Due compleanni importanti – e, di questi tempi, rari – li festeggiano, nel 2024, la Libreria Casagrande di Bellinzona, che compie il secolo di vita, e le Edizioni Casagrande, concepite (correva il 1949) proprio negli spazi della libreria, che ne compie 75.
Due anniversari che vanno sottolineati con plauso, stima, riconoscenza e che la stessa casa editrice ricorda nel libro (definito con understatement “volumetto” nel comunicato stampa), fresco di stampa, Cent’anni di libri e di libertà, curato per l’occasione da Sara Groisman: una cronistoria dell’azienda, corredata di un ricco apparato fotografico e di una non meno ricca appendice che ripercorre le collane principali completando così i due Cataloghi generali (1977 e 1999) che Libero Casagrande (1929-2023), fondatore delle Edizioni, artefice della loro informatizzazione e papà dell’attuale direttore generale Fabio (arrivato nel 1989), fece pubblicare in occasione del 50esimo.
Chi, dunque, voglia (ri)vivere tutte le tappe di questa storia centenaria ha in mano un nuovo, agile strumento (168 pp. 10 CHF) che tocca sinteticamente tutti gli snodi del lungo percorso: si parte dal 1924 e dalla prima sede della libreria, in via Codeborgo (in cui si vendeva anche materiale di cartoleria, si assicurava un servizio di rilegatura e si fabbricavano cornici), si fa tappa nella nuova (1931) sede su Viale Stazione (nel cui retrobottega Libero Casagrande, non ancora ventenne, installò, nel 1949, una vecchia macchina tipografica con cui iniziò a comporre e stampare libri: il primo fu il catalogo Bovini di razza bruna iscritti nel libro genealogico svizzero) e si arriva, attraversato il secolo breve, ai giorni nostri e alle varie iniziative in atto per l’occasione.
La più importante, in ottica editoriale, è la nascita della nuova collana Tascabili, che ripropone, a prezzo ridotto, alcuni capisaldi pubblicati da Casagrande nel corso della sua storia. Prime uscite, La disdetta, di Anna Felder (apprezzato da Italo Calvino, pubblicato nel 1974 da Einaudi), e Il fondo del sacco, di Plinio Martini (nella versione commentata da Matteo Ferrari e Mattia Pini), la cui prima edizione risale al 1970, da allora ripubblicato almeno 25 volte. Imminente anche la riedizione di Il pensionato (1996), di Friedrich Dürrenmatt, che l’editore bellinzonese pubblicò per la prima volta nel 2000.
Il secolo di Casagrande è segnato da altre tappe, altri incontri, altre collaborazioni letterarie, altre iniziative imprenditoriali virtuose: la fondazione della rivista Archivio Storico Ticinese insieme a Virgilio Gilardoni (1960); il coinvolgimento di tre poeti molto apprezzati (Giovanni Bonalumi, Giovanni Orelli e Giovanni Raboni) per la creazione di due collane-pilastro della casa editrice: Versanti (per la poesia, che ha ospitato, nel 1985, l’esordio di Fabio Pusterla) e La salamandra (per la prosa). Nel 2013 Fabio Casagrande inizia a collaborare con il Museo Cantonale d’Arte (oggi MASI), tanto che le arti e la fotografia sono sempre più presenti nel catalogo (l’elenco è alle pp. 158-160 del libro commemorativo citato sopra). Nel 2015, unica a concorrere, una società anonima costituita da Casagrande e Salvioni si aggiudica la gestione della nuova libreria (non chiamatelo bookshop!) all’interno del LAC di Lugano.
Viste dall’esterno, insomma, le Edizioni Casagrande trasmettono un’impressione di solidità, chiarezza di vedute, apertura, consapevolezza di esercitare un ruolo essenziale nel dibattito culturale e civile: quello di mettere a disposizione dei testi di cui discutere, sui quali confrontarsi, grazie ai quali conoscersi, riconoscersi o, al contrario, poter dissentire arricchendo il dibattito stesso e la formazione delle opinioni. In questo senso e con questo ruolo, anche l’editoria è da considerarsi pienamente un servizio pubblico; proprio in quest’ottica, come non sostenere, di fronte alle difficoltà e agli appelli degli editori (di libri così come di giornali e riviste), nuove forme di finanziamento pubblico che li aiutino a stare in piedi e a garantire che ognuno possa far capo, anche in futuro, a questi strumenti essenziali? Che, cioè, non debbano essere pagati prezzi insostenibili ai più per l’acquisto di un quotidiano, di un romanzo, di un saggio, di una raccolta poetica? Prezzi (di un libro, di un quotidiano, di una rivista) di fronte ai quali la lusinga-trappola dell’apparente gratuità (oltre che della brevità, della faciloneria, della finta democrazia dei social che spingono chiunque a credere di sapere già tutto e di potersi esprimere liberamente su tutto) rischia di travolgerci. E allora non saranno più Cent’anni di libri e libertà, ma di solitudine e buio.
Uno degli aspetti – nella collana Scrittori; parola chiave apertura – che positivamente colpiscono sfogliando il catalogo di Casagrande è la nutrita presenza, in traduzione, di decine di autori delle altre tre Svizzere (mentre opere di scrittrici e scrittori della Svizzera italiana edite a Bellinzona sono state a loro volta sostenute, promosse e poi tradotte in lingua tedesca e francese grazie anche al sostegno della Fondazione ch, della cui Commissione di redazione in passato ho fatto parte. La Collana ch compie proprio quest’anno il mezzo secolo di vita e, dal 1974, ha pubblicato ben 339 titoli dando un contributo tangibile di conoscenza, scoperta, comprensione tra tutte le regioni del Paese. Nel maggio 2007 Casagrande pubblicò il primo numero della rivista Viceversa Letteratura che, da allora, presenta annualmente una sintesi dell’annata letteraria svizzera. Matteo Terzaghi, diretto collaboratore di Fabio Casagrande, ha giustamente sottolineato come una casa editrice sia anche officina linguistica e ha richiamato, in quest’ottica, il ruolo avuto, tra il 1990 e il 2000, dal semestrale Idra.
Un altro filone seguito dalle Edizioni Casagrande è quello legato al territorio: sul lungo termine, a contendersi il primo posto tra i libri più venduti sono il già citato Plinio Martini con Il fondo del sacco, la prima traduzione italiana del saggio di David Foster Wallace Roger Federer come esperienza religiosa e, udite udite, il ricettario La mia cucina con le piante selvatiche, di Meret Bissegger, uscito nel 2011, al quale hanno fatto seguito altri due ricettari firmati da questa pioniera del movimento Slow Food. In zona territorio, recentissimo, anche il prezioso Piccola flora del sentiero di Gandria, di Nicola Schönenberger, di cui Naufraghi/e ha parlato qualche settimana fa.
Quello svizzero-italiano, in cui – parola di libraio – l’80% dei titoli venduti è pubblicato in Italia e in cui distribuire oltre confine un titolo pubblicato in Ticino è impresa quasi ciclopica, è un mercato difficilissimo.
In una recentissima intervista su Azione, sollecitato sulla ricetta vincente per resistere, Fabio Casagrande ha risposto così: “una ricetta vera e propria non c’è. Cerchiamo sempre di pubblicare buoni libri; se l’alchimia del momento è buona, è possibile che la risposta del pubblico sia positiva. Ma c’è sempre qualcosa di imponderabile in tutto questo”.
Nell’immagine: il fondatore della Casa editrice Libero Casagrande