Schizofrenia ambientalista della popolazione (e dei contadini)

Schizofrenia ambientalista della popolazione (e dei contadini)

Bocciata l’iniziativa sulla biodiversità, ma un giorno (si spera non troppo tardi) sulle questioni ambientali dovranno pur trovare un punto di incontro il mondo rurale e quello urbano


Rocco Bianchi
Rocco Bianchi
Schizofrenia ambientalista della popolazione...

Bocciatura doveva essere, e bocciatura è stata. Partita bene, come spesso accade alle iniziative popolari, anche quella sulla biodiversità alla fine non ha retto alla pressione della campagna dei contrari e all’esame di dettaglio dei votanti. Lasciamo alla politica il compito di stabilire se sia un bene o un male, se effettivamente si sia trattato di un’occasione mancata per proteggere maggiormente la biodiversità del nostro Paese – che comunque è minacciata e in costante calo, per cui qualcosa in più rispetto ad ora andrà fatto se vogliamo preservarla – oppure se effettivamente era talmente estrema da minacciare l’esistenza stessa del comparto agricolo nazionale; quello che emerge da questo risultato è la riaffermazione di uno dei tanti “graben” che contraddistinguono la vita politica federale, quello tra città e campagna, e un certo qual ambientalismo a geometria variabile della popolazione.

Il primo è insito nella nostra storia moderna. La Svizzera in effetti è uno Stato sostanzialmente rurale governato dalle élite cittadine. La guerra del Sonderbund ha cristallizzato anche questo stato di cose. Un conflitto rimasto per lo più latente, per lo meno fino a quando la ricchezza è stata legata soprattutto alla proprietà terriera, ma che oggi emerge sempre più spesso. Merito, se merito deve essere dato, dapprima della crescente industrializzazione della Svizzera e della conseguente urbanizzazione, poi della necessità indubbia di porre rimedio ai problemi e agli sconquassi che questo ha provocato Necessità che per qualcuno oggi è diventato urgenza, ciò che sta esacerbando conflitto e animi.

A un’analisi giocoforza ancora superficiale l’iniziativa sulla biodiversità sembra confermare questa dinamica, con i cantoni maggiormente urbanizzati tendenzialmente meno ostili alla proposta (due, Ginevra e Basilea città appunto, addirittura favorevoli) e quelli più contadini risolutamente contro. Vedremo se le analisi di dettaglio confermeranno, e in che modo, questa impressione.

E qui veniamo alla seconda questione, perché ci sembra chiaro che anche nella popolazione l’ambientalismo è un concetto sì ormai tutto sommato radicato, ma che riscontra ancora resistenze quando deve essere messo in pratica. Viva il lupo e la protezione di boschi e paesaggi, urlano i cittadini in gita domenicale ai contadini, ignari dei problemi che questi devono giornalmente affrontare per vivere e lavorare; ben vengano le energie alternative, diciamo tutti noi, purché con le sovvenzioni dello stato e purché ci permettano di risparmiare (perché fino a quando così non era ben pochi hanno abbandonato le inquinanti ma allora ben più convenienti fonti fossili).

L’iniziativa sulla biodiversità, che prometteva sì maggiore protezione ambientale ma che probabilmente avrebbe anche comportato maggiori costi e qualche sacrificio (forse esacerbati dai contrari, sicuramente non efficacemente negati dai favorevoli), non sembra essere sfuggita a questa dinamica.

Questione anche di riconoscimento reciproco: città e ambientalisti non possono continuare a immaginare un Eden nel quale l’uomo si muove a stretto contatto con la natura senza conflitto alcuno, non capendo quanto il mondo rurale ha fatto e continua a fare per plasmare e preservare proprio il paesaggio che tutti noi vogliamo ammirare e in cui vogliamo saltuariamente immergerci; allo stesso tempo contadini e alleati non possono sperare di continuare a vivere in un mondo in cui è l’uomo ad ergersi come artefice massimo (come un Dio?) incurante o quasi di tutto ciò che lo circonda, pena la scomparsa o l’inabilità proprio di ciò che gli dà, o meglio ci dà sostentamento, la terra.

Non ci si aspetta un impossibile e utopica quadratura del cerchio, ma una reciproca e il più possibile condivisa assunzione di responsabilità, questo sì.

Nel’immagine: hanno vinto le patate

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