Un marziano che volesse cogliere al volo alcuni aspetti oscuri della Svizzera dovrebbe catapultarsi la prossima settimana a Bellinzona. Al Tribunale penale federale (TPF) si terranno due processi che danno una fotografia di due settori tipicamente elvetici. Due settori che, anche per loro stessa natura, sono particolarmente esposti a rischi criminali: quello del commercio di materie prime e quello bancario.
Lunedì 30 settembre alla sbarra della Corte penale del TPF comparirà l’ex responsabile dei finanziamenti di Gunvor, colosso mondiale del commercio petrolifero, operativo da Ginevra. L’uomo è accusato dal Ministero pubblico della Confederazione di corruzione d’agenti pubblici stranieri: si presume abbia partecipato a pagamenti corruttivi a funzionari del Congo-Brazzaville per un totale di oltre 35 milioni di dollari. Per la stessa vicenda vi era già stata la condanna di un trader, nel 2018, e della stessa Gunvor, nel 2019.
Il caso è emblematico di un fenomeno che attivisti e accademici definiscono “maledizione delle risorse”: un Paese ricco di risorse naturali, come il Congo, che resta però tra i più poveri e corrotti al mondo. E tra chi corrompe i corrotti ecco i giganti elvetici del settore, come Gunvor. Per la società fondata da un fedelissimo di Vladimir Putin, Guennadi Timtchenko, la corruzione era parte della cultura d’impresa. «Inerente all’attività commerciale» scrive il procuratore federale Gérard Sautebin. Nello specifico era stato organizzato un articolato sistema di mazzette che sono finite nelle tasche di alcuni intermediari con agganci di alto livello nelle sfere del potere congolese. Mazzette che in parte sono poi arrivate ai cleptocrati che da anni dettano legge a Brazzaville, in particolare la famiglia Sassou Nguesso.
Il caso Gunvor in Congo non è isolato, in un paese – la Svizzera – che è un centro mondiale del commercio di materie prime. La stessa azienda ginevrina è stata condannata in primavera dalla Procura federale per fatti analoghi avvenuti in Equador. Di recente, è stato il turno di Glencore: il gigante basato a Baar (Zugo) è stato condannato per una vicenda di mazzette nell’altro Congo, quello la cui capitale è Kinshasa. A fine anno, poi, toccherà a Trafigura, altro ciclope operativo da Ginevra. La società e tre persone fisiche – tra cui l’ex numero due del gruppo – compariranno di fronte alla Corte penale del TPF per una vicenda di tangenti in Angola.
Altro processo, altra fotografia. Martedì primo ottobre, davanti alla Corte d’Appello del TPF comparirà la prima banca svizzera: UBS. Al centro della vicenda un vasto giro di denaro sporco appartenente ad un potente gruppo criminale bulgaro, guidato dall’ex lottatore Evelin Banev. UBS ha ereditato lo scomodo dossier da Credit Suisse, condannata per questa vicenda nel giugno del 2022. In questi mesi, la banca guidata da Sergio Ermotti ha fatto di tutto per sbarazzarsi di questa imbarazzante successione. Ha chiesto ad esempio che la procedura venga sospesa dato che formalmente Credit Suisse ha smesso di esistere. Richiesta respinta, ma i legali di UBS sono pronti ora a riesumare persino i morti. Nella fattispecie, la ex dipendente di Credit Suisse condannata a fianco della banca nel giugno 2022: UBS ritiene che il decesso della donna, avvenuto nel 2023 quando il suo ricorso era pendente, non permetta alla banca di essere perseguita per un reato di riciclaggio che nessuno, in concreto, ha mai commesso in seno alla stessa. La questione è tecnica e si vedrà cosa diranno i giudici.
Al di là degli aspetti formali, è la natura della vicenda che dovrebbe interessare il nostro caro marziano. Il dibattimento metterà infatti in scena uno spaccato di quanto avveniva in Paradeplatz una quindicina di anni fa. Un romanzo criminale con personaggi cinici e corrotti e palate di soldi sporchi che venivano depositati su conti controllati dai mafiosi bulgari. Soldi che poi venivano poi investiti nel settore immobiliare, anche in Svizzera. Fatti vecchi, si potrebbe obiettare. Certamente. Ma le vie del riciclaggio sono infinite e, forse con modalità meno pacchiane, i soldi sporchi continuino ancora ad affluire nei forzieri svizzeri: lo dimostrano le segnalazioni all’ Ufficio di comunicazione in materia di riciclaggio di denaro, aumentate del 56% nell’ultimo anno.