Così la politica virile si scopre impotente
Di Nicoletta Verna, La Stampa Fra gli aspetti più evidenti di questa anomala campagna presidenziale spicca senz’altro l’abisso fra lo stile comunicativo di Donald Trump e quello...
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Fra gli aspetti più evidenti di questa anomala campagna presidenziale spicca senz’altro l’abisso fra lo stile comunicativo di Donald Trump e quello di Kamala Harris, a oggi la più probabile avversaria. Si tratta di una contrapposizione estrema, quasi manichea, fra peso e leggerezza: il primo incarnato da Trump, la seconda da Harris. Ed è anche il tema (a proposito di America) della più celebre e forse affascinante delle “Lezioni americane” di Italo Calvino: il contrasto fra un mondo di pietra e la levità della luce lunare.
L’attitudine alla levità di Harris è dichiarata già nello slogan che ha ripetuto così spesso da essere diventato un meme: «Quello che può essere, senza il peso di quello che è stato» (what can be, unburdened by what has been). Il peso, naturalmente, è rappresentato da un modello di politica vecchio e stantio, e ha un’accezione negativa: un passato greve nelle forme e nelle conseguenze, che, per citare ancora Calvino, «finisce per avvolgere ogni esistenza con nodi sempre più stretti».
Ben lungi dal vederlo come condanna, per Trump il peso è un valore: è potere, responsabilità, dovere. Di fronte alla leggerezza di Harris, intesa come inconsistenza e superficialità, il leader repubblicano fin dalla fisiognomica mostra con orgoglio la sua imponente stazza, facendo del suo corpo un enorme monolite. La posizione è statica, sicura; con i movimenti calibrati delle enormi mani crea immagini di stabilità. Nel power dressing Harris non teme di mostrarsi in abiti da jogging (pronta a “saltare”, come il leggerissimo Cavalcanti di Calvino), mentre Trump non abbandona mai il suo look formale. È il pater familiae che ispira solidità e fiducia, in tutto e per tutto.
Questo ci porta a un’altra contrapposizione: quella fra maschile e femminile.
La comunicazione politica nei secoli è stata (ed è) prettamente mascolina non tanto e non solo perché i suoi protagonisti sono stati in prevalenza maschi, ma perché la figura del leader politico è indissolubilmente legata all’immagine del pater familiae. Storicamente, il leader politico ha avuto una forma più paterna che materna: l’autocontrollo, l’autodisciplina, la coerenza e la fedeltà morale tipiche dello stereotipo paterno sono doti più atte a governare rispetto alle doti materne, cura, empatia, delicatezza, pazienza. Questo, naturalmente, si rispecchia anche sulle modalità di comunicazione: il linguaggio tipicamente maschile, orientato al potere, ha generalmente prevalso in politica sul linguaggio femminile, orientato alla relazione.
Questo dato nel caso Trump-Harris diventa smisurato. Trump è il prototipo della comunicazione orientata al potere: usa toni violenti, aggressivi, predatori. Manifesta il proprio peso attraverso espressioni di machismo, non disdegna gesti da bullo: il dileggio che va, ancora una volta, a sottolineare una (vera o presunta) asimmetria di potere. Lo fa, soprattutto, verso le donne: è vero che Trump è prevaricatore verso tutti i suoi avversari, ma è innegabile la presenza di una prospettiva di genere. Lo dimostra attraverso gli stilemi più noti della comunicazione maschilista: dalla necessità di marcare le donne come tali («è una donna», mentre non sente il bisogno di definire i maschi come “uomini”) all’uso di metafore animali come offesa («faccia da cavallo» a Stormy Daniels, «faccia da maiale» a Rosie O’Donnell, «cervello da gallina» a Nikky Haley), chiaro esempio di deumanizzazione che è un tratto tipico della cultura mascolina tossica. E l’ha dimostrato fin dalle primissime interazioni con Herris, nel dileggiare la sua risata («sembra pazza»). Ma la risata, ci dice Gregory Bateson nel suo saggio sull’umorismo nella comunicazione umana, è uno dei più chiari segnali di rassicurazione, accordo, complicità a disposizione del genere umano. Un tratto, ancora una volta, fortemente femminile.
Trump solo raramente ride (più spesso sorride, sardonico), mentre la risata di Harris (qualunque idea si possa avere di lei) è anche il simbolo di una liberazione, di un’empatia, di una leggerezza completamente ignorata dal suo avversario. Forse, di una nuova era della comunicazione politica, in grado di seppellire gli estremi più abietti del machismo.
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