Russia-Ucraina: c’è anche la guerra demografica
I dati relativi alla forte decrescita demografica sono drammatici soprattutto per Kiev, ma in prospettiva il problema è molto serio anche per Mosca
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I dati relativi alla forte decrescita demografica sono drammatici soprattutto per Kiev, ma in prospettiva il problema è molto serio anche per Mosca
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I dati relativi alla forte decrescita demografica sono drammatici soprattutto per Kiev, ma in prospettiva il problema è molto serio anche per Mosca
Le elezioni nei Paesi della UE degli ultimi mesi hanno dimostrato che esiste una fetta significativa della popolazione del vecchio continente che percepisce sempre di più la guerra in Ucraina come un fattore del peggioramento della propria condizione sociale. Una parte dell’elettorato ritiene che le spese militari e di solidarietà a favore del governo Zelensky abbiano una significativa ricaduta la spesa pubblica o il sostegno alle imprese.
Naturalmente questi punti di vista non tengono conto del peggioramento delle condizioni sociali nei Paesi coinvolti dalla guerra. Un tale approccio però non risulta essere solo egoistico a breve termine ma potrebbe avere delle ricadute negative di vasta portata sulla vita degli europei in prospettiva. Soprattutto per quanto riguarda la catastrofe demografica che attraversa i Paesi ex sovietici (non solo Russia e Ucraina quindi) e che busserà inevitabilmente alle porte della “fortezza Europa” nei prossimi anni.
Albert Bakhtizin, direttore dell’Istituto centrale economico e matematico dell’Accademia delle Scienze di Mosca, ha dichiarato non più di qualche settimana fa che la Russia ha bisogno di una “operazione speciale demografica” per evitare l’estinzione di massa della popolazione del Paese in futuro. In un’intervista all’agenzia “Interfax”, ha sottolineato che il problema demografico in Russia è, per l’appunto di “natura catastrofica”. Naturalmente a causa della rigida censura che avvolge il Paese dal 2022 non si è certo permesso di dire apertamente che a un’“operazione” (quella “speciale militare”) ne andrebbe sostituita un’altra, ma è chiaro che fino a quando interi settori della popolazione maschile verranno mobilitati per combattere, le cose non potranno che andare peggio.
“Stiamo perdendo – ha avvertito Bakhtizin – 500.000-600.000 cittadini all’anno. E questo rappresenta una minaccia per la sicurezza nazionale, date le dimensioni del nostro territorio e la necessità di un numero significativo di individui per mantenere i tassi di crescita indispensabili all’economia. Quindi uno dei compiti più importanti oggi non è nemmeno quello di rimpolpare, ma di aumentare la popolazione del Paese”.Lo studioso ha anche ricordato le previsioni delle Nazioni Unite, secondo le quali entro la fine del secolo la popolazione della Russia potrebbe scendere a 120,5 milioni di persone. Le previsioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sono ancora più pessimistiche: nel 2100 i cittadini russi saranno solo 106 milioni.
Tra il 2017 e il 2020 il governo russo ha proposto delle iniziative per combattere il calo demografico che andavano ben al di là delle sovvenzioni per le famiglie con più figli e il tentativo di ridurre le percentuali di aborti non terapeutici. Entrambe andavano nel senso della “disurbanizzazione”. La prima prevedeva di donare a ogni individuo che avesse deciso di trasferirsi in Siberia degli appezzamenti di grandi dimensioni. Tra il 2017 e il 2021 hanno aderito all’iniziativa 111 mila persone e sono stati distribuiti 73 mila ettari di terra. Una goccia nel mare, si potrebbe dire.
La seconda, lanciata nel 2021, dall’allora ministro della difesa Sergey Shoigu, era la costruzione in Siberia da tre a cinque centri scientifici e industriali con una popolazione compresa tra 300.000 e 1 milione di persone. “Non stiamo parlando solo di costruire nuovi insediamenti nella taiga (ndr: grande foresta boreale), ma proprio dello sviluppo delle macroregioni siberiane e dell’intero Paese”, aveva detto a quel tempo Shoigu. Il progetto però è di fatto stato accantonato con l’inizio della guerra.
Per la Russia dominata dal putinismo, oggi però la soluzione appare quella dell’imperialismo colonialista sullo stile del XIX secolo: la logica dell’annessione che sembrava definitivamente uscita dalla storia delle relazioni internazionali è tornata ad essere realtà. Uno degli obiettivi dell’invasione di Putin appare proprio quello di allargare i propri confini aumentando il numero di cittadini russi. L’idea del “mondo russo” e la lotta per “gli spazi vitali” è in ultima istanza, l’idea di ricostruire territorialmente e per composizione etnica l’URSS (o l’impero zarista). Questa “spinta propulsiva” ha prodotto l’annessione dell’Ossezia e dell’Abcasia (300.000 abitanti) nel 2008, della Crimea (2.200.000 abitanti) i quattro oblast’ del Donbas annessi nel 2022 (5.600.000 abitanti). Si tratta – a parte forse la zona caucasica – di zone comunque in calo demografico da molti anni, ma che comunque vanno a rimpinguare il numero assoluto, almeno formalmente di abitanti russi.
Se si passa all’ Ucraina, la situazione demografica è ancora più disastrosa. Il 15 luglio scorso “Ukrainskaya Pravda” ha messo a disposizione dei suoi lettori i dati dello stesso studio delle Nazioni Unite a cui faceva riferimento Bakhtizin, per quanto riguarda l’Ucraina. Secondo l’ONU, al 1° gennaio 2024 la popolazione ucraina era di 37.441.000 abitanti (nel 2014 erano circa 45 milioni) ma non essendoci più stato un censimento ufficiale dal 2001 queste cifre restano comunque volatili. Seguendo questa dinamica, entro il 2100 la popolazione del Paese potrebbe ridursi a 15,3 milioni di individui.
Secondo Oleksandr Hladun, vicedirettore dell’Istituto per la demografia e gli studi sociali di Kiev, questa previsione sarebbe troppo pessimistica e “la prognosi più infausta a lungo termine per l’Ucraina è un calo della popolazione a 25 milioni. Tuttavia, anche se la popolazione dovesse iniziare a diminuire rapidamente, sarebbe sostituita da persone che si trasferiscono da altri Paesi”.
Quello della “sostituzione etnica” in una dinamica in cui la popolazione mondiale resta comunque in crescita, è un effetto da tenere ben presente. Tuttavia è davvero difficile prevedere quali masse di proletari (difficile trovare un altro termine per i migranti economici) potrebbero arrivare a risiedere nelle vaste pianure sul Dnepr nel prossimo futuro: anche perché il saldo negativo dei flussi migratori è diventato in Ucraina un fattore di calo demografico da molto prima la guerra, acceleratosi dopo il 2022, che si cumula alla riduzione delle nascite e al numero di maschi fertili dovuto alla mobilitazione nell’esercito.
Secondo Ella Libanova del “Wilson Center”, che studia da molti anni le dinamiche geopolitiche del mondo ex-sovietico, “fare previsioni sulle dimensioni della popolazione ucraina in futuro è ancora prematuro. In primo luogo, mancano informazioni sulla popolazione dei territori temporaneamente occupati e delle aree vicine al fronte. In secondo luogo, gli scenari di sviluppo militare variano notevolmente, con un impatto diretto su qualsiasi valutazione demografica… Qualsiasi strategia demografica deve tenere conto di tutto questo nella pianificazione dello sviluppo del Paese”.
Esistono delle dinamiche sociali molto definite in Ucraina che condizionano la sua tenuta nei prossimi anni e decenni come il cambiamento nei valori sociali, verso l’autorealizzazione e l’individualismo. Ciò si è tradotto in uno spostamento dal numero di figli nati alla qualità della loro cura ed educazione, nonché in una modifica delle forme di matrimonio e dell’età in cui si diventa genitori. Allo stesso tempo, dall’inizio della guerra, è calato sulla situazione economica interna che resta al livello della bancarotta. Le performances di Poroshenko e Zelensky prima dell’inizio del conflitto, da questo punto di vista, erano state tutto meno che brillanti. Secondo i dati statistici del 2021, il tasso di povertà in Ucraina era del 20,6%. Per le famiglie con bambini, tuttavia, era più alto ancora (22,4%)
In passato il governo ucraino aveva cercato di aumentare il tasso di natalità aumentando i sussidi di maternità (come del resto aveva fatto anche Putin in Russia), per le donne con bambini fino all’età di tre anni. Ma si tratta di misure poco più che palliative, nell’attuale contesto.
Secondo Eurostat alla fine di ottobre 2023, il 63,2% dei 4,3 milioni di ucraini che si trovavano nella zona di libero scambio UE/Europa (esclusa l’Ungheria) erano donne, il 33,2% aveva meno di 18 anni e il 6,1% aveva 60 anni o più. Poiché un terzo dei migranti forzati all’estero è costituito da bambini e adolescenti, il loro mancato rientro potrebbe causare una perdita demografica irreparabile per l’Ucraina.
Così mentre per la Russia il bellicismo in chiave neo-imperiale può essere visto come una strategia per un rilancio demografico, di fatto solo la fine della guerra potrebbe consentire all’Ucraina di ridefinire strategicamente le proprie dinamiche di crescita della popolazione, che oggi appare senza grandi prospettive.
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