Di Tonia Mastrobuoni e Filippo Santelli, La Repubblica
Comunque vada a finire, l’arresto di Pavel Durov potrebbe dividere un prima e un dopo. Non era mai accaduto, in Europa o nel mondo, che il capo di una grande piattaforma social venisse fermato. Né che lo si accusasse di complicità, una responsabilità penale personale, per i contenuti illeciti veicolati dal suo servizio. Questione di diritto, ma inevitabilmente diventata politica: un banco di prova decisivo per il tentativo dell’Unione europea di essere il campione della regolazione digitale, di limitare lo strapotere dei giganti tecnologici in tema di privacy, concentrazione di mercato e controllo dei contenuti. Con conseguenti accuse da parte degli ultralibertari (o della destra sovranista) di voler mettere una museruola alla libertà di espressione.
Il significato politico della vicenda lo ha fatto intendere ieri il Commissario europeo Paolo Gentiloni: lo sviluppo dei social media e la diffusione della disinformazione «hanno prodotto l’incapacità di mettersi d’accordo persino sui fatti base, una polarizzazione che rischia di minare le nostre democrazie», ha detto in un videomessaggio alla conferenza del Soft Power Club. Una deriva che l’Europa, ha aggiunto, può contrastare con i suoi valori e le sue politiche. La più recente si chiama Digital Services Act (Dsa), normativa appena entrata in vigore che impone alle piattaforme (a partire dai colossi come Google, Meta, X e TikTok) obblighi di moderazione dei contenuti e di risposta celere a sollecitazioni e richieste di informazioni delle autorità giudiziarie. Per chi non adempie le multe si sono alzate al 6% del fatturato globale, in teoria un bel deterrente. Ma se è presto per valutarne gli effetti, la norma ha già provocato infuocati botta e risposta tra Elon Musk, paladino del “free speech” senza paletti con il suo nuovo giocattolo X, nonché grande sponsor di Trump, e le autorità europee.
L’arresto in Francia di Durov, l’uomo che ha incarnato la sua filosofia anarchica nel social chiamato Telegram, promettendo agli utenti assoluta protezione dalle autorità tutte, alza ulteriormente la posta di questa sfida di mondi, culture e poteri. Bene specificare, come del resto ha fatto ieri la Commissione, che non è il Dsa la base per cui il 39enne è stato fermato, perché la normativa prevede (e multa) solo responsabilità amministrative delle aziende. «Ma il punto di connessione è forte – spiega Giuseppe Vaciago, partner di 42 Law Firm ed esperto di diritto tecnologico – visto che il Dsa obbliga le società a dare immediato seguito agli ordini delle autorità giudiziarie». Il salto alla responsabilità penale del capo azienda però, continua l’avvocato, non è banale dal punto di vista giuridico e di fatto non ha precedenti a livello globale «perché bisogna dimostrare che Durov avesse consapevolezza diretta della richiesta dell’autorità e omettendo di intervenire abbia voluto agevolare la prosecuzione di quei reati».
Molto dipenderà dalla solidità delle prove in mano alle autorità francesi. Ieri il presidente Macron, rispondendo alle nuove accuse di Musk (“Liberté?”) e a quelle di Edward Snowden ha assicurato che l’arresto di Durov “non ha nulla di politico, saranno i giudici a decidere”, aggiungendo che la Francia difende la libertà di espressione “in una cornice legale che rispetti i diritti fondamentali dei cittadini”. E che in gioco qui non sia la libertà di parola, ma il rispetto della legge, lo ritiene anche Francesca Bria, economista dell’innovazione, consulente di Nazioni Unite e Commissione per cui ha contribuito alla definizione delle normative digitali: «La mancanza di informazioni sta generando speculazioni incontrollate, che rischiano di distorcere l’opinione pubblica. Questa incertezza gioca a favore dell’estrema destra che sta strumentalizzando la vicenda per rafforzare la propria agenda, confondendo la responsabilità tecnologica con la repressione dei diritti. È una strategia ben nota tra gli iperlibertari e fondamentalisti del “free speech” della Silicon Valley, di cui Durov e Musk sono figure emblematiche, che pensano di essere oltre la legge e oltre la democrazia».
Nell’immagine: Pavel Durov