Chi l’avrebbe mai detto: i
bookmaker di tutto il mondo offrivano agli scommettitori quote sul 2.20 per la vittoria svizzera, sull’1.80 per quella italiana: significa che si guadagnava di più, anche se non molto (ma si rischiava anche di più) puntando sulla Svizzera, considerata leggermente inferiore.
La stragrande maggioranza prevedeva una partita equilibrata, con possibile decisione ai rigori. E invece non c’è stata partita, sin dalle prime battute. Dopo 15 minuti il possesso palla era del 70% per la Svizzera contro il 30% dell’Italia, e il passare del tempo ha mutato di poco la proporzione.
In casi del genere, è vero, non è facile stabilire sino a che punto il merito è della squadra che domina il gioco e sino a che punto questa superiorità sia data da una giornata storta della squadra dominata.
Secondo noi vale la prima ipotesi: la Svizzera si è comportata in modo non troppo dissimile dalla Spagna: noi, nell’assieme, siamo inferiori come qualità tecnica, velocità di pensiero e precisione nei passaggi, ma siamo a livello degli spagnoli in materia di coesione e compattezza della squadra che si muove con sorprendenti automatismi, che è estremamente solidale e che occupa il terreno, sia in fase offensiva che difensiva, in modo da recuperare subito la palla persa e di giocarla nello spazio grazie al movimento collettivo: vedasi la prima rete con Embolo, arretrato, che tocca per Ndoye, pronto ad aprire sulla fascia per Vargas che vede avanzare Freuler e lo serve. Controllo di destro e tiro di sinistro. Tutto molto bello. Poi Aebischer fa lo spagnolo, aprendo di prima con grande rapidità di pensiero e scelta di tempo per Embolo che tutto solo non alza abbastanza la palla intercettata da Donnarumma, a fine partita protagonista di una baruffa con Freuler negli spogliatoi.
Nella ripresa un grosso errore di Fagioli introduce il 2 a 0 che chiude i conti: ancora Aebischer per Vargas che apre il destro e coglie l’angolo alto con Donnarumma vanamente proteso in volo. Bellissimo.
La grande Svizzera vista contro i campioni europei in carica smentisce anche la statistica che la dà in difficoltà nel finale. Si rischia solo sulla solita amnesia autolesionista di Schaer (per il resto ottimo) che di testa rischia l’autorete. Sul palo di Scamacca, Sommer copriva l’angolo, la palla verosimilmente non sarebbe entrata.
L’aspetto più imprevedibile della Svizzera è stata la sua souplesse, quel giocare a testa alta, con distacco quasi; una freddezza che a tratti sembrava quasi irrisoria nei confronti di un avversario che continuava a correre a vuoto. Sembrava di assistere a una seduta di allenamento, quando si pratica il ‘torello’ con un giocatore che tenta vanamente di intercettare la palla che viene giocata dal gruppetto. Povero Spalletti, comunque estremamente sportivo. Si è presentato e ha raccontato la solita storia: i suoi erano sempre un passo in ritardo, privi di freschezza atletica al termine di un lungo campionato: vero che gli azzurri apparivano ‘cotti’ rispetto ai rossocrociati, ma è anche vero che Freuler, Aebischer e Ndoye giocano nel Bologna e Rodriguez (in grande forma) nel Torino.
I 4 svizzeri sono raramente presenti nelle classifiche dei migliori in campo perché i colleghi italiani incorrono in un grave errore: si esaltano per la prodezza individuale e non capiscono il gioco d’assieme, il gioco di un Freuler e di un Aebischer con e soprattutto senza palla, la loro capacità di “leggere” la partita; ciò che ha capito l’allenatore, il brasiliano Motta. Arrivato alla Juventus la sta rovesciando come un guanto in cerca non di giocatori che piacciono ai tifosi per i colpi ad effetto, ma che fanno squadra e fanno dell’intelligenza un’arma letale.
L’unico che in Italia ha qualche chance di essere celebrato è Ndoye, a volte spettacolare ma capace anche di sacrificarsi nel lavoro di raddoppio di marcatura e copertura difensiva, su e giù per la fascia. Appunto: ma il commentatore tecnico della RAI Adani, ex difensore, a sua volta non l’ha capita, (“la Svizzera non è il Brasile”) confrontando il numero delle reti realizzate nel campionato italiano da Freuler e Aebischer (agli Europei comunque con una rete e due assist a testa, e Ndoye – una rete) con quelle realizzate in campionato da Scamacca, Retegui, Chiesa e Barella. Il compito degli svizzeri del Bologna è di mandare in rete Zirksee, conteso dalle grandi squadre, non di segnare.
Ora a Spalletti (potrà continuare?) vengono rinfacciati certi proclami d’altri tempi (“giganti ed eroi”) e i suoi Comandamenti da prete del tutto disattesi dalle sue pecorelle, applicati invece (in silenzio e alla lettera) dagli svizzeri.
Mancini, aveva trovato un ottimo compromesso fra la vecchia Italia e la modernità basata sul possesso totale della palla di Guardiola, anche grazie a un grande Jorginho (rigori a parte…) ora fatalmente logoro.
Mezzo secolo fa, Brera scandalizzava con la teoria di un’Italia storicamente povera e malnutrita, spesso asservita a potenze straniere: di conseguenza “femmina”. Non poteva che subire il gioco “maschio” avversario ritirandosi in difesa e rispondere in contropiede. L’Italia di Spalletti è a metà del guado, in stato confusionale.
La Svizzera di Yakin e Contini invece ha fatto il salto di qualità al quale in pochi credevano. Ora ha un volto preciso ed è certa della bontà delle scelte, tutte azzeccate, da Duah a Shakiri, passando per il sorprendente Rieder, sino a Zuber e Stergiou. Insomma possiamo dire che i rossocrociati in campo sembrano pedine mosse da mano maestra su uno scacchiere.
Ora sono ai quarti. La semifinale è nelle corde di questa squadra. E perché no la finale? Uno Spagna-Svizzera è senz’altro possibile. Ma se anche non si arrivasse a tanto, l’impresa contro l’Italia, e soprattutto il modo nel compierla, farà storia e scuola: servirà moltissimo a far crescere il movimento sull’esempio di Xhaka & Co.
Nell’immagine: quando la televisione riesce ancora a essere “social” (2) – La partita nella stalla (Bordei, Centovalli)