Un rapporto esplosivo sulla neutralità svizzera
Tra pochi giorni un gruppo di esperti consegnerà a Viola Amherd un rapporto che rimette in discussione uno degli storici principi della politica elvetica
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Tra pochi giorni un gruppo di esperti consegnerà a Viola Amherd un rapporto che rimette in discussione uno degli storici principi della politica elvetica
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Tra pochi giorni un gruppo di esperti consegnerà a Viola Amherd un rapporto che rimette in discussione uno degli storici principi della politica elvetica
Sulla carta nulla è cambiato. La Svizzera rimane un paese neutrale, nonostante gli sconvolgimenti provocati dalla nuova situazione “securitaria” sul continente europeo dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia nel febbraio 2022. Mentre due Stati europei storicamente neutrali, la Finlandia e la Svezia, hanno raggiunto la Nato, Berna rimane ancorata a una lettura rigorista del suo statuto particolare. Essa ha così proibito a più riprese, in questi due ultimi anni, che degli armamenti che la Confederazione aveva venduto all’estero, a volte da decenni, fossero consegnati all’esercito ucraino.
Ma nei fatti, uno scivolamento strategico è in corso, e la Svizzera potrebbe avvicinarsi furtivamente all’Alleanza Atlantica, cosciente dell’isolamento della sua posizione strategica – il che non è il caso dei tre ultimi Stati europei neutrali (Irlanda, Austria, Malta) che fanno parte, loro, dell’Unione Europea (UE). Il prossimo 29 agosto il rapporto esplosivo redatto da un gruppo di esperti di problemi della sicurezza sarà consegnato alla ministra della sicurezza elvetica, Viola Amherd, che è anche presidente di turno della Confederazione per il 2024.
Incaricata di imprimere“degli impulsi alla politica della sicurezza dei prossimi anni”, questa commissione di studio ha iniziato i suoi lavori nel 2023, dopo che il primo anno di guerra in Ucraina ha sottolineato la debolezza della posizione della sicurezza elvetica, e ha esposto il paese a numerose critiche provenienti dall’estero.
Formato da deputati di varia provenienza, da diplomatici, da alti funzionari, da un ex capo dell’esercito svizzero, e anche da una personalità straniera – il tedesco Wolfgang Ischinger, ex direttore della Conferenza di Monaco sulla sicurezza – il gruppo di esperti ha lavorato per un anno nel più assoluto segreto.
Le principali linee delle raccomandazioni che si appresta a formulare sono tuttavia conosciute, dopo che il testo è apparso sul quotidiano popolare “Blick” di Zurigo, indubbiamente allo scopo di anticipare le critiche che non mancheranno di partire dall’ala sinistra e pacifista del Partito socialista e dei Verdi, così come dall’UDC (estrema destra). Campione del sovranismo elvetico, quest’ultima, l’UDC, ritiene già che la Svizzera abbia abbandonato la neutralità seguendo le sanzioni UE contro la Russia.
Gli autori del rapporto, che non esitano a utilizzare espressioni molto dirette nelle loro affermazioni, sembrano preferire l’atlantismo all’attendismo. “La Nato rimane, in un futuro prevedibile, il garante della politica di sicurezza dell’Europa”, mettono subito in evidenza. “Rimane la referenza per gli eserciti occidentali moderni e definisce gli standard per la tecnologia degli armamenti. Una collaborazione con la Nato può rafforzare la capacità difensiva della Svizzera”. Quest’ultima sarebbe in particolare necessaria negli ambiti del digitale e della guerra ibrida. Il gruppo di esperti non suggerisce a Berna di aderire all’Alleanza Atlantica, anche se la lettura del documento “lascia trasparire simpatia nei confronti di questa opzione”, precisa il Blick, pur rilevando che “la Russia finora ha attaccato solo paesi che non erano membri della Nato”.
La commissione di studio incaricata dalla ministra Viola Amherd preconizza del resto che la Svizzera non si accontenti di rafforzare le sue forze armate, ”ma anche che essa prepari seriamente la difesa comune (del continente), ciò che implica di esercitarsi”. Gli esperti raccomandano esplicitamente che soldati svizzeri possano partecipare a esercitazioni comuni della Nato fuori dai confini elvetici, ciò che di fatto renderebbe superata la nozione di neutralità così come è interpretata oggi a Berna. Un simile cambiamento non rimetterebbe in discussione, a loro parere, il principio di base dell’esercito di milizia.
Sul commercio di armi, la commissione propone un allenamento: “Il divieto di ri-esportare non è capito e in effetti non è accettato. In linea di principio, ogni tipo di cooperazione è uno scambio di buone procedure. Senza cooperazione non c’è capacità di difesa, e senza capacità di difesa non c’è cooperazione”. Nel rapporto si precisa inoltre: “Dal punto di vista della politica di sicurezza, la Svizzera attualmente è nella posizione dell’approfittatrice”.
In conclusione la Commissione di esperti raccomanda di revisionare a fondo il concetto di neutralità svizzera per renderla compatibile a fronte delle minacce attuali: “La politica di neutralità deve avere un peso maggiore del diritto della neutralità”. In chiaro: più pragmatismo e meno dogmatismo.
Le raccomandazioni del rapporto si basano anche sul messaggio che la Nato ha diffuso quando i membri della Commissione elvetica hanno fatto tappa alla sede dell’Alleanza Atlantica a Bruxelles. La Svizzera, hanno detto in sostanza, non deve rappresentare un ‘buco’ nel dispositivo della sicurezza occidentale. Di fatto, il concetto di interoperabilità con le forze Nato preoccupa sia lo stato maggiore elvetico, sia quello dell’Alleanza. Da entrambe le parti vengono moltiplicati i partenariati e le visite bilaterali, come quella effettuata a Berna dall’ammiraglio olandese Rob Bauer nel dicembre scorso. Presidente del Comitato militare della Nato, Bauer ha lodato la partecipazione svizzera all’esercitazione “Cyber Coalition” dell’Alleanza.
Sempre neutrale, ma sempre più allineata, la Svizzera procederebbe con una sorta di “avvicinamento rampante nei confronti della Nato”, hanno denunciato negli ultimi mesi i deputati dell’UDC, un partito che non sempre nasconde le sue simpatie pro-russe. Dopo la pubblicazione ufficiale del rapporto, fra una decina di giorni, il dibattito si sposterà in sede parlamentare. Per la ministra della difesa, Viola Amherd, sarà un esercizio di alto equilibrismo. Ma in definitiva è anche… ministra dello sport.
Traduzione a cura della redazione
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