di Massimo Basile, La Repubblica
Il passato continua a tornare a galla e a riscrivere la storia di J. D. Vance, scelto da Donald Trump come candidato vicepresidente dei Repubblicani e che ogni giorno aggiunge un nuovo capitolo alla sua rapida metamorfosi. Sofia Nelson, difensore d’ufficio a Detroit, che ha frequentato il corso di legge a Yale con Vance e si definisce persona transgender, ha mostrato al New York Times una novantina di email e messaggi, scritti tra il 2014 e il 2017, in cui emerge come Vance non fosse solo un forte oppositore di Trump, definito pubblicamente un “Hitler”, ma affettuoso amico di Nelson e avesse accettato serenamente la sua condizione di persona transgender, dando il suo sostegno.
La relazione, però, si è incrinata nel 2021 dopo che Vance aveva dichiarato pubblicamente di appoggiare la decisione dell’Arkansas di mettere al bando i trattamenti ormonali per i minori. “Ha raggiunto un grande successo ed è diventato molto ricco – aveva scritto Nelson nel 2017, riferendosi al boom di vendite dell’autobiografia di Vance “Elegia americana” (in inglese “HIllbilly Elegy”) – presentandosi come un ‘Never Trumper’ (mai con Trump, ndr) che spiegava la classe operaia bianca all’élite liberal”. “Ora – aveva aggiunto – sta ammassando ancora più potere esprimendo l’esatto contrario”.
Quando nel 2016 era uscito il libro autobiografico, Vance aveva mandato a Nelson una email per scusarsi, perché nel libro il futuro candidato vicepresidente aveva parlato di Sofia come “lesbica progressista” e non come persona transgender. “Hey, Sofi – aveva scritto – questo è un estratto del mio libro. Te lo mando non per darmi le arie, ma perché sono sicuro che se lo leggerai noterai il riferimento a ‘una lesbica estremamente progressista’”. “Riconosco – aveva aggiunto – che questa definizione non riflette in modo accurato come ti vedi, e per questo mi scuso”. “Spero non te la prenda – aveva concluso – ma se fosse così, scusami. Ti voglio bene. JD”.
Nelson aveva risposto lo stesso giorno, chiamando Vance “buddy”, amico, e ringraziandolo per l’attenzione, aggiungendo: “Se avessi scritto pragmatica gender queer radicale nessuno avrebbe capito cosa intendessi”. Nelson gli aveva chiesto una copia autografa e concluso il messaggio con “Love, Sofia”.
Questo scambio fa parte delle email che i due amici si sono inviati negli anni. Ma ora sono su fronti opposti. Nelson è contro il ticket Trump-Vance e spera che la pubblicazione delle conversazioni private possa gettare nuova luce su un uomo accusato di aver rinnegato tutto il suo passato in nome dell’opportunismo politico.
Tra i messaggi appaiono giudizi corrosivi dati da Vance a Trump in cui lo accusa di “razzismo” e di essere “un essere umano moralmente riprovevole”. L’uomo che emerge è l’opposto del guerriero della destra dura con cui ha conquistato la nomination di vice presidente. Vance aveva dato il suo sostegno a Nelson dopo l’intervento chirurgico per la transizione sessuale. Dopo quell’operazione, il loro rapporto era diventato ancora più saldo. “Il senso delle nostre conversazioni – ha spiegato Nelson al Times – era del tipo: non capisco cosa stai facendo, ma ti sostengo. E questo per me significava molto, perché penso fosse la base della nostra amicizia”.
I due avevano visioni politiche opposte, ma che non avevano compromesso il rapporto. Nelson, che aveva ricevuto una prestigiosa scholarship in legge, proveniva dal Michigan, Vance dall’Ohio. Nelson aveva mostrato sempre più un’inclinazione che andava oltre la tradizionale definizione di Lgbtq, per abbracciare quel genere transgender che è stato attaccato duramente all’ultima convention Repubblicana in cui Vance ha fatto il suo discorso di investitura da candidato vicepresidente.
Eppure per anni i due amici si erano frequentati, avevano discusso serenamente dei temi legati all’identità sessuale, e pensato persino di fare un podcast insieme. Tre anni fa, con la posizione di Vance contro le persone transgender, quel rapporto si è interrotto. La pubblicazione delle email ha segnato un punto di non ritorno e una violazione della privacy. “E’ una scelta sventurata – ha commentato un portavoce del senatore – rivelare al New York Times vecchie conversazioni tra amici. Il senatore Vance considera le sue amicizie con le persone al di là dello spettro politico”. “Vance – ha aggiunto – ha già chiarito come il suo punto di vista di un decennio fa sia cominciato a cambiare quando è diventato padre e ha messo su famiglia e ha spiegato ampiamente perché ha mutato idea su Trump”. “Nonostante questo dissenso – ha concluso – il senatore Vance tiene a Sofia e augura a Sofia il meglio”. Il portavoce non ha usato pronomi per riferirsi a Nelson.
Vance, 39 anni, si è sposato nel 2014 con Usha Chilukuri, avvocata californiana figlia di immigrati indiani nel 2014. Nel 2017 è nato il primo figlio, Ewan. Nel 2020, il secondo, Vivek, e tre anni fa, Mirabel. La visione di Vance ha vissuto una veloce trasformazione e non solo sull’identità di genere.
Riguardo la polizia, il futuro senatore era su posizioni tipo Black Lives Matter: “Odio la polizia – aveva scritto a commento dell’uccisione di un giovane afroamericano, Michael Brown – e viste le numerose esperienze negative che ho avuto negli anni, non riesco immaginare cosa possa passare un ragazzo nero”.
Nel dicembre 2015 aveva scritto del tycoon, candidato presidenziale: “Sono ovviamente indignato dalla retorica di Trump e preoccupato di come cittadini musulmani possano sentirsi nel nostro Paese. Ma penso che la gente abbia sempre creduto alle più grosse str…”. “E c’è sempre stata – aveva aggiunto – la demagogia di voler sfruttare la gente che crede a queste grosse str…”. “Più i bianchi vogliono votare Trump – aveva commentato un’altra volta – più i neri sono destinati a soffrire. Lo credo davvero”. In un’altra email aveva definito Trump un “disastro”. “E’ proprio un uomo cattivo”, aveva aggiunto. “Penso che tu sia l’unica persona liberale – aveva confessato a Nelson poco dopo – con cui sono amico e con cui posso parlare apertamente di politica nel suo senso più profondo”.
Nell’immagine: J.D.Vance