Se non lo dici non esiste

Se non lo dici non esiste

Con l’assemblea generale di sabato scorso Unitas riparte con un comitato tutto nuovo e, presto si spera, con una nuova direzione


Michel Venturelli
Michel Venturelli
Se non lo dici non esiste

I vecchi responsabili di Unitas parlano della tempesta mediatica che li ha investiti attribuendo ai media la colpa della loro vergogna.

Questi signori e signore non sembrano mai essere stati sfiorati dal dubbio che oltre 20 anni di molestie ed abusi, quando portati alla luce del sole, diventano una notizia. Nella fattispecie uno scandalo.

Il caso Unitas è finito la prima volta sui giornali nel marzo del 22. Chinandosi sulla faccenda, il giornalista di Tio era stato minacciato di denunce per diffamazione dal presidente dell’associazione, Mario Vicari. Sappiamo come è finita: poco più di un anno dopo, invitato dal ministro De Rosa, il presidente è stato costretto a fare le valige. Lui e tutti gli altri membri di comitato che, assieme alla direzione di Unitas, sono risultati essere degli emeriti incapaci.  Incapacità certificata dall’audit elaborato, su mandato del DSS, dagli avvocati Martinelli e Fornara.

L’audit è un fatto, 25 anni di molestie sono dei fatti, le minacce subite dalle vittime a seguito delle segnalazioni sono dei fatti, 15 atti parlamentari consacrati alla vicenda sono dei fatti.

Sentire parlare della tempesta mediatica che ha colpito Unitas, come se questa fosse la responsabile di quanto accaduto, lascia esterefatti. E’ successo anche sabato scorso durante l’assemblea generale dell’associazione. Questo approccio evidenzia che ancora oggi c’è chi non ha capito che il colpevole è SM (super molestatore) e quelli che per 25 anni non hanno saputo proteggere le sue vittime.

Per alcuni evidentemente, sarebbe stato meglio se le vittime fossero andate avanti a subire in silenzio. Così non è stato.

Esistono due tipi di sanzioni. Quella formale (penale) e quella informale. La sanzione informale è quella che colpisce oggi i dirigenti di Unitas: per i prossimi anni, ogni volta che usciranno di casa, qualsiasi cosa diranno o faranno,  saranno ricordati per il caso Unitas.  Indipendentemente dal loro maldestro tentativo di de-responzabilizzarsi dando la colpa ai media della loro messa alla gogna.

Questa Giustizia, quella informale, le vittime di SM l’hanno ottenuta. Inoltre, sensibilizzando la politica, i giornalisti sono all’origine dell’audit che ha portato il ministro De Rosa a fare tabula rasa del comitato dell’associazione. Se la dirigenza fosse stata corretta non ci sarebbero state le notizie e il DSS non sarebbe dovuto intervenire.

Tutta un’altra storia invece per quel che ne è della sanzione formale. La magistratura ticinese non ha mai aperto un’inchiesta per chiarire la posizione di Vicari, neppure di fronte alla famosa email che il presidente di Unitas scrisse ai sui colleghi il 16.12.19. Email riportata da più media. Nello scritto è evidente che la preoccupazione principale di Mario Vicari era quella di salvaguardare gli interessi del colpevole (dunque anche i propri) a scapito degli interessi delle vittime. Alla luce di quanto emerso dall’audit sarebbe legittimo aspettarsi un approfondimento in sede penale. Almeno per dissipare ogni dubbio.

Inutile sperarci. Con  oltre 10000 arretrati il ministero pubblico tende comprensibilmente ad evitare di aprire nuovi incarti.

In Ticino la giustizia formale è chiaramente in ginocchio e con l’intero apparato giudiziario in apnea (anche le galere sono sott’acqua) il giornalismo serio e documentato ha dei bei giorni davanti a sè.

La voglia di Giustizia lo esige!

Nell’immagine: fotografia dal sito Unitas

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