha abituato ormai a difendere l’indifendibile».
Resta, sottolinea il deputato Pd Andrea Orland, «un tema di credibilità del governo che Meloni dovrà affrontare senza utilizzare il solito vittimismo».
Nell’immagine: nell’intervista in esclusiva al TG1 il ministro Sangiuliano in lacrime. “Chiedo scusa a mia moglie e Meloni”
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