L’economia macabra trionfa
È l’economia dei morti ammazzati: che aiuta per esempio Putin nella guerra contro l’Ucraina e certo non lo spinge a negoziare
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È l’economia dei morti ammazzati: che aiuta per esempio Putin nella guerra contro l’Ucraina e certo non lo spinge a negoziare
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• – Redazione
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• – Redazione
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• – Michele Ferrario
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• – Franco Cavani
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• – Redazione
È l’economia dei morti ammazzati: che aiuta per esempio Putin nella guerra contro l’Ucraina e certo non lo spinge a negoziare
A chi legge in queste settimane articoli o resoconti di alcuni quotidiani o di periodici economici inglesi o anche francesi, punti di riferimento credibili ed essenziali, trova un esempio, puntualmente documentato, di economia macabra in quella che definiamo “la guerra in Ucraina”.
Se ne deduce una prima constatazione: un soldato russo morto vale molto di più di un lavoratore russo vivo o perlomeno la sua morte, per la sua famiglia, sarà più redditizia del suo avvenire. Dapprima è il marketing più sfrontato a portare uomini al fronte. “Raggiungi i tuoi”, “Sii un eroe”, “Difendi la terra di Kursk” (quella russa ora invasa dagli ucraini). “Se porti un compagno o un amico all’ufficio militare di reclutamento, riceverai un premio di 100 mila rubli” (quasi mille franchi, per l’esattezza 972) dice la nuova campagna lanciata lo scorso 12 luglio nel Tartastan, situato all’est di Mosca e grande fornitore di reclute. C’è grande bisogno e domanda di uomini pronti anche alla morte. Per attirare maggiormente volontari, il presidente Putin ha deciso di raddoppiare il “soldo”mensile dei contraenti: da 195 mila rubli a 400 mila, sei volte più del salario medio di un lavoratore russo. Non è però tutto: si aggiunge infatti un premio forfettario di 1,2 milione di rubli (quasi centomila franchi) versato al momento dell’impegno assunto. Somme non imponibili fiscalmente, accompagnate da altri privilegi offerti ai combattenti e alle loro famiglie, come crediti immobiliari a tassi preferenziali, accesso a prestigiose università senza esami preliminari, una pensione confortevole e soprattutto uno statuto sociale.
Si potrebbe dire che è la classica “roulette russa”: punti sul fatto che la fortuna ti eviterà il colpo mortale e domani starai bene, tu e la tua famiglia. E sembra che in poco meno di un anno 200 mila abbiano scommesso sulla propria vita. Eppure la morte è più presente che mai se, solamente sul fronte del Donbass, le forze russe perdono sino a mille soldati al giorno, stando agli analisti militari occidentali. E tenendo anche conto che lo Stato di Putin compensa le famiglie a condizione che le spoglie del soldato siano state recuperate e verificate, ciò che non è sempre il caso (sembra infatti che un terzo dei morti non siano identificati).
Si calcola che per il pagamento del soldo e di vari premi lo Stato russo spenda tra i 1.500 e i 2.000 miliardi di rubli all’anno.
L’economia macabra si vestirebbe in tal modo della miglior dottrina keynesiana del deficit spending. In parole povere: distribuendo lo Stato tutte quelle enormi somme, sia con l’economia di guerra, sia con la rimunerazione dei contratti di arruolamento, si favorisce lo sviluppo economico attraverso la stimolazione della domanda. Insomma, una crescita ampiamente trainata dal consumo. E infatti il prodotto interno lordo della Russia è cresciuto del 4 per cento, sull’arco di un anno, nel secondo trimestre e la disoccupazione non ha mai raggiunto un livello così basso (2.6 per cento). E questi dati devono essere talmente reali e credibili che la stessa Banca Mondiale ha collocato, in luglio, la Russia sulla lista dei Paesi “a reddito elevato”. Sembra inoltre che l’economia russa non sia mai stata meglio, nonostante le sanzioni occidentali, comprese quelle svizzere. Per un motivo anche semplice: ridotta al massimo la fuoriuscita dei capitali a causa delle sanzioni, la domanda interna si è notevolmente sviluppata, soprattutto nei servizi, e il bilancio statale riesce ad incassare maggiori entrate.
L’”economia della morte” ha però un grave limite: si è creato un surriscaldamento economico e le riserve di manodopera e di capacità di produzione si sono presto esaurite, mentre l’inflazione, o l’aumento generalizzato dei prezzi, è partita al galoppo (più 9.13 per cento secondo le stesse informazioni del Rosstat, il servizio federale russo di statistica). Anche perché si è aggiunta una concorrenza feroce tra esercito e imprese per reclutare manodopera; infatti, le fabbriche del complesso militare-industriale (VPK) girano a pieno regime, ventiquattro ore su ventiquattro (520 mila lavoratori hanno lasciato le imprese civili a profitto dell’industria delle armi, dove i salari sono più allettanti, secondo lo stesso ministro Manturov). Così l’economia macabra, quella della morte, finisce per trovarsi nel problema più paradossale: mancano braccia vive.
Durerà? È la questione che ci si pone. Anche la risposta è però paradossale: Putin non ha nessun interesse a invertire la rotta, a rompere con l’economia macabra, a far scoppiare questo tipo di crescita economica: sia perché la popolazione sarebbe la prima a pagarne le conseguenze, sia perché nel Paese intero c’è la certezza di beneficiarne.
Ed è così che la militarizzazione dell’economia russa o l’economia macabra non lasciano molte prospettive di una fine della guerra in Ucraina. La Russia, nonostante le sanzioni occidentali ed anche in spregio dei suoi morti “valorizzati”calcolati a bilancio, può beneficiare di una crescita continua per almeno cinque o sei anni, molto più tempo di quanto l’Ucraina o gli Occidentali possono ancora sopportare.
Nell’immagine: Michael Wolgemut, “Danse Macabre” (1493)
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