“Se qualcuno mi darà la chiave…”

“Se qualcuno mi darà la chiave…”

All’Asilo Ciani di Lugano, fino a domenica, una mostra apre le porte alle iniziative della Casa dos Curumins, creata da una coppia ticinese per sostenere bambini e adolescenti della favela brasiliana di Pedreira a sud di São Paulo


Michele Ferrario
Michele Ferrario
“Se qualcuno mi darà la...

Cinque anni dopo il memorabile concerto della Banda de Los Curumins al Teatro Sociale di Bellinzona (accompagnata da Sebalter, padrino della formazione, che nel 2016 aveva partecipato alla prima esibizione pubblica del gruppo) e due dopo quello tenuto a Estival Jazz, torna nella sua città un pregassonese che da 23 anni trascorre gran parte del proprio tempo in Brasile, dove figura tra le personalità più apprezzate in ambito filantropico. 

La Banda dos Curumins con Alberto Eisenhardt a Lugano prima di esibirsi a Estival Jazz il 27agosto 2022 (copyright laRegione)

Affiancato in tutte le iniziative di cui parleremo dalla moglie Adriana – avvocata, brasiliana, conosciuta durante un breve soggiorno a Londra, nel 1987, quando lui aveva 21 anni – Alberto Eisenhardt è stato montatore e cineasta presso l’allora RTSI, per la quale ha realizzato e prodotto vari documentari, alcuni dei quali – dedicati al mondo della montagna e dell’arrampicata – insieme a Fulvio Mariani.  

Una prima, importante svolta nella sua esistenza arriva nel 2002, quando, con Riccardo Brunner, gira il documentario Portami nella memoria nella cosiddetta Comunidad de la Pedreira (circa 200 mila abitanti), una delle quasi 1’700 favelas sorte ai margini della megalopoli di São Paulo. 

Durante le riprese incontra Bruno, allora quattordicenne, che gli si avvicina. “Se qualcuno mi darà la chiave, aprirò la porta” gli dice. Un colpo al cuore. Alberto capisce che quel ragazzo gli sta chiedendo ciò che per ogni adolescente dovrebbe essere un diritto, ma che per lui e gran parte dei suoi coetanei che sopravvivono nella baraccopoli nelle sue stesse condizioni assume i tratti di una vetta insormontabile. 

Bruno, in altre parole, chiede al regista svizzero che aveva visto al lavoro nelle settimane precedenti uno spiraglio di luce, una possibilità: educazione, formazione, accoglienza. 

Un percorso per scongiurare quello che sarebbe stato il suo futuro e quello di migliaia di adolescenti suoi coetanei: violenza, delinquenza, prostituzione, criminalità, tossicodipendenza. Quell’incontro e quella richiesta scavano in profondità. Adriana (con le sue competenze giuridiche) e Alberto non si nascondono e posano i primi mattoncini.

Come raccontò a Beppe Donadio in un’intervista per laRegione, è a cavallo tra il 2008 e il 2010 che quello che nella vita dei coniugi Eisenhardt poteva sembrare un salto nel vuoto si compie: «Un bel giorno ci siamo presi un momento tutto nostro, lasciando il Ticino per un pied-à-terre in Spagna, assai economico, per respirare. Da lì siamo andati in Brasile, e le sei settimane preventivate sono diventate sei mesi, immersi nel progetto che camminava con noi da lontano». Giusto il tempo di dare una sistemata alle cose che non andavano esattamente come dovevano andare, e per scoprire che «c’era la possibilità di aprire delle porte, di accedere a fondi pubblici invece che dipendere interamente dal sostegno dei benefattori svizzeri. Ci siamo detti che avremmo potuto contribuire a risvegliare il coraggio di sognare nei giovani brasiliani che ci chiedevano un’opportunità per trasformare la propria vita”.

Nel 2010 Adriana e Alberto si trasferiscono in Brasile. Da allora continuano tuttavia a rientrare regolarmente, per alcuni mesi all’anno, in Ticino, dove hanno amici e importanti sostenitori. 

L’Associazione Casa dos Curumins da loro creata accoglie oggi – tra asilo-nido, doposcuola e scuola di musica – oltre 600 ospiti: da bimbi di pochi mesi a ragazzi e adolescenti. Nel contempo assiste anche i loro familiari e un centinaio di anziani in un Centro diurno. La lista d’attesa è lunghissima, ovviamente. Un’ottantina, ormai, i dipendenti e decine i volontari della Comunità. Nella zona tutti conoscono la coppia. Vincendo qualche iniziale diffidenza, Adriana e Alberto hanno saputo costruire ponti con le Autorità locali, che assicurano il loro sostegno con incentivi fiscali e contributi finanziari, e hanno coinvolto musicisti e insegnanti. 

In questa occasione la loro attività viene mostrata, fino a domenica, all’Asilo Ciani, dove sono esposte tele e disegni, ma anche una serie di borse dipinte a mano sotto la guida di una designer brasiliana, Carmen D’Alessandro, realizzate dagli ospiti della Casa dos Curumins (curumin nell’idioma tupi, parlato dagli indigeni e oggi estinto, significa bambino…). Colpisce ed emoziona il grande quadro che raccoglie e raffigura alcune centinaia di volti dipinti dei ragazzi. Quei volti ci guardano, ci interpellano, ringraziano e, a tratti, sorridono.

Nell’immagine: la favela in cui opera la fondazione

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