Di Daniele Raineri, La Repubblica
Si pensava che le due ondate di attacchi con microcariche esplosive nascoste nei cercapersone e nei walkie-talkie acquistati dal gruppo libanese Hezbollah fossero la fase d’apertura, da parte di Israele, di un conflitto totale in Libano. Non è stato così, ma Hezbollah è ancora in un momento di incertezza e completo disorientamento e Israele sfrutta l’opportunità per lanciare ulteriori attacchi e fermare sul nascere – secondo quanto dichiara l’Idf – la rappresaglia dei miliziani.
Anche uno dei comandanti in assoluto più importanti della fazione libanese, Ibrahim Aqil, era rimasto ferito da un cercapersone esplosivo ed era andato in un ospedale a farsi curare, ma dev’essere stato in qualche modo agganciato dal sistema di sorveglianza israeliano. È come se in questi giorni Hezbollah, che di solito operava sotto una coltre opaca di segretezza e di procedure guardinghe, fosse diventata trasparente agli occhi dei servizi israeliani.
Aqil era un veterano con quarant’anni di esperienza che aveva sostituito Fuad Shukr – il comandante militare ucciso a Beirut da un drone israeliano il 30 luglio – alla guida del consiglio di guerra che decide tutte le operazioni di Hezbollah, ed era anche ricercato dagli Stati Uniti per gli attentati con camion bomba contro l’ambasciata americana e contro le caserma dei soldati americani a Beirut nel 1983, con una taglia da sette milioni di dollari. Il comandante dall’ospedale si è spostato nei sotterranei di un condominio nel cuore di Dahieh, il quartiere residenziale nel Sud di Beirut che è anche il centro delle attività di Hezbollah, per una riunione strategica, ma l’edificio è stato centrato da una bomba sganciata da un jet israeliano.
Gli altri partecipanti alla riunione con Aqil erano comandanti dell’unità Radwan, una formazione molto ben selezionata e addestrata di combattenti di Hezbollah usata per incarichi speciali. L’attacco aereo ha ucciso Aqil e altre tredici persone – inclusi gli ufficiali della Radwan e alcuni civili e bambini.
Cinque ore dopo il portavoce dell’esercito israeliano, il generale Daniel Hagari, ha dichiarato che Aqil e i comandanti della forza Radwan stavano pianificando un’incursione nel Nord di Israele. Secondo il piano, combattenti di Hezbollah avrebbero dovuto attraversare il confine, raggiungere le comunità israeliane nella regione e uccidere e rapire civili, come ha fatto Hamas il 7 ottobre dello scorso anno. Vale la pena ricordare che Aqil è stato collegato a un’incursione tentata da un uomo di Hezbollah, che con due cariche esplosive e un’auto, nel 2023, è riuscito a percorrere decine di chilometri nel Nord di Israele. L’uomo fu ucciso, ma questo genere di infiltrazioni sono l’ossessione della Radwan.
La dichiarazione ufficiale di Hagari sottintende due fatti importanti. Il primo è che la sorveglianza israeliana non soltanto ha agganciato Aqil e lo ha seguito dall’ospedale al palazzo bombardato, ma sapeva anche che cosa andava a fare e di che cosa avrebbe parlato. Se Hagari ha detto il vero, c’è soltanto da immaginarsi il grado di paranoia dentro Hezbollah in questo momento: è la settimana peggiore della sua storia recente.
Il secondo sottinteso è ancora più importante. Da fine luglio – dall’uccisione del leader politico di Hamas, Ismail Haniyeh, dentro una camera che credeva sicura a Teheran – l’Iran ha promesso un’azione di rappresaglia spettacolare contro Israele. Una prima grande operazione di rappresaglia tentata dall’Iran ad aprile, per vendicare l’uccisione di un generale dei pasdaran, fu un fallimento perché missili e droni iraniani furono intercettati e distrutti prima di raggiungere i loro bersagli in territorio israeliano. Anche Hezbollah ha deciso di lanciare una rappresaglia contro Israele, lo ha annunciato il leader Hassan Nasrallah in un discorso pubblico due giorni fa. Ora, Iran e Hezbollah lavorano in tandem e viene da chiedersi: questa incursione in grande stile nel Nord di Israele doveva essere la vendetta a sorpresa che più volte era stata annunciata? Sarebbe stato un tentativo di fare a terra, con miliziani armati, un attacco che in cielo non poteva funzionare?
Nell’immagine: un manifesto di ricerca di Ibrahim Aqil diffuso dall’ente del Servizio di sicurezza diplomatica del Dipartimento di Stato americano.