Aggirarsi nei locali della scuola Diaz, restare in silenzio nella palestra dove dormivano decine di giovani ignari di quello che si stava preparando contro di loro. Ripercorrere quelle scale teatro di sanguinosi pestaggi da parte di agenti delle forze dell’ordine mai condannati.
Lorenzo Guadagnucci nella palestra della scuola Diaz
Ascoltare le parole di Lorenzo Guadagnucci, allora giovane giornalista del Resto del Carlino, che racconta, con ancora visibile emozione, quella terribile notte in cui fu brutalmente picchiato. Lasciato per ore, con altri feriti, a terra in un angolo della palestra e infine ricoverato all’ospedale dove scoprì di essere in stato di arresto.
Soffermarsi in Piazza Gaetano Alimonta (almeno per oggi Piazza Carlo Giuliani) dove terminò la giovane vita di un ragazzo che quel giorno avrebbe potuto andare al mare ma che, dopo la bella giornata di mobilitazione del giorno prima [il 19 luglio vi fu la grande manifestazione per rivendicare i diritti dei migranti: “libertà di movimento, libertà senza confini”, ndr], decise che avrebbe manifestato anche il 20 luglio unendosi alle migliaia di dimostranti che confluivano da ogni parte del mondo per dire ai “grandi della terra” che “un altro mondo è possibile”.
Giuliano, il papà di Carlo Giuliani
Incontrare il papà di Carlo (e idealmente anche la mamma Haidi, ricoverata in ospedale, che non ha potuto essere presente) che da allora non hanno smesso di lottare per sapere cosa davvero è successo quel giorno. Il processo è ormai stato archiviato malgrado tutti i dubbi rimasti nella ricostruzione dei fatti.
Elena, la sorella di Carlo Giuliani
L’incontro con Elena, sorella di Carlo, che (sono parole sue) continua con dolore a riavvolgere il film di quelle giornate per portare la testimonianza che mantenga viva la memoria.
E poi di nuovo in Piazza Carlo Giuliani dove alle 17.27 del 20 luglio si ricorda il momento in cui Carlo fu raggiunto da un proiettile sparato (forse) dal carabiniere assolto per legittima difesa.
Senza dimenticare le omissioni, gli inquinamenti e la costruzione di false prove da parte delle forze dell’ordine (tutto dimostrato nei vari procedimenti in giudizio).
Ecco: ogni anno, e ne sono passati ventitré da quel luglio 2001, ci si continua a trovare per non dimentiCarlo. Per continuare a lottare contro le ingiustizie di allora ma anche contro quelle di oggi.
Il pavimento della palestra della Diaz. Hanno dovuto lamarlo per togliere tutto il sangue rimasto dopo quella che è stata definita “macelleria messicana” perpetrata dalle forze dell’ordine
Le scale della Diaz
Il sottopasso che sbuca su Via Tolemaide dove venne bloccato il corteo delle tute bianche