Eurovision, tutti per Nemo
Un plebiscito per il cantante che consegna la vittoria alla Svizzera dopo 36 anni: premiato da giuria e televoto
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Un plebiscito per il cantante che consegna la vittoria alla Svizzera dopo 36 anni: premiato da giuria e televoto
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Un plebiscito per il cantante che consegna la vittoria alla Svizzera dopo 36 anni: premiato da giuria e televoto
Nemo dalla Svizzera vince la sessantottesima edizione dell’Eurovision Song Contest ed erano ben trentasei anni che la piccola nazione, nostra vicina di casa, non vinceva questo contest. È stato quasi un plebiscito poiché quasi tutti i 12 punti dati dalle nazioni sono andati a Nemo; una massa di voti così potente per un solo concorrente non si vedeva da anni. Nell’88 era stata Celine Dion a portare in Svizzera il primo posto con “Ne partez pas sans moi” ma da allora il silenzio. Questa edizione però, ne siamo convinti, a parte la nostra Angelina Mango (settima) e un’altra cinquina di artisti è stata artisticamente una delle più deboli viste negli ultimi anni. I nostri vicini svizzeri proponendo Nemo non hanno fatto male e infatti la sua “The Code” ha colpito il cuore dell’Eurofan che ha fatto salire le sue azioni sino alla vittoria finale.
Anche Eden Golan, la rappresentante israeliana (sesta) ha portato una canzone indiscutibilmente godibile, lei è carinissima e per le votazioni i bookmakers puntavano sull’effetto rimbalzo che creano le espresse antipatie. Secondo Baby Lasagna, il rappresentante della Croazia che nei suoi video si diverte a spalare il letame dei bovini o porgere becchime alle sue galline ha una canzone, “Rim Tim Tagi Dim”, pur correndo per il successo la sua vittoria l’ha già ottenuta. È bastato seguire le prove di questi giorni per rendersi conto, come i seggiolini della Malmö Arena letteralmente saltassero per le vibrazioni di un pubblico che ha amato questa canzone e il suo alfiere.
Al di là della nostra Angelina Mango che ovviamente avremmo voluto sul podio più alto ma nessuna nazione le ha dato 12 punti. Forse, si è vociferato in sala stampa, per colpa dello spoiler Rai sulle votazioni che si sono viste a schermo durante le semifinali. Chissà, probabile. Un altro predestinato per i gradini più alti del podio sarebbe stato l’olandese Joost Klein ma, come si è saputo, il suo comportamento fuori dal palco gli ha impedito di partecipare alla finale. Klein è stato cacciato dalla finale dell’Eurovision Song Contest di quest’anno e addirittura la polizia svedese ha indagato sulla denuncia presentata da un membro della troupe della produzione dell’ESC dopo un incidente avvenuto nella serata di giovedì.
Essendoci un procedimento legale in corso è stato ritenuto opportuno non fargli continuare la gara. L’EBU si è’ subito affrettata a chiarire una questione molto importante e delicata: «contrariamente a quanto riportato da alcuni media e alle speculazioni sui social media, questo incidente non ha coinvolto nessun altro artista o membro di altre delegazioni. Noi manteniamo una politica di tolleranza zero nei confronti di comportamenti inappropriati durante il nostro evento e ci impegniamo a fornire un ambiente di lavoro sicuro e protetto per tutto il personale dell’Eurovision. Il comportamento di Joost Klein nei confronti di un membro del team è considerato contrario alle regole della competizione. La finale del 68° Eurovision Song Contest procederà così con 25 canzoni partecipanti al posto delle 26 previste».
I Paesi Bassi, tramite il portavoce della Tv Olandese Avrotros hann comunque stigmatizzato la sproporzione fra quello che Joost avrebbe fatto (e cioè chiesto a una camerawoman di non essere ripreso appena sceso dal palco) e la su esclusione. Avrotros ha dichiarato che per i milioni di fan che lo hanno seguito e per quello che che Joost ha portato all’Eurovision sono Contest in questi giorni e all’Europa tutta questa storia non sarebbe dovuta finire così». Non è bastato : Quattro servizi del tg della prima televisione olandese sull’esclusione del concorrente in gara, il commentatore tv che interrogato sulla questione ha detto, a favore di telecamere: “fuck the EBU”. Insomma, gli olandesi non l’hanno pressa bene. Per niente.
In ogni caso i Paesi Bassi hanno potuto continuare a votare anche ieri sera al di là della presenza del loro concorrente e i voti delle giurie olandesi dell’altro ieri sono rimasti validi. Il sessantottesimo show dell’Eurovision Song Contest ancora una via e anche quest’anno, ha stuzzicato le cronache per altro che non fosse la musica e prima ancora di ciò che ha fatto o non fatto Joost Klein va detto che se le avessimo contate le bandiere palestinesi presenti a Malmö sono state di gran lunga più numerose di quante hanno sventolato per i trentasette paesi in gara. D’altra parte, che si ricordi e per un motivo o per l’altro non c’è ESC senza polemiche o inciampi. Gabriele Corsi che per tutta la settimana e insieme a Mara Maionchi che lo ha raggiunto a Malmö solo ieri, ha tenuto un diario della manifestazione andando in giro per la città, oltre che nei camerini e dietro le quinte così da poter svelare il più possibile su quanto successo in questo enorme carrozzone.
C’è riuscito benissimo, sia per i tempi radiofonici che gli sono propri e sia perché da anni ormai è diventato uno dei più curiosi studiosi della manifestazione. «Quest’anno – dice incontrato a poche ore dall’inizio della finale – sono arrivato qui con la massima attenzione. Il mio ruolo è raccontare ciò che sta avvenendo: se ci sono fischi lo dico, se ci sono applausi lo dico. Non ho mai sottaciuto in vita mia una notizia ma cerco di non prendere posizione perché non credo che la gente a casa sia interessata a quello che pensa il sottoscritto che per di più è ospite di Raiuno. In dieci festival di Sanremo da inviato delle Iene un Dopo Festival radiofonico con Ambra Angiolini e in quattro Eurovision non ho mai sentito la tensione che c’è qui. Manca la festa che c’era gli scorsi anni e questo un po’ mi dispiace».
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