Novant’anni di Sophia, la stella Loren che ha illuminato il cinema
L’attrice, vero nome di Sofia Costanza Brigida Villani Scicolone, è nata a Roma il 20 settembre 1934: la carriera, gli amori, l’impegno
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L’attrice, vero nome di Sofia Costanza Brigida Villani Scicolone, è nata a Roma il 20 settembre 1934: la carriera, gli amori, l’impegno
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L’attrice, vero nome di Sofia Costanza Brigida Villani Scicolone, è nata a Roma il 20 settembre 1934: la carriera, gli amori, l’impegno
Divina. Stella incontrastata del cinema italiano, star di Hollywood. Sophia Loren festeggia i suoi primi 90 anni, per farlo ha scelto Roma dove venerdì 20 il ministero della Cultura, insieme a Cinecittà, ha previsto una serata speciale, strettamente privata, con ospiti e contributi da tutto il mondo per farle gli auguri. Sophia ci sarà, insieme alla famiglia, e riceverà un riconoscimento da parte della sottosegretaria Lucia Borgonzoni accompagnata dalla presidente di Cinecittà, Chiara Sbarigia. Sarà, questa, solo la prima tappa di un vasto omaggio in programma oltreoceano da parte di Cinecittà che annuncia una sua retrospettiva al Lincoln Center di New York e poi, a novembre, al museo dell’Academy a Los Angeles.
Da Pozzuoli a Roma, il contratto con Ponti
La vita di Sophia Loren è ormai leggenda. Dall’infanzia povera a Pozzuoli sotto la guida di mamma Romilda Villani che la vede come il riscatto delle occasioni perdute (doveva andare a Hollywood ma rimase incinta), ai primi passi sui rotocalchi e nei fotoromanzi fino al Premio Miss Eleganza creato per lei al concorso di Miss Italia nel 1950. Bizzarrie del destino: un’attrice che meglio di chiunque altro ha incarnato la “napoletanità” come essenza della vita e cultura di strada dai valori universali, Sofia Villani Scicolone è nata a Roma il 20 settembre del 1934, figlia del marchese siciliano Riccardo Scicolone Murillo, che riconobbe la bimba ma non sposò mai Romilda.
La sua carriera nel cinema ha tappe tanto precise quanto note: dapprima una quindicina di piccoli ruoli a fianco dei mostri sacri dell’epoca (memorabile la sua apparizione senza veli in Due notti con Cleopatra con Alberto Sordi); poi il concorso di bellezza che la fa notare al produttore Carlo Ponti e il contratto di esclusiva che per lui firma nel 1951: sette anni per diventare una diva internazionale prima col nome di Sofia Lazzaro e poi come Sophia Loren.
1954: l’anno memorabile
Il primo film che farà storia è Carosello napoletano di Ettore Giannini poi a fianco di Totò in Tempi nostri (Alessandro Blasetti), per approdare all’incontro con il suo partner irripetibile, Marcello Mastroianni, in Peccato che sia una canaglia ancora di Blasetti e infine con il suo vero pigmalione, Vittorio De Sica, in L’oro di Napoli, tutti nel 1954. Per Sophia quello resterà l’anno memorabile: da lì comincia tutto, il suo personaggio, la sua anima d’attrice. Dopo essere diventata una diva italiana, degna di rivaleggiare con Gina Lollobrigida di cui prende il posto nel terzo episodio della trilogia Pane amore e… (Dino Risi, 1956), arriva per lei il successo internazionale grazie alla celebre copertina di Life che la incorona come emblema della bellezza mediterranea.
Sophia a Hollywood
Carlo Ponti (che nel frattempo convive con lei dando scandalo perché secondo la legge italiana non può divorziare dalla prima moglie) la accompagna nell’avventura a Hollywood dove troverà partner come Cary Grant (amico fedele e assiduo quanto sfortunato corteggiatore), Frank Sinatra, John Wayne, William Holden, Tony Perkinse perfino Marlon Brando. Nonostante una lunga e fortunata stagione americana in cui si confronta da pari a pari con le dive più popolari come Marilyn Monroe, Liz Taylor, Ingrid Bergman, è tornando a casa che ottiene la consacrazione mondiale, di nuovo grazie ai due soli uomini che nella vita ha tenuto nel cuore oltre al marito: Vittorio De Sica che le fa vincere l’Oscar per La ciociara (1962) e Marcello Mastroianni con cui farà coppia fissa in ben 15 film.
I tre si ritrovarono tutti insieme sul set di Ieri, oggi, domani del ’63 e portarono il film fino all’Oscar per il miglior film straniero e poi in Matrimonio all’italiana dell’anno successivo. La lista dei suoi film indimenticabili è lunghissima, ma un capitolo a parte meriterebbe Una giornata particolare del 1977, quando Ettore Scola la rimette a fianco di Mastroianni per quello che resta forse il più bel film sul fascismo nella storia del cinema italiano.
Dall’Oscar al Leone d’oro: i premi di Loren
Altrettanto lunga è la lista dei premi conquistati in circa 60 anni di attività: dall’Oscar alla carriera del 1991 ai 10 David di Donatello, dalla Coppa Volpi del 1958 (Orchidea neradi Martin Ritt) alla Legion d’onore del ’91, dall’Orso d’oro del ’94 al Leone d’oro alla carriera del ’98. Ma i riconoscimenti sono talmente tanti che nel 2009 è entrata nel Guinness dei primati come l’attrice italiana più premiata di sempre ed è stata coronata nel 2021 dall’ovazione ai David, premiata per il suo ultimo film La vita davanti a sé(diretto dal figlio Edoardo e vincitore all’Oscar per la migliore canzone, di Laura Pausini). Nello stesso anno riceve anche il Nastro di platino dei giornalisti di cinema.
Una vita riservata per i figli e i nipoti
Se la sua vita privata è sempre stata improntata alla massima riservatezza (moglie esemplare, madre felice di Carlo Jr. e Edoardo, nonna di quattro nipotini), quella pubblica è stata burrascosa: dall’ingenuo flirt giovanile con Achille Togliani all’accusa di concubinato per la sua storia d’amore con Ponti fino al cambio forzato di cittadinanza (divenne francese per poter sposare l’uomo della sua vita) e alle accuse di evasione fiscale in cui difese a spada tratta il marito seguendolo nell’esilio americano. Né le è mancato un arresto per frode finanziaria che le costò 17 giorni di prigione a Caserta salvo poi essere interamente scagionata nel successivo giudizio penale.
L’abbiamo amata in 97 film e oltre 120 volte è apparsa nel ruolo di se stessa, compreso il cortometraggio Cosa farebbe Sophia Loren di Ross Kauffman proposto da Netflix nella primavera del 2021 e il bel documentario di Marco Spagnoli del 2022. Oggi salutiamo in lei una donna e una diva che non è possibile separare, tanto ha dedicato al cinema tutta se stessa, portando sullo schermo la sua indole, la sua fierezza, la sua umanità.
Di Alberto Crespi, La Repubblica
Il regista racconta i momenti in cui la sua vita professionale s’è incrociata con quella della diva. “Quando la vidi la prima volta sembrava una dea dell’Olimpo scesa sulla terra. Ero ammutolito”
Gianni Amelio è in tour per presentare il suo nuovo film Campo di battaglia, passato in concorso a Venezia e attualmente al cinema. Ma trova volentieri un momento per parlare di Sophia Loren e farle gli auguri per i suoi 90 anni. E si preoccupa subito su come scriverli, questi auguri. Chi di voi conosce i suoi libri – come Il vizio del cinema, da poco riedito – sa che Amelio, se non fosse un grande regista, sarebbe il miglior critico cinematografico in circolazione. Pochi sanno invece che, se volesse, sarebbe un fenomenale intervistatore e un implacabile redattore capo, in grado di stanare i refusi più tenaci. Per cui, la conversazione su Sophia va così.
Amelio, quando ha visto Sophia Loren al cinema per la prima volta?
«Credo a 12-13 anni, il film era La donna del fiume. Capii subito, anche se ero un bimbo, che era una magnifica attrice. Ma credo che dovremmo porci un’altra domanda: come deve iniziare, questa intervista?».
È vero, l’inizio era banale. Ha altre idee?
«Le faccio io una domanda: qual è l’incipit più bello della letteratura italiana?».
«Quel ramo del lago di Como». O forse, se ci allarghiamo alla poesia, «Nel
mezzo del cammin di nostra vita».
«Ha ragione. Ma rimaniamo al ‘900. L’incipit più bello è quello di Gli indifferenti di Moravia: “Entrò Carla”. Ecco, io vorrei partire da lì. “Entrò Sophia”. Entrò nel cinema italiano con La donna del fiume, con Peccato che sia una canaglia, con Aida dove si limitava ad andare a sincrono con la voce di Renata Tebaldi. Molti notavano solo la sua fisicità. Invece fu, da subito, una grande attrice. Esisteva, non recitava. Perché questa è la grande differenza fra un attore e un interprete. L’attore esiste di per sé, è un fenomeno naturale che non va imbrigliato. È se stesso, mentre l’interprete può essere tutto. Alberto Sordi è un attore; Gassman, Manfredi, lo stesso Mastroianni sono grandi interpreti. Pensa a Marcello in La dolce vita e in Divorzio all’italiana: sono due persone diverse! Quindi, “entrò Sophia”. Ma non solo nel cinema. Anche nella mia vita. In tre momenti che mi piacerebbe raccontare».
Perfetto. Raccontiamoli.
«Dopo che il mio primo film per il cinema, Colpire al cuore, fu proiettato a Venezia nel 1982 la grande avvocata Giovanna Cau, che era l’agente di Loren, Mastroianni e tanti altri, mi chiese se volevo diventare uno dei suoi assistiti. Accettai con entusiasmo. Un giorno ero nel suo ufficio quando, non annunciata, “entrò Sophia”. Fu una folgorazione. Entrò senza che si aprissero le porte, si erano idealmente aperte da sole. Fu l’ingresso di una dea dell’Olimpo scesa sulla terra. Sophia aveva, e ha, una camminata unica: è la camminata di L’oro di Napoli, o dei flashback di Matrimonio all’italiana. La camminata è il primo tocco di un’attrice capace di entrare nel mito. Insomma, “entrò Sophia” e io rimasi ammutolito. Si sedette su una poltrona, accavallò le gambe e con grande umiltà mi disse: ho visto il suo film, è bello; possiamo fare qualcosa insieme? Ha un’idea?».
Ottimo inizio! E tu che hai fatto?
«Credo di aver detto delle cazzate furenti, che mi scambiava per qualcun altro. Poi mi sono dato alla fuga. Perché Sophia ha un’altra qualità: è un vento che può trasformarsi in tornado, e travolgerti. Aveva, e ha, un magnetismo naturale che può anche far paura. Se dovessi sintetizzarla in una parola, direi che è “troppa”. È troppo bella, troppo alta, troppo brava, troppo imponente… e troppo semplice! È un insieme di contraddizioni, è sconcertante. In lei vedi la dea e, contemporaneamente, la ragazzina. È una rarissima miscela di innocenza e peccato, non spiegabile, se non con un’attitudine naturale che l’ha portata a non aver più niente da nascondere. La sua storia, quello che ha vissuto prima del cinema, le ha dato la forza di non avere vergogna di niente. Ti sfida e, un attimo dopo, è ai tuoi piedi. Anche come attrice è così: non recita solo con il pensiero, l’intelligenza e la memoria; è sempre super-preparata ma di fronte alla macchina da presa riesce ad essere sempre nuova, a dimenticare che sta recitando. E questo, ripeto, si vedeva già in La donna del fiume, dove ha vent’anni e interpreta già una mamma. Del resto a ventisei anni, in La ciociara, è credibile come madre di una ragazza adolescente».
Il secondo momento del tuo rapporto con Sophia Loren è noto, l’hai raccontato tu stesso in un capitolo di un altro tuo libro, ‘Un film che si chiama desiderio’ (Einaudi, 2010). Un film scritto per lei e per Mastroianni. Citiamo: «Carlo Ponti mi propose di scrivere e dirigere un film per la coppia. Gli portai un soggetto intitolato Scena madre che si ambientava in una compagnia di teatro napoletano ed era una commedia». Un progetto che arriva poco dopo quel primo incontro nello studio di Giovanna Cau.
«Incontro che Giovanna, ci tengo a dirlo, aveva architettato. Infatti ci fu un seguito. Sophia mi disse che le era molto piaciuto il rapporto padre-figlio in Colpire al cuore e mi chiese di scrivere qualcosa per lei. Scena madre (titolo bellissimo, me lo dico da solo: e infatti sarà il titolo del mio prossimo cortometraggio) era la storia di una capocomica di sceneggiate in tournée a Little Italy, New York. Lì, incontrava un vecchio cialtrone con cui molti anni prima aveva lavorato in Italia, e che ora viveva di espedienti in America. Il ruolo era pensato per Marcello Mastroianni. L’idea piacque sia a lei, sia a Marcello. Scrissi la sceneggiatura, mi pagarono, ma poi la produzione cambiò tutto: per “rispettare” lo status divistico di Sophia volevano ambientarlo a Broadway anziché nel mondo della sceneggiata, lei doveva essere una specie di Rossella Falk, recitare Pirandello, con gli abiti di Valentino… Lì, mi spaventai: pensai con terrore a uno dei pochi film in cui Sophia è clamorosamente fuori parte, I sequestrati di Altona, dove le fanno recitare Brecht. Il progetto è saltato. L’ho incontrata tempo dopo, e mi ha detto: che peccato non aver fatto il nostro film, quando ci hanno messo le mani quelli dello studio la poesia è evaporata…».
Siamo tutti curiosi, a questo punto, di sapere quale sia stato il terzo momento.
«Anni dopo, è lei a propormi La voce umana di Cocteau. Già portato al cinema da Anna Magnani e Roberto Rossellini. Una donna da sola al telefono. Andai a trovarla portandomi dietro Piero Tosi, costumista sommo, un po’ come talismano e un po’ perché lui avrebbe reso Sophia ancora più meravigliosa. Ma sapevo già che non era l’idea giusta per lei. Parlammo, le dissi: troverò una soluzione. Una settimana dopo io e Piero tornammo da lei con questa contro-proposta: lasciamo perdere Cocteau, facciamo Filumena Marturano qualche decennio dopo. Il marito è morto, i figli – per i quali ha lottato tutta la vita – l’hanno abbandonata, forse con lei c’è solo una domestica che non parla nemmeno italiano, e per tutto il tempo Filumena litiga con un telefono cellulare che non è capace di usare. Pensavo di girarlo tutto in un appartamento ricostruito a Cinecittà, con tre-quattro macchine da presa che la seguissero ovunque e ci mostrassero una donna sola, in lotta contro una vita che l’ha tradita negli affetti più veri».
Come reagì?
«Si mise a piangere. Avevamo toccato delle corde profonde. Ci congedò dicendo che era tutto meraviglioso. Io e Tosi pensavamo di rivederla il giorno dopo e di cominciare la preparazione nel giro di una settimana».
E poi?
«Poi non l’ho più vista né sentita, per anni».
‘La voce umana’ con Sophia Loren è stato girato da Edoardo Ponti, figlio
dell’attrice, nel 2014. Così “uscì Sophia”, almeno dalla vita e dalla carriera di
Gianni Amelio, che però ancora la ama e la saluta con gioia.
«È, molto semplicemente, la più grande».
Di Silvia Fumarola, La Repubblica
La prima simbolo di ribellione, la seconda di tenacia. Diversissime per stile ma simili per il coraggio, l’animalista imbronciata e la musa disciplinata sono state per decenni due modelli inimitabili
Sono due miti, modelli irraggiungibili, oggetto del desiderio per uomini certo intimoriti da due donne così. Arrivano al traguardo dei 90 anni Sophia Loren (li compie il 20 settembre), e Brigitte Bardot il 28 settembre.
Accomunate dall’anno di nascita, il 1934, la bellezza, il mestiere. Per il resto, diversissime. Simboli di una femminilità alfa, si sono imposte con il carattere, il talento, il sex appeal. Le vite di Sofia Costanza Brigida Villani Scicolone, carriera luminosa, che grazie al marito, il grande produttore, Carlo Ponti, impara il rigore e studia — «il talento senza disciplina è niente» — e di Brigitte Anne Marie Bardot, parigina di buona famiglia, destinata alla danza classica, che grazie a un’amica della madre comincia posando come modella, non sono destinate a incrociarsi.
Italia-Francia, eterna sfida, ognuno ha la sua preferita, per noi Pozzuoli batte Saint Tropez. Monumento nazionale, Sophia conquista il pubblico con la sensualità e l’intelligenza del cuore. Star per eccellenza, interpreta donne in cui molte si identificano, conosce il dolore e la fatica. Ha vinto tutto quello che un’attrice può vincere: Oscar, Golden Globe, la Coppa Volpi a Venezia, la Palma a Cannes, David di Donatello, Bafta, Orso d’oro, Grammy, César, Nastri d’argento. Stella sulla Hollywood walk of fame. Nella vita privata è discreta, innamorata dei figli Carlo e Edoardo, la maternità, l’amore per la famiglia, è il premio della vita, la vera felicità. Porta sullo schermo le madri con un’umanità che lascia il segno: da La ciociara a Matrimonio all’italiana, Una giornata particolare. E anche nell’ultimo film, diretta dal figlio Edoardo, La vita davanti a sé, è una donna che accoglie.
Brigitte, col suo broncio, ribelle e anticonformista, è la ragazza indipendente a cui tutte, negli anni 60 — segretamente o no — vorrebbero assomigliare. Lascia il segno nella moda e nel costume, la prima influencer: i pantaloni capresi, il bikini, le ballerine. Ha il coraggio di essere sé stessa, fino in fondo. Un flirt dietro l’altro, quattro matrimoni (il quarto marito, Bernard d’Ormale, è un attivista del Fronte Nazionale). Con l’unico figlio, Nicolas Charrier, nato nel 1960, di cui non ama parlare, rapporti sporadici. E se da giovane non si fa imporre da nessuno lo stile di vita, da adulta difende ancora di più le sue scelte. A 40 anni chiude con il cinema. Invecchia felicemente spettinata a La Madrague, circondata dagli animali che ama. Nessuno le farà cambiare idea.
Sophia negli anni Settanta gira un film dopo l’altro; e nel 1977, a 43 anni, il capolavoro di Ettore Scola Una giornata particolare con Marcello Mastroianni. “La Loren” è un modello di eleganza e perfezione, anche overdressed. Curata, sempre, perché si piace così e il pubblico si aspetta quello da lei.
Brigitte, nata sex symbol, asseconda il suo lato libero e selvaggio. «La vecchiaia» ha spiegato di recente a Le Monde «mi è arrivata addosso, giorno dopo giorno, senza che questa cosa mi preoccupasse. Se sono vecchia, questo non lo so, e non voglio saperlo. Continuo a vivere secondo le mie possibilità. Non posso inchinarmi, perché le mie ossa si rompono. Questa è una seccatura, ma soprattutto non è pratico. Ma non mi importa, c’è chi sta peggio. Ci sono persone che hanno cose spaventose, io sono fortunata. E poi, mi tengo bene diritta». Il passato è alle spalle, il futuro è giorno dopo giorno; scegliere come affrontare l’età in cui si è fatalmente più fragili, è il massimo privilegio. «L’isolamento per me è una scelta — ha detto Bardot — è un lusso. Il silenzio. Essere tranquilla, soltanto con poche persone. Avere la pace. Senza una folla scatenata attorno a sé. Senza essere messa in vetrina. La solitudine, così come io la volevo, è sempre stata il mio sogno».
Per Sophia Loren il 20 settembre a Roma sarà grande festa con i figli, i nipoti, e la famiglia del cinema che la celebra. Come ha spiegato nell’intervista a Natalia Aspesi su Repubblica, guarda al domani. «Edoardo e io abbiamo voglia di lavorare ancora insieme, ricordandomi certo che l’età della bellezza e dei trent’anni se n’è andata. Ma io credo che qualcosa del tempo passato ci resta sempre. Insieme ci stiamo lavorando. Ma una cosa è certa: non smetto di cercare, di pensare che da qualche parte c’è un ruolo che non mi farà dormire la notte». Auguri.
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