Di Claudio Tito, La Repubblica
«Per chiudere vorrei dirvi una cosa: se non si fanno queste riforme, se non si interviene seguendo questa direzione, l’Europa è finita. Lo ripeto: è finita. Ve lo dico perché questo è il mio incubo più frequente». Nella sala che al sesto piano del Parlamento europeo ospita l’incontro tra Mario Draghi e tutti i capigruppo scende il gelo. La frase pronunciata dall’ex presidente della Bce illustrando le linee guida del suo rapporto sulla competitività tramortisce tutti i presenti. Nessuno, almeno di recente, era stato così netto nel descrivere il momento di difficoltà in cui versa l’Unione europea. E considerando che l’ex premier italiano viene apprezzato come uno tra gli europei più autorevoli, quel monito assomiglia a un vero e proprio pugno nello stomaco.
Dopo l’ennesimo scambio di valutazioni con il capogruppo dei Verdi all’Eurocamera, Bas Eickhout, Draghi cerca in primo luogo di spiegare che questa non sarà una legislatura ordinaria. Per l’Ue, non è una fase di normalità. Ma di eccezionalità. Nella quale serve «una grande corresponsabilità» e «una grande cooperazione»: «riforme rapide e senza precedenti». Parole che sicuramente avranno fatto piacere alla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, che non partecipa all’incontro ma sta componendo il nuovo esecutivo proprio nella prospettiva di una «corresponsabilità» che dovrebbe prendere le forma delle “larghe intese”. Sebbene lo spirito “draghiano” è integralmente concepito nel solco europeista e non offre alcuna concessione alle derive sovraniste e nazionaliste.
In realtà, l’ex Governatore non entra nello specifico del rapporto che dovrebbe essere presentato la prossima settimana. Si limita a spiegare che ha costruito il suo lavoro con una prima parte introduttiva in cui rammenta i «valori» fondativi dell’Unione europea e della democrazia occidentale. Poi seguono «dieci» capitoli in cui si mostrano i campi nei quali l’Europa ha bisogno di accelerare: dalla competitività degli Stati a quella delle aziende, dalla Difesa al Welfare. E soprattutto sulla Formazione.
«Negli ultimi decenni – è il suo punto di partenza – la competitività europea è stata soggetta a una serie di “freni strutturali”: capacità di innovazione in ritardo, prezzi dell’energia più elevati, carenze di competenze, necessità di accelerare rapidamente la digitalizzazione e di rafforzare urgentemente le capacità di difesa comuni dell’Europa».
Il suo obiettivo è dunque quello di contribuire alla riflessione «sulle sfide che l’Europa deve affrontare e su come l’Unione, le sue istituzioni, gli Stati membri e le parti interessate possono superarle insieme per riconquistare il suo vantaggio competitivo». In parte ritiene che il suo sforzo sia stato per taluni aspetti già recepito perché molte delle sue idee hanno trovato posto nelle linee guida politiche presentate da von der Leyen lo scorso luglio a Strasburgo. E questo lavoro si rifletterà probabilmente nelle lettere di missione dei Commissari designati. «Spetterà ai leader dell’Ue, ai parlamentari europei, alle istituzioni dell’Ue e agli Stati membri – sottolinea – decidere come portare avanti il suo lavoro e trasformare le sue raccomandazioni in risultati concreti per gli europei». Anche se, è il chiarimento offerto ai capigruppo e alla presidente del Parlamento europeo Metsola, nel rapporto sono già contenuti veri e propri provvedimenti legislativi immediatamente utilizzabili. Sotto questo punto di vista, mette poi in evidenza «i risultati del Parlamento europeo nell’attuazione di politiche all’avanguardia in materia di clima e digitale e una prima strategia industriale per la difesa. Questo dimostra che è possibile ottenere risultati quando si lavora insieme».
Certo, per uscire dalle secche in cui l’Unione si trova servirà «un livello di cooperazione senza precedenti e il Parlamento europeo dovrà essere il punto focale di questo sforzo: i deputati avranno il dovere di essere più vicini alle persone e all’Europa di chiunque altro».
Le proposte di Draghi hanno ricevuto un plauso unanime, in particolare dalla maggioranza che sostiene la Commissione. «Il suo Rapporto – dice il popolare Manfred Weber – è più che benvenuto. Non si parla solo di finanze ma di come vogliamo disegnare il settore produttivo europeo». «Con questo lavoro – dice il capogruppo Pd, Nicola Zingaretti – parte una spinta in avanti verso l’integrazione di cui l’Europa ha bisogno per essere il protagonista politico di cui il mondo necessita» Per il verde Eickhout, «è stato suonato il campanello d’allarme perché l’Europa si compiace troppo senza capire che perde terreno».
Ma, appunto, la ricreazione è finita e l’Ue deve trasformarsi adesso o rischia di soccombere nella competizione globale: «O l’Europa cambia o è finita».