In attesa che si muova l’OSTRAL
Nell’ambito delle misure per fronteggiare l’emergenza energetica, la Svizzera dispone, fra l’altro, di un servizio federale destinato a gestire condizioni straordinarie. Ma per ora tutto è fermo.
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Nell’ambito delle misure per fronteggiare l’emergenza energetica, la Svizzera dispone, fra l’altro, di un servizio federale destinato a gestire condizioni straordinarie. Ma per ora tutto è fermo.
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Nell’ambito delle misure per fronteggiare l’emergenza energetica, la Svizzera dispone, fra l’altro, di un servizio federale destinato a gestire condizioni straordinarie. Ma per ora tutto è fermo.
In Svizzera esiste un servizio che deve curare l’approvvigionamento in caso di crisi. Un retaggio della seconda guerra mondiale, che ben si confà alla situazione attuale. Nell’ambito dell’elettricità questo servizio si sostanzia nella cosiddetta OSTRAL ovvero l’Organizzazione per l approvvigionamento di energia elettrica in condizioni straordinarie.
I lettori ricorderanno l’accorato appello di Parmelin all’inizio del 2022, e la brochure, inviata a tutte le aziende industriali, che doveva essere una prima infarinatura su OSTRAL.
Una spiegazione però generica e che non conteneva indicazioni operative su come gli utenti avrebbero dovuto operare in caso di penuria. La norma prevede, per i clienti industriali, di ridurre di una percentuale sostanziale i consumi elettrici rispetto a quanto registrato nel mese corrispondente dell’anno precedente. Come questo intervento debba avvenire e come le industrie si debbano preparare, resta però molto vago. Anche oggi, quando sembra che per l’inverno prossimo (ormai alle porte) ci dovremo preparare a reali interruzioni delle forniture, il sito dell’organizzazione OSTRAL rimane generico e non è stato sostanzialmente modificato rispetto alla versione 2021.
Il fatto che OSTRAL non si sia ancora messa in moto, scartando l’ipotesi di incompetenza dei funzionari, apre molti punti interrogativi sulla distanza tra il dibattito politico in corso e la potenzialità reale del rischio di blackout. Non riesco a capacitarmi di come si possa discutere di fallimento della svolta energetica o della realizzazione di nuove centrali nucleari (evenienze che avranno un impatto sulla produzione e quindi sui consumi, al minimo tra due decenni), mentre non riusciamo a decidere se quest’inverno, a semplice titolo d’esempio, andremo a fare la spesa nei grandi magazzini con il cappotto, perché il riscaldamento di questi spazi non viene giudicato come imprescindibile; oppure se le insegne pubblicitarie siano da considerarsi un servizio prioritario oppure se vadano, in caso di penuria energetica, tenute spente.
Non ho ovviamente risposte a queste domande, ma un giornalismo di inchiesta forse qualche domanda dovrebbe porla, così come dovrebbero interrogarsi le organizzazioni di categoria e le aziende elettriche stesse. Tutto ciò anche per evitare che su un bene e un servizio essenziali per il nostro benessere sociale (l’elettricità) si possano fare speculazioni politiche e/o finanziarie (o tutte e due).
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