Lo Zar apre a chi combatte i gay e la democrazia
Di Anna Zafesova, La Stampa Nel «grande scambio» dei dissidenti russi con le spie e i killer di Vladimir Putin, avvenuto qualche settimana fa, c’è un piccolo dettaglio passato...
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Di Anna Zafesova, La Stampa Nel «grande scambio» dei dissidenti russi con le spie e i killer di Vladimir Putin, avvenuto qualche settimana fa, c’è un piccolo dettaglio passato...
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C’è silenzio, un silenzio di tomba
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• – Franco Cavani
In alcuni Cantoni gli allievi e le allieve sono tornati in questi giorni sui banchi di scuola. Quest’anno, però, molti di loro hanno dovuto dire addio al telefonino, non più solo alle elementari ma anche alle medie
• – Redazione
Il leader insoumise spinge Castets, ma gli alleati del Nuovo fronte popolare bocciano la minaccia di destituzione. Venerdì l’Eliseo riprenderà le consultazioni per formare il nuovo governo
• – Redazione
C’è un disperato bisogno di una difesa delle società aperte e delle democrazie liberali
• – Redazione
Senza il lavoro spesso ripetitivo e alienante degli esseri umani l’IA non sarebbe in grado di interpretare i dati che le vengono sottoposti
• – Redazione
Perché il lavoro di documentazione della violazione dei diritti umani, all’interno di Israele viene vissuto come un oltraggio o cade nel vuoto come in un dialogo fra sordi
• – Sarah Parenzo
Come nel 1948 radere al suolo città e villaggi serve a ostacolare la rinascita della comunità. Netanyahu è l’unico primo ministro israeliano, dagli anni ’70 a oggi, a non aver mai portato a termine un accordo con i palestinesi: non c’è motivo di pensare che inizierà ora
• – Redazione
Di Shirin Ebadi, Taghi Rahmani*, La Stampa Le prigioniere politiche iraniane stanno subendo una repressione brutale nella sezione femminile del carcere di Evin. Come attiviste e...
• – Redazione
Nel «grande scambio» dei dissidenti russi con le spie e i killer di Vladimir Putin, avvenuto qualche settimana fa, c’è un piccolo dettaglio passato abbastanza inosservato. Ilya Yashin l’ha raccontato nella sua intervista dopo il ritorno in libertà all’intervistatore-star Yuri Dud, sul suo canale YouTube: sull’aereo a bordo del quale i prigionieri del Gulag venivano portati ad Ankara per lo scambio, gli ostaggi americani e tedeschi erano stati fatti accomodare nella Business class, e l’ufficiale che teneva d’occhio l’oppositore russo a un certo punto si è accomiatato da lui scusandosi: «Sono stato promosso, mi mandano a scortare gli americani».
Una classifica che ogni russo, ogni ex sovietico, ha assorbito fin da piccolo, in una subalternità piena di risentimento che era stata riassunta nel motto di Nikita Krusciov «raggiungere e superare», una ammissione dell’arretratezza di Mosca che il suo pur timido «disgelo» aveva reso palese. «Loro», come vengono chiamati gli «stranieri», per i quali normalmente si intendono gli occidentali, possono venire odiati, osteggiati, combattuti. Ma la consapevolezza che rimangono un modello da invidiare rimane perfino nei momenti di maggior isolazionismo nazionalista della storia russa. Il decreto n. 702 firmato da Putin, che concede permessi di soggiorno agevolati nella Federazione Russa a cittadini di Paesi occidentali che «rifiutano la politica dell’imposizione di principi ideologici neoliberali», nasce dallo stesso desiderio di competizione. Almeno un milione di cittadini russi è fuggito dalla Russia dopo l’invasione dell’Ucraina, e le pubblicità più gettonate anche sui canali YouTube di blogger fedeli al regime come Ksenia Sobchak promuovono agenzie che permettono di dotarsi di un permesso di soggiorno in Romania, o almeno di un passaporto turco. Il sogno impossibile di milioni di russi è «uekhat», andarsene (in un’accezione del verbo che implica il «per sempre»). E quando il Cremlino apre le porte a rifugiati «ideologici» che vogliono «compiere una libera scelta a favore di un legame spirituale, culturale e legale» con la Russia, e i suoi «valori spiritual-morali tradizionali», lo fa per cercare di fare buon viso a un gioco già perso.
Inevitabile fare ironie sui potenziali candidati all’asilo politico in Russia per le vittime del liberalismo. Ogni Paese occidentale, dall’Italia alla Germania agli Usa, potrà stilare una propria lista di politici e opinionisti – prevalentemente di destra ma non solo – che a parole preferiscono Mosca all’Occidente «depravato». Difficile però che si formi una coda agli sportelli dell’ufficio immigrazione. I simpatizzanti del Cremlino non fanno di solito una buona fine, come ricorda la storia degli idealisti (all’epoca prevalentemente di sinistra) che avevano scelto l’Urss per finire nel Gulag, o scapparne delusi dopo pochi anni, come Lee Harvey Oswald, l’assassino di John Kennedy. Del resto, anche «immigrati» di lusso come Gerard Depardieu, che aveva preso il passaporto russo per sfuggire alle supertasse di François Hollande, o Steven Seagal, che non si perde una parata in piazza Rossa, preferiscono godersi il declino dell’Occidente
Nell’immagine: Putin, “difensore dei valori spiritual-morali tradizionali”, bacia un’icona
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