Elezioni Usa, la posta in gioco per l’Europa
Ecco cosa cambierebbe per l’Ue in caso di vittoria di Kamala Harris oppure di Donald Trump
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Ecco cosa cambierebbe per l’Ue in caso di vittoria di Kamala Harris oppure di Donald Trump
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Ecco cosa cambierebbe per l’Ue in caso di vittoria di Kamala Harris oppure di Donald Trump
A poco più di due mesi dalle elezioni americane, con i sondaggi che danno i due candidati sostanzialmente appaiati, l’esito della consultazione elettorale resta incerto. E anche i programmi si sono per ora sostanziati più in appelli identitari, destinati a mobilitare i rispettivi elettorati, che in indicazioni concrete di policy. Per valutare l’impatto del risultato delle elezioni americane sul rapporto con l’Europa non resta che affidarsi alle scarse, e talora contraddittorie, indicazioni dei due candidati.
Un ritorno di Trump alla Casa Bianca sarebbe destinato a provocare problemi di gestione del rapporto transatlantico. Harris alla presidenza, in continuità con Biden, dovrebbe garantire intesa e collaborazione con gli alleati europei.
Trump non crede nelle alleanze e ancora meno nella dimensione strategica del rapporto con gli europei. Ha una concezione “transazionale” dei rapporti fra Stati. Ha una scarsa considerazione per l’Ue, e preferirebbe coltivare relazioni preferenziali con singoli Paesi. Un successo di Trump rafforzerebbe in Europa le formazioni politiche sovraniste ed euro-scettiche. E potrebbe aumentare le distanze fra Paesi Ue più o meno sensibili alle lusinghe degli Usa. Harris garantirebbe disponibilità a consultarsi e cercare convergenze sulle questioni più delicate della agenda internazionale.
Sul fronte della sicurezza e della difesa, al di là della retorica, è verosimile che entrambi i candidati chiederanno un maggiore impegno degli europei per la loro difesa. E che l’Alleanza tenderà a diventare “più europea” con tutte le conseguenze del caso.
Una vittoria di Trump potrebbe segnare la posizione americana sulla guerra in Ucraina, con una prevedibile sospensione degli aiuti militari, anche come strumento di pressione su Kiev in vista di un accordo con la Russia. Harris dovrebbe, almeno in un primo periodo, mantenere la linea di Biden sugli aiuti. Ma in entrambi i casi dipenderà dagli sviluppi sul terreno del conflitto. Nel caso di un successo di Trump gli europei dovrebbero assumersi maggiori responsabilità per gli aiuti, anche militari, all’Ucraina.
Sul conflitto in Medio Oriente, Trump potrebbe alleggerire le pressioni americane sul governo israeliano, garantire un maggiore allineamento degli Usa con le posizioni di Netanyahu, forse la rinuncia all’ipotesi di un accordo sulla base della formula dei due popoli e due Stati, oltre ad una più aggressiva politica di contenimento dell’Iran.
Harris, senza rimettere in discussione l’alleanza strategica con Israele, dovrebbe rilanciare il piano di Biden per la cessazione delle ostilità a Gaza, per la ripresa di un processo di pace basato su due popoli e due Stati, e una maggiore sensibilità per la questione palestinese. La marginalità degli europei sarebbe destinata a permanere.
Sui rapporti con la Cina, oggetto di un sostanziale consenso bipartisan, i due candidati dovrebbero confermare la politica di “contenimento” nei confronti del gigante asiatico, che oggi gli Usa considerano la maggiore minaccia alla loro sicurezza. Gli europei, che non si possono permettere un decoupling nei confronti di Pechino, dovranno continuare a esercitarsi in una politica di riduzione dei rischi, che non scontenti troppo gli alleati Usa.
In tema di transizione green e contrasto del cambiamento climatico invece le posizioni dei candidati sono contrapposte. Con Trump pronto a denunciare (per le seconda volta) gli obiettivi di de-carbonizzazione. E con Harris che dovrebbe confermare l’impegno degli Usa. Nel caso di un successo di Trump, la Ue sarebbe più sola a difendere la politica climatica. E più esposta alle critiche di chi considera gli obiettivi del Green Deal penalizzanti.
In questa fase di incertezza sull’esito del voto di novembre, è scontato che i governi europei si astengano da manifestare preferenze. Ma una corretta percezione degli interessi dovrebbe indurli a preferire la candidata democratica rispetto al più imprevedibile e destabilizzante Trump. Anche se il ritorno di un presidente americano così poco interessato al rapporto con gli europei potrebbe fare il miracolo di rilanciare l’ambizioso progetto di una autonomia strategica dell’Europa.
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