Di Lirio Abbate, La Repubblica
La discesa in campo di Silvio Berlusconi con relativa vittoria elettorale nel 1994 portò in dote al cavaliere, non solo il governo del Paese, ma pure una notevole riduzione dei debiti che aveva accumulato per alcune migliaia di miliardi di lire il gruppo Fininvest.
Questa storia dell’indebitamento del biscione berlusconiano prima del suo ingresso in politica si è sempre rincorsa e molti si sono sempre affrettati a smentire. La conferma adesso dei numeri di bilancio negativi e del guadagno che ne ha ottenuto riducendo l’esposizione bancaria entrando in politica, è fornito da una relazione di consulenza tecnica depositata nei giorni scorsi dai magistrati della direzione distrettuale antimafia di Firenze che indagano sui mandanti delle stragi del 1993 che vede indagato Marcello Dell’Utri, e lo è stato fino alla sua morte anche Silvio Berlusconi.
I consulenti tecnici dei pm scrivono che “dall’esame degli atti a disposizione, è stato possibile riscontrare un’esposizione debitoria del gruppo Fininvest al 31 dicembre 1994 pari a circa novemila 110 miliardi di lire, prevalentemente costituita da debiti verso banche (4.033,5 miliardi di lire), verso fornitori (2.863 miliardi di lire) e da debiti verso altri (949,3 miliardi di lire)”.
L’accertamento a distanza di tanti anni nasce da un editoriale scritto da Eugenio Scalfari pubblicato da Repubblica il 18 luglio 1993 che suonava come una messa in mora alle banche perché inducessero la Fininvest a coprire senza dilazioni le proprie esposizioni debitorie che il fondatore di questo giornale indicava proprio in quattromila miliardi di lire.
In quel periodo Berlusconi non aveva ancora ufficializzato e nemmeno svelato la sua intenzione di scendere in politica. Quella era la stagione di Manipulite, nel pieno del periodo delle stragi che si era aperto nel 1992 con Capaci e via d’Amelio ed era proseguito nel 1993 con l’attentato ai Georgofili a Firenze e poi proseguirà con le bombe di Milano e Roma.
L’editoriale di Scalfari, che si basava su proprie fonti, fece andare su tutte le furie Berlusconi, il quale replicò smentendo e minacciando querele che mai arrivarono davanti a un giudice.
I magistrati della procura toscana hanno ripreso poco tempo fa quell’editoriale ed hanno posto un quesito ai consulenti tecnici: accertare e verificare “se nell’estate del 1993 la galassia delle strutture imprenditoriali riconducibili al gruppo Fininvest presentassero un’esposizione debitoria di almeno quattro mila miliardi di vecchie lire e l’evoluzione di tale esposizione nel triennio successivo”.
Il lavoro di analisi dei documenti ha portato a indicare adesso nero su bianco che “l’esposizione bancaria del gruppo nel 1994 risulta sostanzialmente in linea con il dato indicato nel quesito dai magistrati, di quattromila miliardi di lire, sebbene esso si riferisca all’anno precedente “estate del 1993”.
Lo studio e l’analisi di tutti i documenti di bilancio a disposizione dei consulenti dei pm ha portato a scrivere nella relazione che adesso è agli atti dell’inchiesta e quindi a disposizione delle parti, che “negli anni in cui il fondatore del Gruppo (Silvio Berlusconi, ndr) aveva realizzato con esito positivo la sua discesa in campo politico, i consulenti hanno potuto apprezzare una sensibile riduzione dell’indebitamento bancario che si ritiene possa ragionevolmente scaturire dalla relazione di plusvalenze derivanti da attività di “deconsolidamento” del gruppo e dalla realizzazione del progetto “Wave” di riorganizzazione del gruppo che ha consentito, inter alia, la costituzione della Mediolanum spa e la relativa quotazione delle azioni societarie presso la Borsa valori italiana”.
I dati confermano quindi quello che aveva scritto Eugenio Scalfari, e inoltre oggi possiamo leggere dall’analisi dei consulenti che la discesa in politica gli ha pure portato, in coincidenza, una diminuzione del debito.
Il fondatore di Repubblica nel luglio 1993 rispondeva all’attacco del cavaliere scrivendo: «Berlusconi mi invita a fornire prove sulle interferenze politiche nell’erogazione del credito. Lasci questo mestiere a Di Pietro e ai suoi colleghi, che ne hanno i mezzi. Ma basterebbe conoscere l’elenco delle banche principali creditrici e poi andare a controllare sotto quale bandiera servissero i loro amministratori».
Il cavaliere però era già avanti nel suo progetto segreto di entrare in politica. Risale infatti a maggio e giugno del 1992, secondo le dichiarazioni di Ezio Cartotto, l’ex democristiano milanese consulente del gruppo Berlusconi, quando Dell’Utri comincia a pensare di farlo scendere in politica. Ordina d’insegnare ai manager di Publitalia i segreti della vita parlamentare in vista della creazione di un movimento politico. L’operazione è segretissima.
Cartotto continua a sondare varie forze sociali per valutare la possibilità di un loro coinvolgimento nel nuovo progetto politico sino a quando tra luglio e agosto 1993 c’è “il salto definitivo”. “Nel luglio ‘93, presso lo studio del notaio Roveda di Milano, venne costituita l’associazione “Forza Italia! Associazione per il buon governo” dice ai pm Cartotto.
Forza Italia nasce proprio nel periodo in cui Scalfari punta il dito contro Berlusconi e i suoi debiti con le banche e da queste, dopo che il cavaliere diventa un leader politico, ottiene una riduzione dell’indebitamento.