Sensazionalismo, ignoranza, criminalità
La libertà d’espressione è un diritto sancito dalla Costituzione, anche per chi ha scontato la propria pena. Lo dovrebbe sapere anche il consigliere agli Stati Marco Chiesa - Di Immacolata Iglio Rezzonico
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La libertà d’espressione è un diritto sancito dalla Costituzione, anche per chi ha scontato la propria pena. Lo dovrebbe sapere anche il consigliere agli Stati Marco Chiesa - Di Immacolata Iglio Rezzonico
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La libertà d’espressione è un diritto sancito dalla Costituzione, anche per chi ha scontato la propria pena. Lo dovrebbe sapere anche il consigliere agli Stati Marco Chiesa - Di Immacolata Iglio Rezzonico
Sul modo in cui è stata riportata la notizia e sulle informazioni poco corrette in essa contenute, tengo a prendere posizione.
La libertà di espressione è un diritto fondamentale sancito dall’art. 10 della Convenzione dei diritti umani e dall’art. 16 della nostra Costituzione. Questa libertà include la libertà di ricevere informazioni o idee senza ingerenze e senza limiti di frontiera. Affinché ci si possa liberamente esprimere, chi fa informazione ha il dovere di fornire informazioni corrette e senze ingerenze di alcun tipo.
L’ingerenza può arrivare da parte delle autorità statali / pubbliche, ma anche da parte di privati, che di fatto sovvenzionano e rendono possibile l’esistenza di media, dalla carta stampata all’informazione on line. E così, soprattutto negli ultimi tempi, l’informazione è diventata, per la maggior parte, una ricerca di consenso, più che una comunicazione corretta dei fatti, a discapito della libertà di pensiero e di opinione, di cui il giornalista stesso dovrebbe farsi garante E per attirare più consenso, si rende sensazionalistica una notizia, magari con titoli a caratteri cubitali, che possono creare il nemico pubblico numero uno del giorno, ben consapevoli che nella maggior parte dei casi saranno solo i titoli ad essere letti e/o ascoltati, alimentando così, l’ignoranza delle persone.
Ma quando a sfruttare questo modo di fare “giornalismo” è un consigliere agli Stati, nonché municipale di Lugano, tale Marco Chiesa, la questione diventa doppiamente grave: al sensazionalismo dei media si unisce la volontà politica di avere più “adepti” possibili che sostengano un’ideologia (la sua), alimentando, però, l’ignoranza e la paura delle persone.
Tale è il caso dell’articolo apparso su Tio il 14 agosto 2024, relativo, appunto alla questione dei due fratelli di origine irachena, titolato “Se devono essere espulsi, non possono essere in giro a fare festa” e che continua con frasi riportate da quanto affermato dal consigliere: ”Voglio sapere quanti altri criminali sono nel limbo. Se due persone devono lasciare la Svizzera non possono essere in giro a ballare”. A prescindere dal fatto che la prima reazione è stata quella di ridere perché non comprendevo il nesso causale tra l’espulsione e l’impossibilità di andare in giro a ballare. Successivamente, però, mi sono resa conto di quante informazioni sensazionalistiche e non corrette fossero contenute nell’articolo e nelle dichiarazioni del consigliere agli Stati.
Non mi soffermo su cosa di non corretto (oserei dire tutto) ci sia nell’articolo e nelle dichiarazioni (ciò che potrà essere fatto nelle opportune sedi giudiziarie), ma voglio soffermarmi sul fatto che una notizia data in questo modo non è degna di uno stato di diritto, che il consigliere agli Stati Marco Chiesa, tanto difende come valore e dovrebbe rappresentare.
In quanto rappresentante dello Stato, il consigliere dovrebbe sapere che per ogni crimine è prevista una pena, espiata la quale una persona esce dal carcere senza alcun marchio che riporti a vita la dicitura “criminale” e che, se ci fossero seri rischi di recidiva, le autorità giudiziarie prenderebbero gli opportuni provvedimenti. Nel caso specifico, tra l’altro, tengo a precisare che almeno una delle due persone non ha la certezza dell’espulsione, perché è pendente un ricorso, che si basa sulle leggi dello stato di cui il consigliere Marco Chiesa è uno dei rappresentanti.
Pertanto la domanda posta dal consigliere all’interno dell’articolo citato, “per quale motivo persone colpite da un’espulsione dal nostro paese, restino ancora a piede libero” non è consona ad un rappresentante dello Stato. Sembra quasi che per il consigliere Marco Chiesa, uno straniero che ha scontato già la sua pena, ma sia soggetto ad espulsione, non abbia diritto di vivere, in attesa di questa misura. Una tale affermazione risuona più in linea con la legge del taglione dell’occhio per occhio dente per dente, che in teoria l’occidente, culla di civiltà e diritti, avrebbe superato e non applicherebbe più.
A questo punto alcune domande me le pongo io.
In qualità di consigliere agli Stati lei è al corrente delle nostre leggi? Se sì, perché usa i media per diffondere informazioni false e distorte, che possono anche portare ad un pericolo per chi in quell’articolo viene indicato come un nemico pericoloso? Si è reso conto che additare queste persone come coloro che si farebbero beffa di noi svizzeri andando a ballare, invece di essere rinchiusi, potrebbe portare a “linciaggi”? E non mi riferisco a quello mediatico, che è già stato messo in atto. Si è cioè reso conto che è lei ad aver creato una messa in pericolo dell’ordine pubblico? Si è reso conto che definire potenzialmente pericolose queste persone può ravvisare gli estremi di una diffamazione? Quali sono i veri crimini e criminali in questa vicenda? E questa domanda la pongo, non solo al consigliere agli Stati Marco Chiesa, ma anche a tutti i media che di questa vicenda hanno parlato senza mai interpellare i diretti interessati. Ah già, ma loro non dovrebbero essere nemmeno qui, quindi facciamo finta che non esistano, magari rinchiudendoli in qualche bunker per anni, visto che non sempre è possibile un’espulsione e un rimpatrio nei loro paesi di origine.
Magari, invece che aizzare paure e potenziali violenze, si portino avanti politiche di vera accoglienza e di prevenzione dei crimini, eliminando diseguaglianze sociali ed economiche, per esempio. Questo dovrebbe fare uno Stato di diritto, che si fondi davvero sui diritti umani e non sui privilegi di pochi.
L’avv. Immacolata Iglio Rezzonico è specialista della migrazione
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