È morto Alain Delon, addio al mito del cinema francese
Si è spento nella sua casa di Douchy, circondato dai tre figli e dal resto della sua famiglia: aveva 88 anni
Filtra per rubrica
Filtra per autore/trice
Si è spento nella sua casa di Douchy, circondato dai tre figli e dal resto della sua famiglia: aveva 88 anni
• – Redazione
In Thailandia eletta premier la terza esponente della potente famiglia, che ricoprirà il ruolo di capo del governo dopo il padre Thaksin e la zia Yingluck, entrambi rovesciati da un colpo di Stato
• – Loretta Dalpozzo
Intervista al sociologo Edgardo Lander. «Il pianeta è letto con lo schema della guerra fredda e l'imperialismo si identifica con gli Stati Uniti. Ogni governo che sembra opporsi agli Usa sarebbe antimperialista»
• – Redazione
Di Enrico Vallaperta, La Stampa Che valore dareste a una stampella? Una di quelle semplici, ortopediche, usate dai pazienti come ausilio per camminare. A Gaza, oggi, è un bene...
• – Redazione
L’analisi. Lo Zar vuole sfondare in Ucraina ma dopo le enormi perdite degli ultimi 2 anni non ha rimpiazzi: a Kursk punta a logorare gli ucraini
• – Redazione
Come è cambiata la classe operaia, per arrivare ora ad essere (quasi) sinonimo di "stranieri"?
• – Ruben Rossello
Le Monde: in Ticino interi pezzi di montagna sono crollati a causa del cambiamento climatico
• – Redazione
Come sempre nei momenti di maggior crisi Putin parla molto poco; lascia ad altri la libertà di fare affermazioni anche strampalate; il dilemma è come mantenere le conquiste in Ucraina recuperando il territorio perso in Russia
• – Redazione
La guerra delle cifre sui 40 mila morti di Gaza
• – Redazione
I progressi tecnologici pongono serie domande. Ma c’è stato un momento, negli anni 70, in cui alcuni informatici hanno sognato macchine capaci di sviluppare la nostra intelligenza «naturale»
• – Redazione
Si è spento nella sua casa di Douchy, circondato dai tre figli e dal resto della sua famiglia: aveva 88 anni
Alain Delon, la leggenda del cinema francese, è morto all’età di 88 anni domenica 18 agosto 2024, hanno dichiarato all’AFP i suoi tre figli.
«Alain Fabien, Anouchka e Anthony, insieme al (suo cane) Loubo, sono profondamente addolorati nell’annunciare la morte del loro padre. Si è spento serenamente nella sua casa di Douchy, circondato dai tre figli e dalla sua famiglia. (…) La famiglia vi chiede di rispettare la sua privacy in questo momento di lutto estremamente doloroso», è stato scritto in un comunicato congiunto.
Ad aprile era stato posto sotto “tutela rafforzata” per motivi di salute.
Nato a Sceaux (Seine) l’8 novembre 1935, all’età di 17 anni, Alain Delon si arruolò nella marina militare francese e nel 1953 venne destinato al corpo di spedizione nel Sud-est asiatico che partecipava alla guerra d’Indocina. Congedato nel 1956, il giovane Alain iniziò a frequentare a Parigi l’ambiente degli intellettuali e il mondo dello spettacolo e a recitare in teatro, finché la sua singolare bellezza e la sua duttilità nell’affrontare ruoli anche modesti vennero notate da alcuni produttori cinematografici.
Fu così che per il giallo di René Clément “Delitto in pieno sole” (1960) l’attore, scelto inizialmente per una parte secondaria, ottenne invece quella del protagonista, il subdolo Tom Ripley che uccide un giovane miliardario per assumerne l’identità. Il film ebbe un buon successo e rappresentò per Delon un trampolino di lancio, proponendo per la prima volta quel personaggio controverso a lui estremamente congeniale. Fu però un maestro come Visconti a consentirgli di lasciar affiorare una complessità interpretativa, che lo impose all’attenzione, quando lo diresse magistralmente in “Rocco e i suoi fratelli” (1960), opera in cui lo spirito neorealista si fonde con le cadenze del melodramma. Delon rese perfettamente l’introversa malinconia del giovane protagonista, Rocco Parondi, un figlio del Meridione immigrato a Milano, proletario dall’animo ‘viscontianamente’ nobile, ma destinato per la sua eccessiva mitezza a risultare un perdente.
Il film favorì l’inizio di una carriera italiana dell’attore francese: Michelangelo Antonioni lo volle, infatti, per “L’eclisse” (1962), facendogli interpretare il dinamico e arrivista agente di borsa Piero. Nel 1963 fu ancora Visconti a scritturarlo per “Il Gattopardo”, nel ruolo dell’affascinante Tancredi, nipote del principe di Salina, valorizzato dalla lettura chiaroscurale e barocca del romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa elaborata dal regista.
Nello stesso periodo Delon fu protagonista in Francia di un ‘polar’ (il poliziesco alla francese) che si rivelò un grande successo commerciale: “Colpo grosso al Casinò” (1963) di Henry Verneuil, dove recitò per la prima volta con il più popolare attore francese dell’epoca, Jean Gabin, interpretando un giovane impulsivo truffatore. Ai successi della vita professionale per Delon si legarono in maniera inscindibile i clamori di quella privata: una lunga e tormentata storia d’amore con l’attrice Romy Schneider, il discutibile attivismo politico e imprenditoriale, che ebbe un seguito anche giudiziario, il suo coinvolgimento in vari scandali rosa. Le vicende biografiche finirono per rendere ancora più avventurosa e seducente, agli occhi del grande pubblico, l’immagine dell’attore, che divenne, sul finire degli anni Sessanta, emblematica dei personaggi amorali e privi di scrupoli protagonisti di certi polizieschi francesi.
È sulla ambigua maschera di Alain Delon che il regista Jean-Pierre Melville costruì la figura del sicario di “Frank Costello faccia d’angelo” (1967). In “Borsalino” (1970) di Jacques Deray, il divo ebbe modo di confrontarsi con l’altro attore simbolo del cinema francese, Jean-Paul Belmondo, gareggiando con lui nell’imprimere un piglio canagliesco alla recitazione in una commedia poliziesca che ebbe successo in tutta Europa. E proprio con Belmondo già da tempo era in scena sulle cronache di gossip l’immagine della rivalità con Delon, sebbene i due grandi attori si considerassero amici fino alla fine.
Gli anni Settanta furono per Delon contrassegnati da ruoli sempre legati al ‘polar’, con qualche altra apparizione nel cinema d’autore. L’attore, infatti, sostituì Marcello Mastroianni nel film “La prima notte di quiete” (1972) di Valerio Zurlini, e contribuì a rendere memorabile la figura torbida e romantica del protagonista, Daniele Dominici, un maestro disilluso che rispecchia le contraddizioni e i dubbi di una generazione. Anche in “Mr. Klein” (1976) di Joseph Losey, Delon raffigura alla perfezione un personaggio tragico e sfuggente: l’usuraio perseguitato dall’idea di un altro sé stesso negli anni bui dell’occupazione nazista a Parigi.
Successivamente la carriera di Delon ha registrato una leggera battuta d’arresto. È stato infatti il protagonista di polizieschi e thriller di minore interesse, cercando di rilanciarsi come produttore e regista con “Per la pelle di un poliziotto” (1981) o “Braccato” (1983), e occupandosi anche di fiction televisiva. È tornato al cinema francese d’autore come protagonista, enigmaticamente autoironico, in “Nouvelle vague” (1990) di Jean-Luc Godard. L’appeal seduttivo di Delon è poi apparso lievemente appannato nel rendere l’invecchiato Giacomo Casanova di “Il ritorno di Casanova” (1992) di Edouard Niermans, dal racconto di Arthur Schnitzler. In seguito ha recitare in due polizieschi con Deray, “Un crime” (1993) e “L’orso di peluche” (1994), e successivamente ha anche interpretato sé stesso nell’ironica sarabanda sugli attori francesi diretta da Bertrand Blier, “Les acteurs” (2000).
In anni più recenti Delon ha rarefatto le sue interpretazioni cinematografiche (tra le più recenti si ricorda quella del 2008 nella pellicola “Asterix alle Olimpiadi”) per dedicarsi essenzialmente alla recitazione televisiva (tra le altre: “Fabio Montale”, 2002; “Le lion”, 2003; “Frank Riva”, 2003-04; “Un mari de trop”, 2010). Tra le sue interpretazioni successive quelle nella pellicola cinematografica “S Novym godom, mamy!” (2012) e nel docufilm “Belmondo par Belmondo” (2015), omaggio alla carriera dell’amico-rivale Jean-Paul.
Di Alberto Infelise, La Stampa
Poche persone al termine della loro vita possono essere considerate qualcosa d’altro rispetto alla loro semplice esistenza. Alain Delon è stata sicuramente una di queste. Passano in secondo piano i suoi amori, le sue famiglie, le sue discusse e discutibili opinioni politiche, la sua esposizione da rotocalco, la sua fama mondiale di sex symbol. Ancorché ognuna di queste cose sia stata straordinaria, fuori dal comune, epica e abbia fatto parlare letteralmente tutto il mondo.
Delon, come pochi altri nella storia, è stato il cinema. Tra gli attori europei forse solo Jean Paul Belmondo e Marcello Mastroianni sono diventati a livello mondiale delle personificazioni dell’arte. Delon, con quella faccia da angelo che nascondeva qualcosa di rotto dentro, di complicato, di duro e difficile, è stato e sarà per sempre il Tancredi del Gattopardo di Luchino Visconti, il Jacques Chaban-Delmas di “Parigi brucia?”, il tragico Daniele di “La prima notte di quiete” di Valerio Zurlini (nel quale riuscì a far diventare personaggio il suo stesso cappotto color cammello), e naturalmente il protagonista di “Rocco e i suoi fratelli” con il quale Visconti lo proiettò nella categoria del mito artistico ed estetico.
Delon è stato soprattutto l’immagine stessa di quel periodo tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Settanta in cui si sono formati miti indelebili per la cultura popolare del Novecento, quel momento in cui giovani di grande talento usciti dall’infanzia segnata dalla Seconda Guerra Mondiale hanno cambiato il mondo e le sue regole con la loro arte, con la loro passione e bravura, imponendo delle regole nuove, delle abitudini nuove, dei modi di essere nuovi, trasformando per sempre la percezione di ciò che era bello e attraente.
C’è una meravigliosa foto di quegli anni che in un secondo solo spiega che cosa sia stato Delon. Su un divano siedono una delle ragazze più corteggiate dell’epoca, Marianne Faithfull, uno degli uomini più spaventosamente sexy e potenti del Novecento, Mick Jagger, e Delon. Ebbene, Faithfull (allora invidiatissima compagna di Jagger) volge lo sguardo perso verso Delon, che sorride sornione. Mick Jagger (che è, è stato e sarà l’immagine stessa dell’attrazione sensuale) guarda sconsolato davanti a se stesso, perso in un nulla in cui sai che se dall’altra parte c’è Delon, tu puoi pure essere il cantante dei Rolling Stones, ma insomma, non basta ancora.
Perché questo è stato Alain Delon: un mistero rinchiuso in un’immagine meravigliosa, che nessuno si è potuto prendere la libertà di non guardare in preda alla fascinazione.
L’Europa non invii armi agli ucraini, per evitare lutti e sofferenze maggiori alla popolazione, e per sottrarsi alle politiche imperiali di Russia e Nato
Diritti e censura, le voci di scrittori, intellettuali e lettori dal Lingotto: «Non avremmo mai pensato di dover ancora lottare per certi valori»