Putin cambia (in peggio) le regole della deterrenza
Il Cremlino decide che può usare la ‘bomba’ anche in caso di attacco con armi convenzionali da parte di un paese sostenuto da una superpotenza nucleare
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Il Cremlino decide che può usare la ‘bomba’ anche in caso di attacco con armi convenzionali da parte di un paese sostenuto da una superpotenza nucleare
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• – Redazione
Il Cremlino decide che può usare la ‘bomba’ anche in caso di attacco con armi convenzionali da parte di un paese sostenuto da una superpotenza nucleare
A volte, di fronte alle notizie e alle prese di posizione che si susseguono su scala mondiale negli ultimi tre anni, si ha la sensazione di essere seduti sulla cima di un vulcano pronto a esplodere; e qualcuno inizia a domandarsi se non sia già esploso. Per esempio quando si legge della decisione che Vladimir Putin ha annunciato mercoledì scorso a proposito dell’aggiornamento dei dispositivi della deterrenza atomica, che prevedono “l’ampliamento degli scenari in cui le autorità russe si riservano il diritto di utilizzare armi nucleari”.
Secondo quella che potremmo definire la nuovissima “dottrina Putin”, la Russia d’ora in poi potrà usare le armi nucleare a seguito “dell’aggressione da parte di uno Stato non nucleare, ma con la partecipazione o il sostegno di uno Stato nucleare, in quanto sarà considerata un attacco congiunto alla Russia”. Una revisione radicale del precedente sistema di ingaggio in cui si sosteneva anche che “la Russia si riserva il diritto di usare armi nucleari contro uno Stato non dotato di armi nucleari se lo attacca con l’assistenza di una potenza nucleare”. In filigrana si può cogliere come questa clausola potrebbe da subito essere applicata all’intervento dell’esercito ucraino nella regione di Kursk, visto che secondo il Cremlino quest’azione sarebbe condotta con il sostegno di Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna.
Ma non è tutto: nel documento presentato dallo zar si sostiene che da adesso, le autorità russe prenderanno in considerazione questa possibilità se riceveranno informazioni affidabili non solo sul lancio di missili balistici, ma anche “sul lancio massiccio di mezzi di attacco aerospaziale e sul loro attraversamento del confine di Stato”. Si specifica inoltre che le armi nucleari potranno essere utilizzate “anche se il nemico, utilizzando armi convenzionali, crea una minaccia critica alla sovranità della Russia e della Bielorussia”.
Il giorno successivo a questa storica decisione, il portavoce del Presidente russo, Dmitry Peskov è ritornato sul tema per precisare alcuni aspetti di quanto è stato deciso durante la riunione del Consiglio di Sicurezza della Federazione Russa affermando che si tratta di un “avvertimento ai Paesi “non amici”: la Russia potrà usare le armi atomiche anche di fronte a un attacco alla sua integrità con armi convenzionali”. Un approccio definito irresponsabile dal Segretario di Stato Anthony Blinken che ritiene, probabilmente a ragione, che l’approccio russo, in questo caso, non sia piaciuto neppure a Pechino.
Chi questa svolta l’ha fortemente voluta è Sergey Karaganov, politologo e braccio destro del Presidente, che l’invocava già da prima del 2022. In un’intervista pubblicata su “Kommersant”, Karagonov ha voluto mettere in luce da quali presupposti muove la decisione. Questa intervista è particolarmente interessante perché aiuta a capire cosa passi per la testa in questa fase a Putin e più in generale di cosa e come si discuta nei circoli dominanti russi in chiave di relazione con l’Occidente nel suo complesso.
Secondo Karagonov la Russia non poteva restare legata alla “mentalità pacifista” degli “Accordi di Helsinki”, o ai piani di non proliferazione delle armi atomiche, in quanto l’esclusione della possibilità di usare le armi nucleari per primi e come forma estrema di deterrenza sono “lo strumento principale della politica estera russa”. Karagonov afferma candidamente (il che dovrebbe far venire qualche dubbio anche al più ingenuo dei pacifisti occidentali) che la minaccia di uso di armi nucleari è tutta dentro la logica delle relazioni internazionali prevista da Mosca.
Continua Karagonov: “L’obiettivo principale della dottrina dovrebbe essere quello di garantire che tutti gli avversari attuali e futuri siano convinti che la Russia è pronta a usare le armi nucleari. Questo non è solo un dovere nei confronti del nostro Paese e dei nostri cittadini, che ora stanno morendo in prima linea e persino in città pacifiche, ma è anche un dovere nei confronti del mondo. Se non riattiviamo la deterrenza nucleare, il mondo cadrà in una serie di guerre che inevitabilmente diventeranno di natura nucleare e sfoceranno nella Terza Guerra Mondiale. È una questione di pochi anni. Il dovere della Russia è quello di intensificare fortemente il fattore nucleare nella politica mondiale e di convincere i nostri avversari che siamo pronti”.
L’idea di fondo che muove il Cremlino è nota da tempo e l’ha espressa in modo crudo Dmitry Medvedev qualche mese fa: “Dato che non potremmo sopportare una guerra convenzionale con la Nato – i cui Paesi hanno un Prodotto Interno Lordo superiore al nostro di 10-20 volte – la scelta di usare le armi nucleari diventa per noi fattori di sopravvivenza”. Una ben strana idea di sopravvivenza, quella che prevede la soppressione dell’avversario e della sua popolazione civile.
Dal 2024 sembra veramente lontana anni luce l’epoca in cui Gorbaciov e Reagan mettevano fine alla Guerra Fredda e iniziavano la riduzione bilanciata dei missili in Europa. Per il nostro ineffabile consigliere di politica estera, invece, “le armi nucleari sono innanzitutto un’arma di pace e di prevenzione della guerra… L’affermazione che qualsiasi uso limitato di armi nucleari porterà necessariamente a un Armageddon nucleare universale non regge a un esame approfondito. Vi assicuro che tutte le potenze nucleari hanno piani per l’uso limitato di armi nucleari in determinati scenari”.
Il russo medio, l’uomo della strada, non crede alla serietà di queste minacce e alza le spalle. “In questo caso il nostro Presidente sta proprio bluffando”, dicono molti; e ritengono che si potrebbe giungere a situazioni del genere solo dopo una serie di guerre e scontri convenzionali. Ma l’idea che, anche solo in futuro,si possa giungere a un punto di non ritorno, non è più un’idea fantascientifica.
Allo stesso tempo, in questi ultimi giorni, non si spengono le indiscrezioni che da giorni circolano sui presunti fallimenti dei test realizzati sul misterioso missile “Sarmat”. Putin lo aveva più volte pubblicizzato nel passato affermando che quest’arma sarebbe in grado di eludere le difese missilistiche avversarie grazie a una fase di salita più breve dei suoi predecessori. Malgrado ciò, il 21 settembre, i ricercatori OSINT (ndr: una procedura di inteelligence) hanno diffuso materiali secondo i quali ci sarebbe stato un incidente al cosmodromo di Plesetsk, conseguenza di una sperimentazione fallita proprio sul “Sarmat”. Maxim Starchak, ricercatore presso la Queen’s University, ritiene la notizia altamente probabile: “Sono passati due anni e mezzo – afferma lo studioso – dal precedente collaudo conclusosi, secondo la Russia, positivamente, e durante questo periodo i test avrebbero dovuto continuare. Se avessero avuto successo, sarebbe stato annunciato dal Ministero della Difesa russo”. Ma non c’è stato nessun annuncio.
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