Di Tonia Mastrobuoni, La Repubblica
Un uomo si suicida, disperato, buttandosi dalla finestra. Perché «ci sono più nazisti a Vienna che nel 1938». E perché non ce la fa a vivere in una «cloaca senz’anima», in mezzo a «6,5 milioni di idioti». È il 1988. E Heldenplatz, la pièce del geniale e feroce scrittore austriaco Thomas Bernhard, si trasforma nel più grande scandalo della storia repubblicana. La messinscena diventa un caso politico: viene contestata, boicottata, stracciata. La prima è presidiata da decine di poliziotti. Persino il presidente della Repubblica, Kurt Waldheim, si scaglia contro «le rozze offese contro il popolo austriaco».
Ma due anni prima, proprio l’elezione di quel capo dello Stato dal passato nazista – Waldheim era stato nelle SA – ha già scatenato un dibattito sulla ambigua identità assunta dagli austriaci dopo la guerra. Sono anni tormentati, di presa di coscienza collettiva. «Allora è venuta alla luce, finalmente, l’ipocrisia di un Paese che si è sempre messo in scena come una vittima del nazismo. Invece l’Austria è stata anche carnefice. E continua a scordarsene». Ariel Muzicant, presidente del Congresso ebraico europeo, ha vissuto quell’ipocrisia sulla sua pelle. Sa più di chiunque altro perché quello che è impensabile altrove, in Austria può ancora accadere. E sa perché un partito permeato da correnti nostalgiche, che pullula di simpatizzanti di estrema destra come la Fpö, guidato da un politico talmente radicale da impensierire l’Europa intera, Herbert Kickl, può aspirare di conquistare la cancelleria.
In Austria si vota il 29 settembre. E da mesi, la Fpö è al 25%, prima nei sondaggi. Agli elettori, l’ex ministro dell’Interno promette apertamente un’“orbanizzazione” del Paese. Il luminoso ufficio dove siamo andati a trovare Muzicant, a lungo capo della comunità ebraica austriaca, è a pochi passi dalla cattedrale di Santo Stefano. Da decenni, l’imprenditore austro-israeliano è in prima fila nella battaglia contro l’ascesa della Fpö : si è sempre rifiutato persino di stringere la mano agli esponenti dell’estrema destra. Ed è stato il protagonista della prima vicenda oscura che riguarda la carriera politica di Herbert Kickl.
Nel 2001, quando l’ascetico Kickl scriveva ancora discorsi per il suo carismatico e burrascoso predecessore, Joerg Haider, gli mise in bocca un insulto a Muzicant – «come fa qualcuno che si chiama “Ariel” ad essere così sporco dentro?» – giocato sull’assonanza tra il suo nome e la marca di detersivi. Una battuta antisemita che suscitò un’ondata di indignazione che travolse Haider, costretto a scusarsi. «Invece Kickl – sottolinea Muzicant – non si scusò mai». Anzi, una decina di anni dopo, in un dibattito tv con il leader della comunità ebraica, non si vergognò di dire che «non sarò mai d’accordo nel condannare le Waffen-SS collettivamente». Lo spitzenkandidat dell’Afd, Maximilian Krah, per aver detto la stessa frase a Repubblica, ha provocato la cacciata dei sovranisti tedeschi dagli Identitari e la sua espulsione dal gruppo. In Austria, Herbert Kickl può aspirare a fare il cancelliere.
«Nell’attuale Fpö», racconta Muzicant, «il 40% dei funzionari ha una chiara provenienza e affiliazione con organizzazioni e confraternite di estrema destra. Noi li chiamiamo ‘Kellernazis’, “nazisti delle cantine”, quelle dove con i loro sodali danno sfogo ai loro istinti razzisti, antisemiti e omofobi. E Kickl, che viene da una famiglia nazista, è una sorta di mini-Goebbels. Che aspira apertamente a trasformare l’Austria nell’Ungheria di Orbán».
Un paio di mesi fa, proprio a Vienna, il leader della destra sovranista austriaca, non a caso, ha fondato insieme all’autocrate magiaro i “Patrioti”, una nuova formazione di sovranisti europei cui hanno aderito poi anche la Lega e Marine Le Pen. «L’obiettivo di Kickl è distruggere la libertà di stampa, mettersi sotto i tacchi i media pubblici, soggiogare il mondo della cultura, neutralizzare le Ong, prendere il controllo del sistema giudiziario e modificare la costituzione per trasformare l’Austria in una democrazia plebiscitaria filo-Putin». Il suo slogan più famoso è la promessa della “Remigration”, la deportazione di massa di migranti. Ed è lo stesso termine fascistoide usato dall’Afd in Germania.
Sul web è diventato virale un meme in cui il volto a colori di Kickl diventa quello in bianco e nero di Hitler. Il titolo è “Volkskanzler”, cancelliere del popolo. Una definizione, in realtà, che l’ex ministro dell’Interno ha scelto lui stesso, per il suo sogno più grande. «E non è solo populista. È chiaro che “Volkskanzler” ricorda Hitler», argomenta Muzicant. Ed è altrettanto chiaro che «se diventerà cancelliere, gli ebrei se ne andranno di nuovo. Perché trasformerà l’Austria in una democrazia illiberale e filoputiniana».
A due settimane dal voto, l’attuale cancelliere conservatore Karl Nehammer insiste che un’eventuale alleanza con la Fpö non potrà «mai» includere l’estremista Kickl. Il partito di Nehammer, la Övp, è secondo nei sondaggi, al 20% – cinque punti dietro all’estrema destra. Che in Austria è già andata al governo due volte: nel 2000, con Wolfgang Schuessel, di recente con Sebastian Kurz. Ma non è mai arrivata prima a un’elezione. E con il suo leader più estremista di sempre, che ha fatto lievitare il partito dal 17% al 25% attuale in pochi anni. Come scrivono Gernot Bauer e Robert Trechler in una illuminante biografia di Kickl appena uscita in Austria, «il suo estremismo ideologico, la sua retorica aggressiva e il suo agire politico sono stati a lungo un ostacolo, per Kickl. Adesso la sua radicalità corrisponde perfettamente allo Zeitgeist». E non solo in Austria.
Per capire meglio quali scenari si prospettino a Vienna dopo il voto, abbiamo appuntamento con lo storico e giornalista Raimund Loew in un caffè che nonostante la sublime pasticceria viennese ha un nome dal sapore un po’ acidulo: “Weimar”. Per ora, racconta l’ex corrispondente Orf, anche in Austria resiste una sorta di fronte repubblicano come in Francia. Tutti sostengono che non faranno patti con Kickl. «Ma se la Övp dovesse arrivare terza, e non seconda come sembra dai sondaggi, se Nehammer dovesse essere insomma battuto anche dai socialisti, rischia la testa». A quel punto è pensabile che i popolari accettino, pur di rimanere al potere, di coalizzarsi con Kickl. Al momento, però, Loew pensa che l’estrema destra rimarrà fuori dal governo e che Nehammer «cercherà di fare un governo con i socialisti e con i liberali di Neos».
Da trent’anni l’associazione “Sos Mitmensch” si batte contro l’estrema destra. Ha appena pubblicato un dossier esplosivo, in cui dimostra oltre 200 legami tra la Fpö ed ambienti di estrema destra come gli Identitari o altre confraternite o organizzazioni neonaziste. Per il portavoce di “Sos Mitmensch”, Alexander Pollack, «il risultato è spaventoso: dimostra che il radicamento della Fpö nell’estrema destra supera di gran lunga qualsiasi radicalizzazione cui abbiamo mai assistito in Austria». Il 29 settembre, insomma, «ogni voto conta».
Nell’immagine: Herbert Kickl