Hamas sceglie Sinwar come leader, l’architetto dell’attacco del 7 ottobre
l successore di Haniyeh vive da dieci mesi nascosto nei bunker della Striscia di Gaza
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l successore di Haniyeh vive da dieci mesi nascosto nei bunker della Striscia di Gaza
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l successore di Haniyeh vive da dieci mesi nascosto nei bunker della Striscia di Gaza
Una nomina che è una dichiarazione di guerra permanente. Il più indicibile dei nomi è stato eletto capo politico di Hamas al posto di Ismail Haniyeh, ucciso nell’attentato del 31 luglio a Teheran. Yahia Sinwar. Lui, proprio lui. Il palestinese più legato a Teheran. L’architetto del massacro del 7 Ottobre, che dieci mesi fa a Gaza ha ordinato alle Brigate al Qassam di esondare oltre il recinto per uccidere, abusare, distruggere, violentare, rapire. Yahia Sinwar, 62 anni, l’uomo accusato dallo Stato ebraico di essere il mandante di 1.200 morti e della strage di ebrei più grave dai tempi dell’Olocausto.
Non ci credeva nessuno. Seppur nelle ultime ore il più indicibile dei nomi era diventato anche quello più sussurrato nel Consiglio della Shura, l’organo consultivo che con il politburo ha deciso la successione, sembrava impossibile che la scelta cadesse sul ricercato numero uno dall’esercito israeliano, nascosto da mesi in chissà quale buco sotto la Striscia di Gaza. Nemmeno gli analisti palestinesi più attenti se lo aspettavano,pur nella consapevolezza che Sinwar in questo momento è il più potente nella scala gerarchica di Hamas e che tutto passa dalle sue mani, sia le operazioni militari sia il negoziato per il cessate il fuoco e la riconsegna degli ostaggi.
«È la figura più rispettata, temuta e ascoltata», diceva a questo giornale pochi giorni fa Hani al-Masri, direttore di Masarat, think tank palestinese. «Ma vista l’ impossibilità di uscire allo scoperto, presumo che la scelta di un successore ricadrà piuttosto su Khaled Meshaal, già presidente dell’ufficio politico di Hamas dal 1996 al 2017, oppure su Khalil al-Hayya, vicepresidente dell’ufficio politico».
Erano questi i due nomi sul tavolo, confusi nella girandola di voci e smentite che accompagnano tradizionalmente le nomine interne di un partito frammentato e diviso in clan. Da una parte il vecchio e pragmatico Meshaal, 68 anni, soprannominato “martire vivente” da quando nel 1997 scampò a un avvelenamento del Mossad, incline al compromesso, con la caratteristica di non avere buoni rapporti con l’Iran e con i libanesi di Hezbollah ma di averne di ottimi con i Fratelli Musulmani e con i governi di Turchia e Qatar: non a caso, infatti, la prima investitura informale gli era arrivata dal ministro degli Esteri turco, che aveva porto a lui le condoglianze a nome del suo governo dopo l’uccisione di Haniyeh.
La mossa è un’indicazione della postura che intende avere Hamas nei confronti di Israele. Racconta tre cose. La prima: Sinwar non solo è vivo ma evidentemente è in grado di comunicare con gli alti dirigenti del gruppo, a meno di non voler considerare la nomina solo simbolica. Il capo politico tradizionalmente vive all’estero per incontrare con rapidità gli alleati, deve poter godere di una libertà di spostamento che difficilmente avrebbe stando nella Striscia o in Cisgiordania. La seconda, come detto, è la guerra a oltranza. Sinwar non ha mai riconosciuto il diritto di Israele a esistere e aveva criticato la mezza apertura che nel 2017 l’allora leader Meshal aveva fatto approvando il nuovo Statuto di Hamas in cui accettava l’idea di uno Stato della Palestina «secondo le linee del 1967». Per la mente del 7 Ottobre l’unico Stato palestinese è quello dal fiume al mare, senza gli ebrei. La terza conseguenza è la più inquietante, segna definitivamente il campo nel quale Hamas si gioca la sopravvivenza.
Con Sinwar il movimento di ispirazione sunnita si lega a doppio filo con gli ayatollah, con Hezbollah e con le altre milizie sciite del Medio Oriente. Sfuma quindi il piano del presidente turco Erdogan di mettere un’ipoteca su Hamas, cosa a cui avrebbe potuto aspirare se Meshal avesse ripreso il potere. «Hamas ha deciso di votare per la resistenza, sfidando l’occupazione israeliana e continuando la battaglia», dice Al-Masri, raggiunto al telefono dopo l’uscita del comunicato sui canali Telegram del movimento islamista. «Del resto Sinwar è l’unico che può decidere sulle questioni più rilevanti».
Con l’Iran che sta per attaccare Israele e un tale nuovo capo di Hamas, diventa complicato anche solo formulare un’ipotesi sul destino nella trattativa per il rilascio degli ostaggi. «È una scelta sorprendente», commenta Michael Milshtein, professore del Moshe Dayan Center di Tel Aviv. «Ci dev’essere stata una forte pressione di Teheran sul politburo, o è un tentativo di evitare di finire come Haniyeh. Oppure è un gesto simbolico. Non penso che Sinwar possa controllare davvero tutto il movimento di Hamas mentre è in un tunnel».
Nell’immagine: Yahya Sinwar e a sinistra l’ex leader Ismail Haniyeh, ucciso il 31 luglio
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