Di Anna Maria Merlo, il manifesto
Il Nuovo Fronte Popolare è arrivato in testa alle legislative anticipate e 60 giorni dopo il voto, dopo settimane di indecisioni, voilà la surprise du chef: Emmanuel Macron ieri a metà giornata ha nominato primo ministro Michel Barnier, esponente di Lr, il partito che è arrivato praticamente ultimo alle elezioni, 6,5% al primo turno e 47 deputati. Indignazione a sinistra, «crisi di regime» per il socialista Olivier Faure, «voto rubato» per Jean-Luc Mélenchon, a favore di uno «xenofobo» secondo la France Insoumise, «gesto del braccio ai francesi» per il Pcf, «uno scandalo» per i Verdi, che ricordano che Barnier non ha preso posizioni a favore di un «fronte repubblicano» contro l’estrema destra. Ma anche «inquietudine» per Greenpeace e altre ong écolo. Freddezza a Renaissance, il partito di Macron, che rifiuta di «fare un assegno in bianco» al nuovo primo ministro. Per Marine Le Pen, invece, «sembra rispondere al primo criterio che abbiamo reclamato, cioè è un uomo rispettoso e capace di rivolgersi al Rassemblement National, che è il primo gruppo all’Assemblée Nationale, in modo eguale agli altri gruppi» (Rn ha appena bocciato un altro di destra, Xavier Betrand).
BARNIER ha due qualità agli occhi di Macron: potrebbe evitare di cadere a causa di una “censura” immediata all’Assemblée Nationale, perché il Rassemblement National ha dichiarato di avere una posizione attendista, «giudicheremo sul discorso di politica generale» dicono all’estrema destra. E poi, visto il suo background, non cambierà politica economica, anzi, non solo non disferà la scelta pro-business (e le pensioni, era per i 65 anni) ma con la finanziaria 2025 potrebbe anche imporre un giro di vite sulla spesa pubblica per far fronte al debito di 3160 miliardi e alla procedura per deficit eccessivo avviata a Bruxelles contro la Francia.
La principale qualità di Barnier, 73 anni, è di essere un uomo che cerca il consenso, è lui che ha negoziato la Brexit: personalità liscia, calma, potrebbe portare in Francia il metodo di Bruxelles. «Essere settari è prova di debolezza» ha affermato al passaggio dei poteri a Matignon. Per evitare la caduta immediata c’è stata una trattativa dietro le quinte con l’estrema destra? Ci sono sospetti. Non dovrebbero però esserci ministri del Rassemblement National, ma potrebbero esserci promesse di vario tipo, forse la “dose” di proporzionale per il prossimo appuntamento elettorale (che potrebbe arrivare già la prossima estate) e l’impegno per un indurimento dell’applicazione della legge sull’immigrazione, che già Marine Le Pen aveva giudicato «una vittoria ideologica» dell’estrema destra.
MICHEL BARNIER è un uomo politico di lungo corso, ha iniziato come consigliere locale in Savoia nel 1973, quando il presidente era Georges Pompidou. Ha organizzato le Olimpiadi di Albertville nel 1992. Non è però molto conosciuto dai francesi, benché sia stato più volte ministro dagli anni ’90 (affari europei, ambiente, agricoltura, esteri). Ma è stato commissario europeo più a lungo che ministro in Francia (affari regionali 1999-2004 e mercato interno 2010-14, nella Commissioni Prodi e Barroso). Avrebbe desiderato succedere a Jean-Claude Juncker alla testa della Commissione nel 2019, ma la scelta di Macron allora era caduta su Ursula von der Leyen (e Barnier ha conservato un po’ di dente avvelenato contro il presidente, ma sempre mantenendo un controllo di sé). La scelta di Barnier è stata determinata anche dall’obiettivo di rassicurare Bruxelles. Ieri, Ursula von der Leyen si è congratulata con Barnier, che «ha a cuore gli interessi della Francia e dell’Europa». Barnier è il negoziatore della Brexit, un accordo raggiunto con difficoltà alla vigilia di Natale del 2020, un testo di 1600 pagine definito «loose-loose» dallo stesso Barnier, ma che aveva trovato una via d’uscita alla delicata questione irlandese, anche se restano dei punti controversi e non del tutto conclusi. Nelle istanze comunitarie esiste un enigma Barnier: da uomo di consenso, percepito come europeista fedele, nel 2022, per ragioni elettoralistiche opportuniste in Francia, aveva gettato nello sconcerto gli europeisti prendendo posizioni ambigue: per difendere una posizione dura contro l’immigrazione aveva attaccato la Corte di Giustizia europea, in nome della difesa di una «sovranità giuridica» nazionale. Una posizione ex post vicina a quella dei britannici.
APPENA CONOSCIUTA la scelta di Macron, «di buon augurio» per il Medef (la Confindustria francese), la Borsa ha festeggiato, in rialzo in particolare i titoli bancari. La Fnsea (Confagricoltura francese) si congratula e ricorda che «l’agricoltura deve essere la priorità» del nuovo governo, anche se Barnier non è molto amato dagli agricoltori perché all’ambiente aveva promosso una limitazione dei pesticidi. Con Barnier dovrebbe essere escluso un ritorno all’Isf (patrimoniale), che oggi esiste solo per i beni immobiliari. Dopo due mesi di tergiversazioni, adesso i tempi dovrebbero accelerarsi per la formazione del governo, che potrebbe vendere l’assalto alla diligenza dei sarkozysti (alcuni già nel governo Attal), per formare una maggioranza, almeno relativa. L’Assemblée Nationale dovrebbe essere convocata in sessione straordinaria, prima dell’avvio ufficiale della legislatura il 1° ottobre.
Nell’immagine: Il nuovo primo ministro Michel Barnier ieri all’Eliseo