Di Nathalie Tocci, La Stampa
Un’incursione ucraina a Nikolayervo Daryino e Oleshnya nella regione russa di Kursk: i dettagli sono ancora fumosi, e il governo ucraino non ha commentato l’attacco, ma fonti russe parlano di circa mille soldati e decine di carri armati e veicoli da combattimento che avrebbero oltrepassato il confine tra Ucraina e Russia. Laddove questi dati fossero confermati, non sarà la prima ma sicuramente la più grande incursione ucraina in territorio russo. Inoltre, mentre le incursioni in passato non erano guidate dall’esercito di Kyiv, bensì da cittadini russi dissidenti, appoggiati dall’intelligence militare ucraina, ora l’operazione sembrerebbe condotta direttamente dall’esercito ucraino. Considerando da un lato la situazione complicata degli ucraini sul fronte Est di Donetsk, e dall’altro il dibattito sull’utilizzo di armi occidentali in Russia, che, sebbene superato tra i tutti i principali alleati della Nato (fatta eccezione dell’Italia, che continua a essere contraria all’utilizzo delle armi occidentali in territorio russo), potrebbe essere riattivato a discapito di Kyiv, l’azione ucraina, se confermata, potrebbe apparire avventata, se non folle.
Ma cerchiamo di capirne le possibili motivazioni. Primo, quella politica. Da oltre un anno, un elemento della strategia difensiva dell’Ucraina mira a rendere la guerra un costo politico per Mosca. Una guerra dalla quale Putin trae solo vantaggio non è una guerra che finirà. Infatti, una buona fetta della spiegazione per cui l’invasione russa dell’Ucraina va avanti è precisamente perché Putin ne ha tratto e ne continua a trarre vantaggio. Portare la guerra in Russia, esponendo le faglie nella sicurezza del Paese, specie nelle zone di confine, contribuisce ad aumentare i costi politici della guerra, nonché a scalfire l’immagine di sicurezza che Putin vuole trasmettere al suo popolo.Ricordiamo che Kursk è a Nord-Est di Sumy in Ucraina, sotto bombardamento costante della Russia da oltre due anni, con migliaia di sfollati ucraini. Per un’opinione pubblica ucraina, demoralizzata dal fatto che da mesi non vede risultati sul campo, un’operazione del genere potrebbe avere come scopo politico anche quello di risollevare il morale interno.
Secondo, la ratio militare. Proprio perché l’esercito ucraino è in difficoltà nell’Est, alla luce dell’insufficienza e della lentezza della fornitura di armi dall’Occidente, un attacco in territorio russo potrebbe aiutare a distrarre e deviare risorse militari russe dal fronte orientale dell’Ucraina alla protezione del territorio russo. È una tattica che naturalmente comporta un costo anche per l’Ucraina: così come le risorse militari russe sono state costrette a deviare verso Kursk, così le risorse militari ucraine sono state reindirizzate verso la Russia: la coperta è corta per tutti, e semmai è più corta per l’Ucraina di quanto non lo sia per la Russia. Detto questo, l’azione militare ucraina in Russia potrebbe essere stata condotta da risorse ucraine nella regione di Sumy, e mirate ad anticipare e quindi a prevenire una possibile offensiva russa a Sumy di cui si discute da mesi.
Terzo e ultimo, la possibile ratio diplomatica. Recentemente il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, leggendo il sentiment della comunità internazionale e un possibile spostamento della propria opinione pubblica, ha lasciato trapelare una certa apertura all’idea di un negoziato. L’opinione pubblica ucraina infatti appare meno restia all’idea che in passato, nonostante rimanga fermamente contraria all’idea di cedere i propri territori. Nella regione di Kursk ci sono due risorse chiave: la centrale nucleare di Kursk e lo snodo del gasdotto che porta il gas russo in Europa. Non sappiamo se gli ucraini abbiano raggiunto (né se vogliano o possano raggiungere) questi obiettivi, tanto meno se sarebbero in grado di trattenerli qualora dovessero riuscirci. Ma laddove riuscissero a occupare asset strategici russi, questi (così come i circa quaranta soldati russi che l’esercito ucraina pare abbia catturato), sicuramente rappresenterebbero merce di scambio preziosa in un eventuale negoziato in futuro.
Ad oggi sappiamo ancora troppo poco sulla dinamica precisa dell’operazione. Ancora meno sappiamo della sua efficacia e sostenibilità. Potrebbe rivelarsi un flop gigantesco oppure una mossa geniale per riequilibrare la dinamica politica, militare e chissà forse anche diplomatica in futuro. Sicuramente è una mossa ad alto rischio, seppur un rischio mirato – e questo è bene ricordarlo sempre – alla difesa dell’Ucraina da un’invasione militare ormai in corso da oltre due anni.