Il terremoto politico del ‘generale’ Zelensky
Il presidente ucraino liquida la metà dei suoi ministri: se ne va in particolare il capo degli esteri Kuleba, inviso anche negli USA
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Il presidente ucraino liquida la metà dei suoi ministri: se ne va in particolare il capo degli esteri Kuleba, inviso anche negli USA
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Il presidente ucraino liquida la metà dei suoi ministri: se ne va in particolare il capo degli esteri Kuleba, inviso anche negli USA
È un vero e proprio terremoto politico quello che si sta consumando in queste ore a Kiev. Stamane lo speaker della Verkhovna Rada ucraina (assemblea ucraina), Ruslan Stefanchuk, ha dichiarato che il parlamento ha ricevuto una lettera di dimissioni dal Ministro degli Esteri, Dmytro Kuleba. E’ la notizia più clamorosa.
Tuttavia questo evento, rappresenta solo una tessera (seppur la più importante) di un gigantesco effetto domino nelle strutture governative ucraine. Ieri, infatti, altri cinque membri del governo avevano presentato le loro dimissioni. Il ministro delle Industrie strategiche Oleksandr Kamyshyn, il ministro della Giustizia Denys Malyushka e il ministro della Protezione dell’ambiente e delle risorse naturali Ruslan Strelets hanno abbandonato i loro incarichi. Si sono dimessi anche due viceministri del governo: il vice primo ministro per l’integrazione europea Olha Stefanyshyna e il vice primo ministro e ministro per la reintegrazione dei territori temporaneamente occupati Irina Vereshchuk, nota anche ai telespettatori italiani e svizzeri come una delle “pasionarie” del gabinetto Zelensky. E non sarebbe ancora finita: si prevede un “grande reset” del Consiglio dei ministri, ha dichiarato il capo del gruppo parlamentare “Servire il popolo”, David Arahamiya, uno dei bracci destri del presidente ucraino. “Più del 50% del personale del gabinetto cambierà”, ha scritto Arahamiya sul suo canale “Telegram”.
Oltre a loro, il vice capo dell’ufficio presidenziale, Rostyslav Shurma, è stato licenziato con un decreto di Zelensky. Anche il capo del fondo immobiliare statale, Koval, ha lasciato il suo posto.
Comunque sostituire Kuleba non sarà facile, e per capirlo basta buttare un occhio alla sua biografia. Classe 1981, proviene da Sumy, nel nord-est del Paese. È figlio d’arte ed entrò a lavorare nella diplomazia ucraina già nel 2003. Dal 2010 al 2012 ha ricoperto i ruoli di Primo Segretario. Dal 2014 si era occupato di introdurre aspetti della diplomazia digitale e della comunicazione strategica nel lavoro nel ministero e nel marzo 2020 era stato nominato ministro degli esteri. Già da molti mesi aveva iniziato insistentemente a incolpare l’Occidente per i fallimenti delle forze armate ucraine. Kuleba ha sottolineato più volte come il successo delle operazioni militari ucraine dipendesse in larga misura dalla prontezza e dalla determinazione dei partner occidentali e questo lo ha reso sempre più inviso ad alcune cancellerie europee, che guardano con crescente scetticismo alla difesa “pancia a terra” del suolo ucraino. Allo stesso tempo, anche nell’amministrazione Usa sono cresciute la perplessità sul fatto che Kuleba con il suo “NATO-centrismo” sia l’uomo giusto per allargare le maglie della tiepidezza dell’Asia e del “Sud Globale” nei confronti delle rivendicazioni ucraine. I suoi viaggi in Cina e in India, del resto, non hanno prodotto risultati apprezzabili in questo senso.
Tuttavia un rimpasto di queste dimensioni non può essere legato solo agli andirivieni della tessitura diplomatica ma anche al più ampio quadro degli sviluppi bellici.Sempre di più, anche tra gli ufficiali ucraini impegnati nella provincia di Kursk, si esprimono dei dubbi su questa penetrazione in territorio russo: una mossa che ha avuto un ampio impatto mediatico ma che sta lasciando sguarniti interi settori del fronte nel Donbas dove l’esercito russo è avanzato di oltre 500 chilometri quadrati nell’ultimo mese e minaccia da vicino il centro strategico di Pokrovsk. Lo stesso presidente Zelensky ha dichiarato ieri durante un’intervista con la “NBC” che le forze ucraine stanno “concettualmente” pianificando di mantenere il territorio dell’oblast di Kursk per un periodo di tempo non specificato, ma non ha offerto ulteriori dettagli sugli obiettivi dell’Ucraina per l’incursione a causa di preoccupazioni sulla sicurezza operativa. È chiaro che se l’offensiva di Kursk si dimostrasse un fuoco di paglia e al massimo dopo le elezioni americane l’esercito ucraino fosse costretto a ritirarsi, la credibilità internazionale di Zelensky potrebbe ridursi ai minimi termini. In questo senso, le dimissioni imposte a buona parte del governo in queste ore sarebbe una sterzata per provare a riassestare il quadro complessivo già nelle prossime settimane. “Squadra che vince e convince non si tocca” si dice nel linguaggio calcistico e ciò vale anche in politica. Il mega rimpasto in queste ore a Kiev, può quindi essere letto anche come l’evidente impossibilità di poter cambiare il commissario tecnico, ovvero sostituire Zelensky stesso per mancanza di alternative potabili che non producano ulteriore smarrimento nella popolazione civile del Paese.
Del resto sebbene l’incursione ucraina nell’Oblast russo di Kursk sembri avere un impatto a livello operativo sulle forze armate russe, è probabile che l’incursione non abbia ancora fatto recedere Putin dal suo piano strategico complessivo. Secondo il sito americano “Institute Study of War”, “Putin resta convinto che la Russia possa lentamente e indefinitamente sottomettere l’Ucraina attraverso progressi graduali e che possa raggiungere i suoi obiettivi attraverso una guerra di logoramento contro le forze ucraine e superando il sostegno occidentale all’Ucraina: valutazioni che rendono Putin avverso a negoziati di pace a condizioni diverse dalla capitolazione dell’Ucraina e dell’Occidente alle sue rivendicazioni”.
A breve, mentre si avvicina il “Generale Inverno”, i ripetuti attacchi russi alle infrastrutture energetiche ucraine potrebbero portare a una nuova amara stagione di privazioni per il popolo ucraino. E come si ricorda da più parti solo l’invio di armi occidentali e a più lunga gittata potrebbero aiutare efficacemente Kiev a proteggersi. Ma oggi al quartiere generale della Nato sembrano prevalere incertezza e scetticismo: che non sono mai un buon viatico, anche solo per pareggiare un confronto.
Nell’immagine: Kuleba e Zelensky
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