Nel settembre del 2023 viene pubblicato il “Rapporto sul progetto pilota per la storia degli abusi sessuali nel contesto della Chiesa cattolica svizzera”; realizzato dall’Università di Zurigo presenta una fotografia sconcertante per numero di casi accertati e l’emergere di un atteggiamento che vedeva le accuse “sistematicamente nascoste o banalizzate” (per il Ticino si parla di documenti distrutti). La Diocesi ticinese reagisce con dichiarazioni di “volontà di trasparenza” di “giustizia per le vittime”… “di cambiamento repentino e definitivo” e anche con un certo fastidio (pensiamo all’intervista del direttor Foletti rilasciata al Quotidiano). Promesse già esibite nel 2009 quando la stessa Diocesi, a garanzia dei suoi intenti, aveva istituito la Commissione diocesana di esperti per la gestione di casi di abusi sessuali in ambito ecclesiale che avrebbe dovuto accogliere e accompagnare le vittime… salvo poi convocarla per la prima volta ben 7 anni dopo.
Agosto 2024: apprendiamo dell’incarcerazione del sacerdote Don Rolando Leo per sospetti di atti sessuali con fanciulli, coazione sessuale, atti sessuali con persone incapaci di discernimento o inette a resistere e pornografia. Al di là del principio di presunzione d’innocenza per cui occorre attendere gli esiti dell’inchiesta, è possibile, anzi doveroso, avanzare alcune considerazioni.
Innanzitutto la posizione di grande responsabilità che ricopre il presbitero all’interno della Chiesa ticinese e anche della scuola: cappellano del Collegio Papio di Ascona dove esercita come docente e come assistente spirituale, assistente spirituale della Pastorale giovanile, dal 2008 Direttore dell’Ufficio Insegnamento Religioso Scolastico (che si occupa, si legge sul sito, di “formare catechisti e docenti, in particolare di scuola elementare” e ha “come funzione principale però quella di coordinare la distribuzione delle ore di Istruzione Religiosa in tutte le scuola medie e medie superiori del cantone” e “si occupa pure dell’assegnazione delle ore ai singoli docenti…segnalandoli agli uffici del DECS”), docente presso il liceo cantonale di Savosa e in passato docente in diversi ordini di scuola, presidente della Comunità di lavoro delle chiese cristiane in Ticino, membro del Forum Svizzero per il Dialogo interreligioso ed Interculturale e della Commissione cantonale per l’integrazione degli stranieri.
Le vittime, oltre ad avere avuto il coraggio di denunciare l’abuso, devono far fronte ai lunghi tempi della giustizia (in questo caso ampliati dall’attendismo dell’Amministratore apostolico nel trasmettere la segnalazione alla magistratura) vivendo una situazione di stress non indifferente, sottoposti anche al giudizio di conoscenti e della società. Situazioni che condizionano la loro vita, soprattutto quando si tratta di giovani vittime.
Al di là delle dichiarazioni di facciata della Diocesi, occorre che anche per i sacerdoti sia introdotto l’obbligo di denuncia immediato alla magistratura nel momento in cui vengono a conoscenza di un possibile reato e soprattutto occorre evitare di dover passare da “Commissioni interne” che non fanno altro che rallentare l’iter, se non addirittura far desistere la vittima dal denunciare.
Il rapporto tra lo Stato e la Diocesi di Lugano in tema d’insegnamento è regolato dalla “Convenzione sull’organizzazione dell’insegnamento religioso e sullo statuto dell’insegnante di religione” (del 20 aprile 2017). Essa prevede che “la designazione dei docenti di religione cattolica venga effettuata dall’Ordinario della Diocesi di Lugano e nelle scuole elementari l’insegnamento è attribuito al parroco oppure a una persona da lui designata”, procedura che viene condotta dall’Ufficio Insegnamento Religioso Scolastico (di cui abbiamo parlato sopra). Lo Stato, attraverso il DECS, quando procede all’assunzione dei docenti si assicura che non abbiano commesso reati o siano sotto inchiesta. La stessa cosa vale per i docenti di religione cattolica, ma la verifica viene eseguita da un’istituzione interna alla Diocesi e i fatti ci indicano come sia un’istituzione poco affidabile. Urge quindi una modifica della Convenzione che dia maggiori compiti allo Stato in fatto di assunzione dei docenti di religione cattolica, al fine di assicurare un giudizio neutro ed efficace.
Da ultimo occorre sottolineare un fatto perlomeno curioso, vale a dire come i diversi protagonisti coinvolti, non sempre come autori di reati, in queste tristi vicende siano legati al Collegio Papio: il Vescovo emerito già direttore dell’Istituto scolastico privato noto per la sua contrarietà all’intervento della magistratura in “questioni interne”, l’attuale direttore che fatica a celare il suo malcontento nel dover dare risposte ai numerosi interrogativi che si pongono ogni volta che si denunciano dei casi, la magistrata dei minorenni nonché presidente della Commissione diocesana di esperti per la gestione di casi di abusi sessuali in ambito ecclesiale, Don Rolando Leo e infine il funzionario che ha avvallato la nomina a direttore di scuola media di un docente già segnalato dai genitori per comportamenti ambigui verso i propri allievi minorenni.
Nell’immagine: allieve/i del Collegio Papio nella nuova mensa (dal sito del Collegio)