Paese di sangue
Rileggendo Paul Auster: la storia di violenza con arma da fuoco negli Stati Uniti
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Rileggendo Paul Auster: la storia di violenza con arma da fuoco negli Stati Uniti
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Rileggendo Paul Auster: la storia di violenza con arma da fuoco negli Stati Uniti
Paul Auster, dopo quanto si è scritto qui su Trump, andrebbe ripreso e letto per un suo testo essenziale: BLOODBATH NATION, accompagnato da documenti eccezionali del fotografo Spencer Ostrander (Grove Press,2023). Lo riprendeva infatti, recentemente, non a caso, il sempre attento “The Guardian” con il sottotitolo “Us gun violence under the microscope”. Facendo capire molte cose.
Per Paul Auster non si può lottare contro persone malintenzionate e armate chiedendo di armare ancora maggiormente i cittadini. Vista dalle due parti dell’Atlantico sembra una storia senza fine: stragi in una scuola, in una chiesa, in uno shopping-center, nella strada. E sempre incredulità o una grande emozione, un paese all’unisono, proclami e inviti al cambiamento, dibattiti infiniti tra pro e contro le armi, annunci politici di interventi decisivi… sino alla prossima strage.
Le cifre sono note e implacabili: un americano ha venticinque volte più probabilità di farsi colpire da un proiettile di qualsiasi altro cittadino di altri paesi occidentali e ogni anno sono 40.000 i morti ammazzati da un colpo di fucile.
Paul Auster si interroga su questa violenza negli Stati Uniti: ”Perché l’America è così diversa, che cosa fa del nostro paese il più violento del mondo occidentale?”. Ed egli pone l’accento sull’eredità di un paese diviso sin dalla sua nascita e quindi volto verso il predominio violento contro alcune minoranze, indiani o neri.La violenza e le pallottole accompagnano secondo Auster, i primi episodi della vita americana (colonie inglesi, guerra di indipendenza, schiavitù, guerra di Secessione, segregazione, proibizioni; forse qui sarebbe anche il caso di segnalare un recente straordinario testo – donatomi dal nostro Franco Cavani, pure lui sempre attento – che già nel titolo ha un che di provocatorio:“Olocausto americano”, di David Stannard, Bollati Boringhieri, 2023).
Auster rileva, con un filo di tragica autoironia: ”Il fucile e l’automobile, due pilastri gemelli della nostra più profonda mitologia nazionale, incarnano ognuna un’idea di libertà e di potenza individuali”.
Come inquadrare la vendita e la circolazione di armi con il secondo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti (che protegge il diritto dei cittadini statunitensi di tenere e portare armi), eretto come frontiera insuperabile?
Per Paul Auster è assurdo lottare contro persone malevoli e armate chiedendo di armare ancora di più i cittadini. L’argomento originale del secondo emendamento (garantire la possibilità di costituire una milizia armata) non ha più senso. L’autore, con un velo di contraddizione o un eccesso di idealità, richiama a un momento di verità e di riconciliazione, per ridefinire ciò che il Paese vorrebbe o dovrebbe essere.
Ma gli Stati Uniti sembrano incapaci di emanciparsi dalla loro storia e di sottrarsi dalla violenza.Persino nella tragica storia della designazione dei propri presidenti, storia in cui appare più volte il colpo di fucile o di pistola. Sino a quando questa constatazione non sarà condivisa, niente sarà possibile. E la constatazione è dura e lucida e la fine del libro è persino cupa e spiega fors’anche l’attualità che sembra una dimostrazione o una paradossale rivalsa: sotto la presidenza Trump il tasso di possessione di armi nelle economie domestiche americane (!) è passato dal 32 al 40 per cento.
Paul Auster esprime – o, piuttosto, grida – la sua collera contro una certa fatalità o una forma di impotenza di fronte a un Paese che continua comunque ad amare. Anche perché vi entra una terribile storia personale, familiare: nel 1919 sua nonna, con una pistola, uccise suo nonno dinanzi al loro primogenito, mentre il fratello minore (il padre di Paul Auster) dormiva nella culla.
Con un racconto in prima persona, nel contempo intimo e generale, Auster non mette questa volta la sua potenza narrativa al servizio del testo. Il testo è piuttosto clinico e freddo nella descrizione degli abbattimenti e delle carneficine, nella ripetizione delle cifre, quasi sino alla nausea. Con gli interrogativi che rimangono sempre nei suoi testi e che più lo scuotono: perché capita a degli sconosciuti, perché qui ed ora e non altrove, perché questo terribile caso? Di formato ibrido, né saggio d’esperto né semplice testimonianza, il testo, molto documentato, è pubblicato con le fotografie di Spencer Ostrander, che è il genero di Paul Auster. Fotografie in bianco e nero, dei luoghi degli eccidi, sprovvisti di presenza umana. tanto da sembrare fuori tempo e di una banalità estrema.La banalità del male o piuttosto un orrore assordante?
Nell’immagine: fotografia di Spencer Ostrander
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