La comprensione degli incesti ebraici per nuove prospettive politiche
Perché il lavoro di documentazione della violazione dei diritti umani, all’interno di Israele viene vissuto come un oltraggio o cade nel vuoto come in un dialogo fra sordi
Filtra per rubrica
Filtra per autore/trice
Perché il lavoro di documentazione della violazione dei diritti umani, all’interno di Israele viene vissuto come un oltraggio o cade nel vuoto come in un dialogo fra sordi
• – Sarah Parenzo
Come nel 1948 radere al suolo città e villaggi serve a ostacolare la rinascita della comunità. Netanyahu è l’unico primo ministro israeliano, dagli anni ’70 a oggi, a non aver mai portato a termine un accordo con i palestinesi: non c’è motivo di pensare che inizierà ora
• – Redazione
Di Shirin Ebadi, Taghi Rahmani*, La Stampa Le prigioniere politiche iraniane stanno subendo una repressione brutale nella sezione femminile del carcere di Evin. Come attiviste e...
• – Redazione
Kamala punta sulla promessa di risollevare la classe media con un maggiore interventismo dello Stato. Donald sul rafforzamento del capitalismo libertario e sul malessere, per conquistare voti
• – Redazione
Si è spento nella sua casa di Douchy, circondato dai tre figli e dal resto della sua famiglia: aveva 88 anni
• – Redazione
In Thailandia eletta premier la terza esponente della potente famiglia, che ricoprirà il ruolo di capo del governo dopo il padre Thaksin e la zia Yingluck, entrambi rovesciati da un colpo di Stato
• – Loretta Dalpozzo
Intervista al sociologo Edgardo Lander. «Il pianeta è letto con lo schema della guerra fredda e l'imperialismo si identifica con gli Stati Uniti. Ogni governo che sembra opporsi agli Usa sarebbe antimperialista»
• – Redazione
Di Enrico Vallaperta, La Stampa Che valore dareste a una stampella? Una di quelle semplici, ortopediche, usate dai pazienti come ausilio per camminare. A Gaza, oggi, è un bene...
• – Redazione
L’analisi. Lo Zar vuole sfondare in Ucraina ma dopo le enormi perdite degli ultimi 2 anni non ha rimpiazzi: a Kursk punta a logorare gli ucraini
• – Redazione
Come è cambiata la classe operaia, per arrivare ora ad essere (quasi) sinonimo di "stranieri"?
• – Ruben Rossello
Perché il lavoro di documentazione della violazione dei diritti umani, all’interno di Israele viene vissuto come un oltraggio o cade nel vuoto come in un dialogo fra sordi
Nonostante la seconda Intifada sia scoppiata nel 2000, il romanzo dello scrittore Abraham B. Yehoshua, La sposa liberata, pubblicato in Israele nel 2001, riflette il clima di entusiasmo e di speranza suscitato dalle relazioni di pace instauratesi tra palestinesi e israeliani dopo gli accordi di Oslo del 1993-1995. Il protagonista è Yohanan Rivlin, professore di storia dei paesi arabi all’Università di Haifa, che resta profondamente turbato dal divorzio del figlio Ofer dopo un solo anno di matrimonio con Galia. A differenza della moglie Haghit, giudice di corte d’appello, che ha accettato il divorzio del figlio come un fatto compiuto, Yohanan Rivlin ne è ossessionato e, dopo cinque anni, continua a cercarne la ragione. Appreso della morte del consuocero, approfitta della situazione per riallacciare i rapporti con la nuora nella speranza di carpire da lei il segreto di quell’inaspettata separazione. Pur di svelarlo è disposto a nascondere alla propria moglie il rapporto con la famiglia della nuora e addirittura a mettersi in situazioni imbarazzanti. Inizia a visitare la pensione di proprietà della famiglia di Galia e contatta la sorella maggiore, Tehila, che, dopo la morte del padre, gestisce l’attività con l’aiuto dell’inserviente Fuad. La crisi del figlio e la ricerca della verità s’intrecciano alle difficoltà del professore di portare avanti uno studio sull’Algeria degli anni promettenti e visionari della guerra di liberazione, mentre fuori infuria una terribile guerra civile accompagnata dal terrorismo islamico di cui Rivlin con i suoi studi cerca di individuare i prodromi.
La svolta che conduce all’epilogo degli eventi è la rinuncia al possesso della verità, ovvero l’affidamento della verità ai palestinesi che custodiscono fedelmente i segreti degli ebrei. Il segreto dietro il precoce divorzio, infatti, risulta essere la relazione incestuosa tra Tehila, la sorella di Galia, e il defunto padre. Che Ofer abbia scoperto casualmente questo segreto è un fatto che inquieta la moglie Galia tanto da indurla a chiedergli la separazione definitiva. Sono i personaggi arabi ad aiutare il lettore a comprendere cosa sia successo al figlio di Rivlin, quale sia la ragione del suo turbamento e cosa abbia indotto la moglie a lasciarlo. Ofer non ha avuto un’allucinazione quando ha visto il padre di Galia a letto con la figlia, perché un’altra persona lo conferma, cioè Fuad il cameriere, che ha il passe-partout di tutte le porte dell’hotel. Fuad diventa il custode fidato del drammatico segreto al punto che l’arabo, sua lingua madre, incespica a causa dei frequenti rapporti con gli ebrei. Per promuovere la convivenza tra israeliani e palestinesi in questo romanzo Yehoshua impone dunque al protagonista ebreo di rinunciare a detenere la verità.
Come è noto lo scrittore israeliano amava servirsi delle dinamiche familiari come metafora per affrontare in profondità le spinose questioni politiche e sociali che affliggono la nazione ebraica. In questo caso l’incesto rappresenta una verità fondamentale del comportamento di ebrei e israeliani, che tendono a sposarsi tra di loro pur di non ammettere estranei. Trattandosi tuttavia di una verità dolorosa, penosa e difficile da affrontare, essi preferiscono ignorarla e rinunciare a possederla affidandola a custodi fedeli, cioè ai palestinesi.
Per meglio comprendere l’incesto di cui parla Yehoshua potremmo ricorrere al lavoro degli studiosi israeliani Adi Ophir e Ishay Rosen-Zvi pubblicato nel volume Goy: Israel’s Multiple Others and the Birth of the Gentile (Oxford University Press, 2018) che attribuisce alla letteratura rabbinica la costruzione della netta concezione binaria che ancora oggi contrappone l’ebreo al non ebreo, dicotomia assente nell’epoca biblica e in quella post-biblica del Secondo Tempio. Ripercorrendo lo sviluppo del termine e della categoria del goy, “il non ebreo”, dalla Bibbia alla letteratura rabbinica Ophir e Rosen-Zvi mostrano che la concezione del non ebreo è nata molto più tardi di quanto suppongono gli studiosi, ovvero non prima del I secolo d.C. Spiegano che il concetto astratto di “gentile” sarebbe apparso per la prima volta nelle Lettere di Paolo, ma solo nella letteratura rabbinica esso divenne il centro di una struttura stabile e di lunga data che coinvolgeva Dio, la Halakhah (il diritto ebraico), la storia e la salvezza. Gli autori raccontano questo sviluppo attraverso analisi cronologiche dei vari testi biblici e postbiblici (compresi i rotoli del Mar Morto, il Nuovo Testamento e la prima patristica, la Mishnah e il Midrash rabbinico) e analisi sincroniche di diverse strutture discorsive. Esaminando alcune delle rappresentazioni nella cultura ebraica contemporanea in Israele e negli Stati Uniti, lo studio si conclude con un esame della straordinaria resilienza della divisione ebreo/goy e si chiede come sarebbe l’ebraismo senza il gentile come contrasto binario. Ophir e Rosen-Zvi sostengono dunque che i rabbini cercarono di stabilire linee precise per separare la loro comunità dagli altri stabilendo un Altro chiaramente definito.
Più in generale nella loro inaudita violenza i massacri del 7 ottobre e il drammatico conflitto in atto a Gaza hanno avuto come effetto secondario anche quello di sputare fuori molte delle scomode verità di Israele, che da mesi sono sotto gli occhi di tutti, tutti salvo gli israeliani stessi che non riescono ancora a fare i conti con i tabù preferendo nascondere la testa sotto la sabbia. Pensiamo per esempio alle violenze e torture subite dai detenuti palestinesi a Sdè Teiman, recentemente documentate in un inquietante report di interviste dall’organizzazione B’Tselem. Benchè sia difficile sottrarsi alla nausea anche solo leggendo nell’inserto del quotidiano Haaretz di questo fine settimana le testimonianze di soldati e riservisti che hanno prestato servizio nel campo di prigionia, per la maggior parte dell’opinione pubblica ebraica si tratta ancora di una distorsione della realtà, come la spinosa questione delle cosiddette detenzioni amministrative e in generale i trattamenti riservati ai palestinesi nelle carceri. A complicare le cose la minaccia della nuova rappresaglia iraniana e l’allargamento del conflitto a nord con Hezbollah che nelle ultime settimane stanno letteralmente logorando il sistema nervoso degli israeliani già esausti.
Per quanto prezioso, dunque, il lavoro di documentazione delle violazioni dei diritti umani sembra destinato maggiormente ad alimentare le critiche a Israele, o peggio l’antisemitismo, nel resto del mondo, mentre all’interno del paese viene visto come un oltraggio o cade nel vuoto come in un dialogo tra sordi. D’altra parte, il fatto che la salvezza di Israele non verrà quasi certamente dalla sinistra radicale, era cosa assodata già ai tempi della rivoluzionaria organizzazione socialista e antisionista Matzpen attiva negli anni ‘60 e ’70, i cui membri avevano ampiamente messo in guardia e denunciato le pericolose dinamiche oggi in atto. Ancora oggi quindi la sinistra radicale sembra fallire miseramente nell’approccio verso la società allargata, perennemente occupata dalla logorante guerra civile tra le sue diverse componenti. È verosimile che la speranza di Israele sia riposta in un movimento di centro che riesca a dialogare anche con le componenti conservatrici. Ma soprattutto è impossibile pensare di traghettare la società fuori dal girone infernale in cui è precipitata senza una profonda comprensione della storia e del pensiero ebraico in tutte le sue sfaccettature. In sede di ricostruzione, per favorire un cambiamento di consapevolezza e lo sviluppo di una nuova coscienza negli anni a venire, il rispetto dei diritti umani e civili, la fine dell’occupazione e la rieducazione al rispetto dell’altro dovranno andare di pari passo con lo studio dell’evoluzione delle categorie ebraiche che in determinate circostanze storico politiche hanno contribuito alla drammatica situazione attuale. Non basta allora un nuovo governo per Israele, bensì c’è da auspicare una rivoluzione dell’intero sistema scolastico.
Nell’immagine: il famigerato carcere israeliano di Sde Teiman
Una grande Svizzera rischia di non andare ai mondiali per la follia di Garcia e Akanji
Grande attesa per il primo incontro tra il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, e il presidente della Federazione russa, Vladimir Putin, a Ginevra. Ma cosa bisogna aspettarsi?