Complottismo, illazioni e offese online, le folli 24 ore di Trump
Il candidato Repubblicano alla presidenza Usa ha postato compulsivamente sulla piattaforma Truth pesanti illazioni contro il partito Democratico e la sfidante Harris
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Il candidato Repubblicano alla presidenza Usa ha postato compulsivamente sulla piattaforma Truth pesanti illazioni contro il partito Democratico e la sfidante Harris
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Il candidato Repubblicano alla presidenza Usa ha postato compulsivamente sulla piattaforma Truth pesanti illazioni contro il partito Democratico e la sfidante Harris
NEW YORK – Ha rilanciato il post di un follower che accusava Kamala Harris di aver fatto carriera attraverso prestazioni sessuali. Accusato i Democratici di aver candidato la vicepresidente con un colpo di stato. Pubblicato l’immagine di Joe Biden, Bill Gates, Anthony Fauci, Nancy Pelosi in divisa arancione da carcerati. Invocato il tribunale militare per Barack Obama. Postato il messaggio di un sostenitore che chiedeva di arrestare i membri della commissione del Congresso, a maggioranza Dem, che aveva avviato l’inchiesta sull’insurrezione del 6 gennaio 2021, sdoganato le teorie cospirazioniste di Qanon, offerto ai sostenitori brandelli del vestito indossato durante il dibattito tv con Biden.
E pubblicato immagini legate alla sua controversa partecipazione, due giorni prima, al cimitero nazionale di Arlington (dove sono vietate riprese tv e fotografie a uso elettorale), per l’anniversario della scomparsa dei tredici soldati americani morti durante l’attentato all’aeroporto di Kabul, in Afghanistan, nel 2021. E tutto questo, Donald Trump lo ha messo insieme non in un mese, ma in poco più di una giornata. A meno di settanta giorni dalle elezioni presidenziali, il tycoon ha passato tutta la mattina di mercoledì scrivendo e postando in modo compulsivo sulla sua piattaforma social, Truth. Trump ha rilanciato un post volgare su Hillary Clinton e Harris: “è buffo – commentava l’account Zeek Arkham, sotto una foto che mostrava le due donne sorridenti – come un blowjob abbia impattato in modo diverso le loro carriere”, Riferimento alla breve relazione, più di vent’anni fa, tra Harris e l’ex sindaco di San Francisco Willie Brown (che, secondo una parte della destra, fu decisivo per lanciare la carriera della vicepresidente degli Stati Uniti), e al caso della stagista Monica Lewinsky, che negli anni ’90 ebbe una storia con l’allora presidente e marito di Hillary, Bill Clinton. Di quel post ieri non c’era più traccia, neanche nell’account dell’autore, ma la storia è stata rilanciata dai media americani. Uno dei consiglieri di Trump, Jason Miller, ha detto alla Cnn di non sapere se il tycoon avesse rilanciato il post dopo aver letto il commento, o colpito solo dalla foto di Hillary e Kamala.
L’amplificazione del caso arriva in mezzo a un torrente di attacchi razzisti e sessisti da parte del tycoon e dei suoi alleati nei confronti di Harris, la prima donna nera e di origine del sud Asia diventata vicepresidente degli Stati Uniti e in corsa per la Casa Bianca. Nelle ultime settimane Trump l’ha definita “matta”, “svitata”, “stupida come un sasso”, stesso insulto che aveva rivolto a Nikki Haley, l’avversaria alle primarie Repubblicane che poi gli ha dato pubblicamente il suo sostegno. Alcuni donatori conservatori hanno provato a mettere in guardia l’ex presidente, ricordandogli che continuare a insultare la sua avversaria non gli porterà altri voti, mentre rischia di giocarsi il sostegno del voto afroamericano.
“Penso che le persone si sentano frustrate in modo incredibile – ha ammesso Jason Roe, ex direttore del Partito repubblicano in Michigan e a lungo stratega per il Gop – perché Harris offre molte opportunità a Trump di parlare di temi che interessano agli elettori indecisi. E invece di approfittarne, segue una linea senza senso”. Ma il tycoon è convinto di ripetere il successo a sorpresa del 2016, quando anche l’uscita, a un mese dal voto, di una registrazione in cui lui si vantava di aver palpeggiato le donne nelle parti intime, non incise sul risultato elettorale. I Repubblicani pensarono che lo scandalo avrebbe avuto effetti disastrosi sul voto. Trump no. E, alla fine, aveva avuto ragione lui.
Nell’immagine: l’account Truth di Trump (immagine d’archivio)
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