Russia, sempre più soldati e militarizzazione della vita sociale
Con un decreto Putin ha portato le forze da combattimento a un milione e mezzo di uomini. A Mosca e nelle grandi città si cerca di reclutare promettendo salari eccezionali
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Con un decreto Putin ha portato le forze da combattimento a un milione e mezzo di uomini. A Mosca e nelle grandi città si cerca di reclutare promettendo salari eccezionali
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Con un decreto Putin ha portato le forze da combattimento a un milione e mezzo di uomini. A Mosca e nelle grandi città si cerca di reclutare promettendo salari eccezionali
All’inizio di questa settimana l’ufficio stampa del Cremlino ha pubblicato un secco decreto, firmato dal presidente Vladimir Putin, in cui si annuncia l’aumento degli effettivi dell’esercito russo a 2.389.000 uomini.
La decisione ha sorpreso anche molti addetti ai lavori russi, perché da molti giorni, dopo i rovesci d’inizio agosto a Kursk, i mass-media di regime erano impegnati a convincere la popolazione che “tutto sta andando secondo i piani”. L’aumento delle dimensioni dell’esercito russo è dovuto al crescente numero di minacce lungo il perimetro dei confini del paese, ha dichiarato il portavoce presidenziale russo Dmitry Peskov, sottolineando “l’ostilità” che la Federazione subisce ai confini occidentali e “l’instabilità” di quelli orientali. Come al solito l’orso si vorrebbe travestire da agnello cercando di dimostrare di non essere l’aggressore ma l’aggredito.
L’aumento degli addetti della ex Armata Rossa è comunque particolarmente significativo se si tiene conto che su 2.389.000 uomini in servizio permanente, 1.500.000 dovranno essere veri e propri soldati in armi.
Appena giunto al potere, nel 2000, Putin trovò una situazione difficile nell’esercito: il numero dei militari non superava il milione (ma la cifra non è confermabile perché allora non venivano forniti dati ufficiali), e il morale degli ufficiali era sotto i tacchi dopo la disastrosa sconfitta nella prima guerra in Cecenia. Tuttavia dopo le vittorie nella seconda guerra cecena e quella in Georgia nel 2008, il numero di addetti nell’esercito aveva già raggiunto la cifra di 1.885.000, mentre gli uomini pronti al combattimento erano un milione.
Tuttavia il vero cambio di passo dal punto di vista numerico, accompagnato da un rapido ammodernamento dei sistemi di offesa, è avvenuto solo con l’invasione dell’Ucraina. Nell’agosto 2022 i militari censiti erano 2.019.000 e quelli utilizzabili al combattimento 1.150.000. Nel giro di pochi anni l’esercito russo ha accresciuto gli uomini schierati del 50%. Ciò a riprova del fatto che – a differenza di quanto sostengono i pacifisti a senso unico in Occidente – le mire dello “Zar” vanno ben oltre i territori attualmente contesi nel Donbas.
Questo processo produce una vera e propria tendenza alla militarizzazione della vita sociale. “Le spese per la difesa devono rimanere tra le priorità del bilancio russo”, ha dichiarato lo stesso Putin il giorno successivo all’annuncio. Secondo quanto da egli stesso riferito, il governo ha stanziato 10.800 miliardi di rubli [mille rubli equivalgono a circa 10 fr svizzeri, ndr] per le spese militari nel bilancio 2024, il 60% in più rispetto all’anno precedente e tre volte di più rispetto al 2021.
Attualmente secondo l’agenzia ufficiale di statistica “Gozisdat” vivono in Russia (compresi i territori annessi) 146.447.000 persone, di cui i maschi adulti sono circa 67 milioni. Tenendo inoltre conto che le truppe vengono reclutate solo tra gli uomini (le donne combattenti sono soltanto un migliaio), e si escludono i minorenni e gli over 65 anni, si arriva intorno al 5% dei maschi russi in armi. Per avere un termine di confronto, in Italia con 60 milioni di abitanti i soldati sono circa 130.000.
Questo aumento del personale militare produrrà inevitabilmente delle contraddizioni sociali.
Fino a poco tempo fa, la “carne da cannone” veniva reclutata nelle provincie dove il tenore di vita è più basso e dove la propaganda bellicista ha maggiore impatto, ma da quest’estate la campagna per reclutare “a contratto” è diventata aggressiva anche a Mosca.
Chiunque accetti l’offerta di “combattere a contratto” potrà guadagnare fino a 5,2 milioni di rubli (50.000 euro) nel primo anno di servizio, è scritto a caratteri cubitali sui manifesti che campeggiano ovunque sui vialoni e sulle circonvallazioni che collegano le diverse zone della capitale.
“Coloro che sono disposti ad unirsi alla lotta per la difesa nazionale in Ucraina possono anche ricevere pagamenti in contanti una tantum per un somma che potrà andare dai 5 agli 11 milioni se la recluta verrà ferita, a seconda della gravità” dell’ingiuria fisica, mentre la famiglia di ogni soldato residente a Mosca ucciso in azione riceverà 32 milioni di rubli. Si tratta di somme che possono iniziare ad allettare i giovani di Mosca, che finora si erano ben guardati dall’andare a combattere per cifre considerate modeste o irrisorie, lasciando l’ingrato compito di uccidere e farsi uccidere ai coetanei delle regioni più depresse della Siberia (ma nell’ultimo anno anche della Russia Bianca in zone come Lipezk o Rostov). Ora, con un paio di anni di servizio al fronte, in caso di sopravvivenza, i militari provenienti da Mosca con i soldi guadagnati potranno acquistare una casa di tre locali in zone periferiche della città, o aprire una propria piccola attività economica.
Si tratta di proposte d’ingaggio superiori del 20% rispetto a quelle che vengono proposte ai cittadini siberiani o del nord del paese che hanno già fatto storcere il naso a molti, per l’iniquità che produce tra commilitoni provenienti da zone a differente sviluppo economico.
Il “Carnegie Institute” in un suo recente studio, “Russian Military Reconstitution: 2030 Pathways and Prospects”, pubblicato il 4 settembre e firmato da Dara Massicot, dubita che comunque questi obbiettivi del governo russo possano essere raggiunti anche in relazione alla possibilità di mantenere un flusso della spesa e del debito pubblico delle dimensioni viste negli ultimi tre anni.
Malgrado ciò il governo Putin non dovrebbe essere preso sottogamba dalle cancellerie europee, avendo dimostrato negli ultimi anni una capacità di mobilitazione di mezzi finanziari e umani imprevedibili prima del febbraio 2022.
Intanto la situazione al fronte resta incerta. Secondo il Ministero della difesa, le proprie truppe avrebbero riconquistato 10-15 villaggi e cittadine nella provincia russa di Kursk negli ultimi giorni mentre i tentativi di nuovi sfondamenti ucraini nella zona sarebbero stati prontamente rintuzzati. Secondo il portale ucraino “Voennoe Obozrenie” il capo di Stato Maggiore ucraino Olexander Syrskyy avrebbe nuovamente iniziato a prelevare unità fresche da altri fronti per trasferirle proprio a Kursk. Questo perché Zelensky avrebbe bisogno di una “bella cartolina” da sventolare nel suo prossimo viaggio a Washington a ridosso del voto delle presidenziali.
Secondo la Tv di Kiev “Resident”, il comandante in capo dell’esercito ucraino ha iniziato a rimuovere le unità dalla direzione di Kharkiv e a trasferirle nella regione di Sumy per formare riserve nella direzione di Kursk. Ciò indicherebbe che l’esercito ucraino non avrebbe praticamente più riserve libere, soprattutto perché sono necessarie forze aggiuntive anche in direzione di Pokrovsk nel Donbas, dove la situazione resta molto difficile.
Così Syrsky avrebbe rimosso nuovamente delle unità dal fronte di Kharkov e le starebbe inviando nella regione di Sumy per continuare “l’operazione Kursk”. Come segnalano i canali Telegram ucraini vicini al fronte , ora tutte le nuove riserve stanno indirizzandosi verso Lyubimovka, dove si vocifera che l’esercito avrebbe subito perdite devastanti.
Ciò che appare certo è che l’Ucraina non è in grado di aumentare in questo momento gli effettivi in prima linea, e in prospettiva il gap numerico tra soldati russi e ucraini potrebbe davvero diventare il fattore decisivo del conflitto.
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