Dal pianto dell’adolescente nel 1954 al tormento dell’anziano settant’anni dopo

Dal pianto dell’adolescente nel 1954 al tormento dell’anziano settant’anni dopo

Allora l’entusiasmo di uno studente ticinese per Puskas e compagni, oggi il senso di un tradimento politico e culturale


Willy Baggi
Willy Baggi
Dal pianto dell’adolescente nel 1954 al...

In queste settimane si stanno disputando gli europei di calcio e come sempre in occasione di questo evento sportivo, e ancora di più in occasione dei mondiali, il ricordo è forte di quanto vissuto domenica 4 luglio 1954, esattamente settant’anni fa, mentre ero allievo del collège St-Michel di Friburgo e alloggiavo  presso l’internato.

Di domenica la sveglia del dormitorio suona alle 6 e 30, mezz’ora più tardi rispetto ai giorni della settimana. Sono agitatissimo: il prefetto dell’Internato mi ha autorizzato ad assistere, in una brasserie  della vicina rue de Romont, alla finalissima della Coppa del Mondo di calcio. La Televisione svizzera, nata proprio in occasione di questa popolare e prestigiosa manifestazione, trasmetterà la gara nel pomeriggio. Si affronteranno l’Undici d’oro – definizione che passerà alla storia  della formazione ungherese e gli undici della Germania federale dell’Ovest. Sono un tifoso entusiasta di Puskas e compagni. Dalle Olimpiadi di Helsinki (1952), dove hanno conquistato la medaglia d’oro, dominano la scena del calcio internazionale. Agli avversari impongono un sistema tattico rivoluzionario nel quale le ali si scambiano la fascia, i terzini si sovrappongono, gli attaccanti retrocedono a recuperare palloni, Hidegkuti svolge il ruolo di finto centravanti per lasciare larghi spazi agli interni Puskas e Kocsis, vere punte di un sistema di gioco mai visto.

Ai mondiali del 1954, che si svolgono In Svizzera, la squadra di Ferenc Puskas disputa la fase preparatoria alla grande: 9 a 0 alla Corea del Sud e 8 a 3 alla Germania. Questa gara però priverà la compagine del suo faro, il numero 10 appunto, per le partite successive: il libero tedesco Werner Liebrich è entrato proditoriamente col piede a martello sulla caviglia del fatato piede sinistro di Puskas. Nonostante l’assenza del capitano, la squadra supera nei quarti il Brasile per 4 a 2 dopo una durissima partita con i cariocas molto fallosi. In semifinale, l’Ungheria vince anche contro l’Uruguay e pure per 4 a 2, ma solo dopo i tempi supplementari. E oggi, domenica 4 luglio, è arrivato il giorno dell’incoronazione dell’Undici d’Oro, chiamati anche Squadra d’oro (“Arany Csapat”)! È vero, in semifinale contro gli uruguagi gli ungheresi hanno mostrato qualche segno di stanchezza. La panchina è corta. A giocare sono quasi sempre i soliti 11. Ma oggi capitan Puskas pare ristabilito ed è di nuovo in campo.  

Al fischio d’inizio, le restaurant dove mi trovo è stracolmo. Siamo tutti di parte. Dopo neppure 10’  gli ungheresi sono già sul 2 a 0, con reti di Puskas e di Czibor. Ma, fatto incredibile, i tedeschi riescono a pareggiare nei successivi  10’! Ciononostante la certezza degli avventori non viene scalfita: l’Uruguay non aveva forse rimontato due reti ed era poi crollato nei tempi supplementari? Purtroppo i tedeschi paiono più in palla e in condizioni fisiche migliori, favoriti anche da un campo reso più pesante dalla pioggia. A pochi minuti dalla fine Helmut Rahn trova il pertugio per bucare la porta di Grosics. Ci mettiamo tutti le mani nei capelli. Ma è mai possibile che l’Ungheria venga battuta proprio oggi, dopo  quattro anni di successi? Siamo tutti in piedi. Gli ungheresi si riversano nella metà campo tedesca alla disperata ricerca del pareggio. Ed ecco che Puskas segna con un diagonale impossibile. Ci abbracciamo dalla gioia, giovani, adulti, anziani. Si va ai supplementari, proprio come contro l’Uruguay! La mazzata è repentina. La rete di Puskas è annullata per un fuorigioco inesistente, diranno poi numerosi esperti. Grosics, Bozsik, Kocsis, Hidegkuti, Czibor, Puskas, non coroneranno la loro fantastica cavalcata con la coppa Jules Rimet. L’allievo della seconda Commercio rientra in lacrime al St-Michel. Ce l’ha a morte con l’arbitro per aver negato il pareggio di Puskas. Nella sua mente quella sconfitta rimarrà la più grande ingiustizia nella storia di tutto lo sport, non solo di quella del calcio. 

Quel giovane però non si sarebbe mai immaginato che due anni più tardi avrebbe aggiunto al pianto la rabbia, una rabbia resa furente dall’impotenza del mondo libero che, dopo Yalta, non se la sente di  correre in difesa del popolo ungherese dapprima insorto poi schiacciato dall’intervento dei carri armati sovietici nei primi giorni del novembre 1956. Alcuni grandi nomi dell’ Undici d’Oro non torneranno in patria: Puskas andrà al Real Madrid, Czibor e Kocsis al Barcellona. Il nostro paese accoglierà numerosi profughi, tra i quali ottimi giocatori di calcio come Pazmandy, Nemeth, Makai che faranno la fortuna del FC Servette.

Oggi, 4 luglio 2024, quell’adolescente di settant’anni fa è ormai un ultraottantenne. I suoi ricordi sono più vivi che mai. Ma un profondo tormento ha preso il posto del pianto e della rabbia. L’Ungheria, che dopo il crollo del muro di Berlino è stata accolta nell’Unione europea come altri paesi dell’est europeo soggiogati da Mosca per più di quarant’anni;  ebbene l’Ungheria di oggi, l’Ungheria illiberale del presidente Viktor Orban intrattiene legami sempre più stretti col boia del Cremlino. Nelle loro tombe Imre Nagy e Pal Maleter si stanno rigirando. Loro e tutte le vittime della rivoluzione dell’ottobre 1956 si sentiranno maledettamente traditi, anzi umiliati. A che è servito il loro sacrificio supremo? 

L’autore, giornalista, è stato Capo Dipartimento Cultura e produttore di diversi programmi di approfondimento e di informazione della RSI

Nell’immagine: il monumento a Imre Nagy a Budapest, vicino al Parlamento ungherese

Dal nostro archivio

Mentre volano gli stracci la scuola resta là
Naufragi

Mentre volano gli stracci la scuola resta là

L’ennesima sconfitta politica di un progetto del DECS lascia strascichi e polemiche che non aiutano la scuola

Pubblicato il Enrico Lombardi
Il problema delle tre rendite
Naufragi

Il problema delle tre rendite

Una società che privilegia la rendita rispetto al lavoro produttivo erode le basi del proprio futuro economico

Pubblicato il Spartaco Greppi e Christian Marazzi