Prima le elezioni Usa poi si tratterà davvero
Di Stefano Stefanini, La Stampa Ieri, a Washington tirava aria d’inevitabilità, di decisione ormai maturata. Biden e Starmer si erano ormai rassegnati all’idea di autorizzare gli...
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Di Stefano Stefanini, La Stampa Ieri, a Washington tirava aria d’inevitabilità, di decisione ormai maturata. Biden e Starmer si erano ormai rassegnati all’idea di autorizzare gli...
• – Redazione
Il governo federale vuole rivedere il divieto di costruire nuove centrali atomiche: ma anche per gli impianti di ultima generazione, tempi lunghissimi, costi esorbitanti, con i costruttori che chiedono enormi investimenti pubblici per iper-guadagni privati
• – Rocco Bianchi
Nell’informazione ufficiale sull’Iniziativa biodiversità manca una frase importante. E stata tolta su richiesta del ministro dell’ambiente
• – Beat Allenbach
In Italia una nuova legge per scoraggiare gli ambientalisti di Ultima generazione, ma che va pericolosamente oltre
• – Redazione
Nell’ultima opera della scrittrice gli echi della guerra: «La riconciliazione è un sogno, ormai la coltivo solo nei libri»
• – Redazione
Nella località dell’Ohio, al centro della campagna xenofoba del candidato Repubblicano, la presenza della comunità proveniente dal Paese caraibico ha spinto occupazione e salari
• – Redazione
Nel suo rapporto sul futuro della competitività europea, Mario Draghi scrive che "il nostro continente è particolarmente minacciato perché ci siamo fidati e affidati troppo agli altri". Traduzione (e paradossi)
• – Silvano Toppi
Più di 800 miliardi all'anno per far ripartire la competitività dell'Unione ed evitare una lenta agonia di fronte a Usa e Cina: ma le 'nazioni frugali' dell'Unione non ci stanno
• – Aldo Sofia
Gli spartani e i nazisti (diretti da un medico ticinese) avrebbero soppresso tutti i partecipanti in quanto ‘parassiti dei corpi sani della Nazione’ e ‘vite indegne di essere vissute’ (lebensunwertes Leben)
• – Libano Zanolari
L’Europa teme dazi e l’abbandono dell’Ucraina, la politica estera punto debole di Donald. Kamala ha ribaltato la narrazione: non è Biden a essere deriso dal mondo ma il tycoon
• – Redazione
Ieri, a Washington tirava aria d’inevitabilità, di decisione ormai maturata. Biden e Starmer si erano ormai rassegnati all’idea di autorizzare gli ucraini a utilizzare missili a lunga gittata a colpire obiettivi militari in profondità dentro la Russia. Non lo facevano a cuor leggero. Anzi: è una luce verde che Volodymir Zelensky chiede da tempo e che si è sempre scontrata con la riluttanza soprattutto americana. Ha avuto la meglio non tanto l’insistenza ucraina quanto la determinazione russa di vincere la guerra alzando il livello del confronto militare con l’aiuto degli alleati: Corea del Nord; Iran; e, meno visibilmente, Cina. Questo è stato il fattore determinante della sofferta decisione di Usa e Uk – che non è escluso sia assecondata prima o poi anche da altri, ad esempio dalla Francia; non era Emmanuel Macron che parlava di mandare truppe in Ucraina?
La visita del Primo Ministro inglese nella capitale americana serviva a costruirla come gesto di solidarietà alleata e a puntellarsi reciprocamente con le rispettive opinioni pubbliche e umori politici interni. Ma il dado era tratto dal momento in cui la Russia ha cominciato a rifornirsi di missili balistici dall’Iran. Intanto, il diretto sostegno di Pechino all’industria difesa di Mosca è sempre più marcato e documentato. Escalation negli aiuti militari occidentali all’Ucraina dunque? Certamente ma in risposta ad un’escalation di capacità e volontà offensive russe.
Vladimir Putin sta giocando una lunga partita di poker. Ha in mano carte più deboli dell’avversario e lo sa. Deve pertanto impedire che si mettano le carte sul tavolo e le si «vedano». Per evitarlo continua a «rilanciare» alzando il piatto e contando che, prima o poi, glielo si lasci incassare rinunciando ad «andare a vederlo». Il calcolo è che, a un certo punto, si incrini la straordinaria resilienza di un’ Ucraina alla vigilia del terzo inverno di guerra e di bombe sulle città o venga meno il sostegno occidentale a Kiev, complice magari la vittoria di Donald Trump a novembre.
Nel dibattito con Kamala Harris, non ha appena rifiutato di rispondere alla domanda se una vittoria dell’Ucraina sia nell’interesse degli Stati Uniti? E quanto tiene il fronte europeo, con leader deboli in Germania e Francia e quinte colonne in Ungheria, Slovacchia e in vari nidi politici continentali, anche nostrani?
Il calcolo di Putin è quindi di continuare la guerra ed aumentare la pressione militare fino a che la risposta ucraina e occidentale non sia più proporzionata alla sua continua escalation e il bilancio della guerra penda dalla sua parte. Solo a quel punto si parlerà di negoziati: quando la Russia sia nella posizione di imporre un patto leonino. È un calcolo ragionato, pur ad un costo enorme di vite umane per la Russia – secondo stime dell’intelligence americana in questi giorni di offensiva Mosca perde intorno ai mille uomini al giorno, facciamo tutta la tara del caso, resta un enorme salasso. È anche un calcolo azzardato perché conduce inesorabilmente all’escalation della guerra.
L’Ucraina non altre scelte che rispondere o arrendersi. Non si arrende. Risponde difendendosi. Quali che siamo le armi che usa, un Paese aggredito non fa escalation: si difende. L’Occidente, finora, non ha alcuna intenzione di cedere al ricatto di Putin: più aumenta la pressione militare russa, più l’Occidente, in particolare gli Usa ma anche l’Europa non si tira indietro, risponde armando l’Ucraina.
Non ci vuole molta immaginazione a capire che questa spirale di escalation non è solo pericolosa – né l’Occidente né la Russia vogliono entrare in guerra ma più il conflitto dura e si intensifica più c’è il rischio di sviluppi che sfuggano al controllo dei governi – ma riflette sempre più uno stallo politico-militare. Questa sta diventando una guerra che l’Ucraina non può perdere, pena la sopravvivenza come Stato indipendente, e democratico, e che la Russia non può vincere come vorrebbe Putin, cioè riportando Kiev sotto l’egida di Mosca.
L’Occidente deve evidentemente continuare a «pareggiare» le escalation russe per non mettere il Cremlino in condizione di negoziare da una posizione di forza e di imporre una «pax russa». Ma è anche tempo di pensare a come rompere la spirale di un’escalation bellica tanto sanguinosa quanto inconcludente. Cioè di pensare a come far finire la guerra non solo dando all’Ucraina i mezzi per difendersi dall’aggressione ma anche negoziando alla pari con Mosca. Tocca entrare alla politica e alla diplomazia entrare in campo.
Evidentemente bisogna aspettare l’esito delle elezioni americane che tengono ormai mezzo mondo in sospeso. Ma, passato il 5 novembre, non sarà mai troppo tardi per porsi il problema di come negoziare la cessazione della guerra al centro dell’Europa. Per salvare l’Ucraina, fermare la Russia e far tacere le armi in Europa.
Di Francesca Mannocchi, La Stampa Aviram Meir esce dalla stanza dove i parenti degli ostaggi ieri hanno ricevuto i deputati dell’opposizione. Aspetta notizie su suo nipote, Almog,...
La crisi ucraina ha complicato i piani, ma da troppo tempo Bruxelles non riesce a favorire la piena stabilizzazione della regione