Norman Gobbi, o della responsabilità e della trasparenza

Norman Gobbi, o della responsabilità e della trasparenza

Fine dell’inchiesta sull’incidente stradale, dichiarazioni fuori luogo, e cosa rimane ancora aperto


Rocco Bianchi
Rocco Bianchi
Norman Gobbi, o della responsabilità e della...

Uno dei requisiti di un dirigente, qualsiasi dirigente, è quello della responsabilità, da intendersi non solo come capacità di attuare le politiche e gli obiettivi decisi dai proprietari o dal Consiglio di amministrazione, ma anche di assicurare il regolare svolgimento di tutte le attività operative svolte dai dipendenti, dunque anche garantire un corretto clima di lavoro, le migliori condizioni operative possibili e, se di sua competenza, la scelta ottimale dei sottoposti. Se sei un manager pubblico, hai anche un dovere accresciuto di trasparenza, perché le persone non sono solo tuoi clienti, ma latamente pure i tuoi datori di lavoro (o tramite tasse e imposte o tramite anche il voto elettivo).

Il consigliere di Stato Norma Gobbi, al centro in questi mesi di un can can mediatico, tutto sommato lieve rispetto ad altri che abbiamo vissuto anche nel recente passato (chiedere ad esempio a Paolo Beltraminelli per informazioni), evidentemente fa parte di quest’ultima categoria. Sorprendono dunque non poco le dichiarazioni rilasciate dal direttore del Dipartimento delle Istituzioni dopo l’incidente che lo ha visto coinvolto lo scorso 14 novembre a Stalvedro sull’autostrada, dapprima assenti, poi, dopo l’interrogazione Dadò, assai claudicanti e contraddittorie e infine, negli ultimi giorni, a inchiesta penale nei confronti degli agenti intervenuti sul posto conclusa, per lo meno sprezzanti se non arroganti (non troviamo aggettivi più congrui per definirle), oltre che per almeno un aspetto improvvide. Così come improvvido e incomprensibile è il silenzio stampa in cui si è rinchiuso, perché appunto la trasparenza…

L’incidente stradale? Una “cazzata”. Detto che un incidente stradale non è mai una “cazzata”, anche quando fortunatamente si risolve con soli danni materiali, detto che da un politico ci si aspetterebbe un linguaggio consono alla sua carica, ci lascia basiti il fatto che a pronunciare una simile affermazione sia stato proprio il direttore del Dipartimento che ai suoi ordini ha la polizia e la giustizia. Perché se un incidente stradale, evento in cui non si possono mai escludere vittime e danni gravi, è una “cazzata”, una semplice infrazione del codice, come ad esempio una multa di parcheggio, che cos’è? Come dovranno quindi comportarsi i suoi dipendenti, i poliziotti, quando i cittadini colti in flagrante chiederanno loro di chiudere un occhio o imploreranno benevolenza? Con il rigore, sia pure sempre ammantato dal buon senso, che la loro carica e la loro funzione richiede, oppure dovranno seguire le parole del loro capo e derubricare il tutto a “cazzata”, sperando poi di non incorrere anche loro nel reato di favoreggiamento? Uscire dall’assordante silenzio in cui si è rinchiuso e chiarire sarebbe auspicabile.

L’inchiesta inoltre ha smentito “ogni illazione e maldicenza di cui sono stato oggetto”. E quando mai è stato oggetto di illazioni (un giudizio formulato per via deduttiva che ha per risultato un’ipotesi, comunemente spesso inteso con accezione negativa) e maldicenze. Solo fatti, per lo meno quelli apparsi sulla stampa e negli atti parlamentari (delle chiacchiere da bar non ci sentiamo per nulla responsabili), perché nell’incidente è stato coinvolto, perché al primo test alcolemico è risultato positivo, perché il secondo si è svolto dopo oltre due ore (sia chiesto per inciso: che ha fatto in tutto questo tempo?), perché malgrado il lungo tempo trascorso non gli è stata fatta la prova del sangue ma un altro “palloncino”, perché la seratina con gli amici si è effettivamente svolta – e che sia stata allegra lo dimostra il primo alcoltest – perché…

Ma anche ammesso e non concesso che ci siano state, le illazioni e le maldicenze, sarebbe stata sufficiente una comunicazione iniziale assolutamente corretta e trasparente, magari condita da più o meno velate scuse alla cittadinanza per quanto accaduto, per evitarle.

Il rinvio a giudizio dei due agenti “chiude definitivamente qualsivoglia ipotesi di mio coinvolgimento nell’intervento della Polizia cantonale a seguito dell’incidente occorsomi nel novembre 2023”? Detto che il consigliere di Stato, anche se ovviamente, per citare il direttore del Corriere del Ticino, è e sempre sarà “il convitato di pietra”, non è mai stato sotto inchiesta, per cui per deduzione logica il procuratore generale non può aver chiuso o smentito nulla che lo riguardi direttamente, vorrei citare in proposito la dichiarazione rilasciata sempre al CdT del suo legale, l’avvocato Renzo Galfetti, secondo il quale “se il presunto “favoreggiato” è estraneo all’altrettanto presunto favoreggiamento, deduco si tratti di assai ardita costruzione giuridica di dolo eventuale, ossia dell’ipotesi che gli agenti avrebbero dovuto considerare il rischio di favorire all’insaputa del favorito”. Insomma, abbiamo dei dipendenti che favoriscono il loro capo a sua insaputa e in piena indipendenza. Quanto questa tesi sia credibile e sostenibile l’ha espresso tra le righe proprio l’avvocato Galfetti ironizzando con il PG Andrea Pagani.

Piuttosto c’è almeno una cosa che Pagani ha smentito: Norman Gobbi all’inizio del caso aveva affermato che tutto sia era svolto nel rispetto delle procedure; parrebbe che non sia proprio così.

E per questo ci sorprende l’umana solidarietà espressa ai due agenti inquisiti, lui che in altri casi di mancanze amministrative e/o penali non ha esitato ad usare dure parole nei confronti dei sottoposti coinvolti (altro che umana solidarietà). Senza voler fare illazioni ma semplicemente per porre una domanda, il fatto che questa volta sia direttamente coinvolto ha influito in qualche modo in questo suo inusitato afflato empatico verso gli agenti rinviati a giudizio?

In ogni caso la vicenda purtroppo per lui non finisce qui. Chiusa almeno per ora la parte penale, resta infatti ancora aperta quella amministrativa e soprattutto quella politica, poiché restano ancora senza risposta delle interpellanze e soprattutto per via di quella trasparenza e responsabilità verso i suoi sottoposti e verso la cittadinanza di cui si diceva all’inizio. Detto in estrema sintesi: quando il consigliere di Stato, direttore del Dipartimento delle Istituzioni e “responsabile politico della polizia”, come lui stesso si è definito, risponderà pubblicamente delle disfunzioni emerse negli uffici che lui dirige da ben 13 anni? Quando se ne assumerà, se mai lo farà, la responsabilità manageriale, dunque politica?

Restiamo fiduciosi in attesa.

Nell’immagine: differenze di portamento

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