Il dottor Cassis al capezzale dell’Elvezia

Il dottor Cassis al capezzale dell’Elvezia

Al Podio economico dell’UBS, a Zurigo, il consigliere federale Ignazio Cassis ha fatto il (suo) punto sullo stato della nazione


Fabio Dozio
Fabio Dozio
Il dottor Cassis al capezzale dell’Elvezia

La Svizzera è seriamente ammalata: è la diagnosi del consigliere federale Ignazio Cassis, già medico, che ricorre a metafore sanitarie per inquadrare la situazione politica. 

Elvezia si ammala di raffreddore, dice il dottore, ma poi “i sintomi persistono o addirittura peggiorano”, quindi bisogna “assumere farmaci o sottoporci  a chemioterapia”. Ohibò, il raffreddore è diventato un tumore maligno! O, forse, trattasi solo di esagerazione per spaventare il pubblico e sdoganare la sostanza del discorso: il trattamento “meno invasivo” è quello “non meno difficile, di modificare il nostro comportamento”, in modo da non guarire, ma “almeno tenere sotto controllo la malattia”. 

Il ministro degli esteri dipinge un quadro oscuro. Si discute di quisquilie, – dice – come il finanziamento del sistema pensionistico o le sovvenzioni per la carne secca del Grigioni, che fece scompisciare dalle risa Hans-Rudolf Merz, mentre ci troviamo di fronte a malattie che richiedono interventi sempre più invasivi. È il mondo che sta cambiando e quindi il nostro Stato “si adatti alle circostanze esterne”.

Il quadro geopolitico è preoccupante: guerre dappertutto, ascesa della Cina, rigurgito del protezionismo, deglobalizzazione e regionalizzazione. Diventa quindi sempre più importante il vicinato che offre sicurezza e prevedibilità: “un bene inestimabile in tempi incerti”. La neutralità della Svizzera non è più all’altezza, Il Consiglio di sicurezza dell’ONU ha scarsa capacità d’azione (cosa ha fatto la Svizzera?), così come l’OSCE. Quindi: “Tutto questo costringe gli Stati ad agire”, constata Cassis, e i suoi sguardi verso l’estero sono significativi: la Svezia è entrata nella NATO, la Polonia ha “speso quasi il 4% del PIL per l’esercito”. 

Il quadro fosco dipinto dal consigliere federale prosegue lamentando che le finanze sono ormai limitate. Nel periodo di pace sono stati “ampliati i nostri sistemi sociali”, sostenuti interessi acquisiti e nuove aspettative. Care cittadine e cari cittadini, ora la festa è finita e “per invertire questa tendenza saranno necessarie misure dolorose che creeranno forti resistenze nella popolazione”. Qui c’è un lampo di lucidità: se si spenderà per l’esercito sacrificando la socialità, forse i cittadini potrebbero reagire! “Stiamo vivendo – afferma il ministro – una rottura della nostra politica estera, economica, di sicurezza, sociale e infine finanziaria. Le cose si fanno serie”. 

Dopo tutto questo sciorinamento che prefigura un futuro drammatico e distopico, Cassis va al punto cruciale del suo discorso: la sberla della tredicesima AVS gli fa ancora male, le sue guance sono ancora arrossate. “Il 3 marzo – dice – per la prima volta, la popolazione si è concessa più soldi senza alcun controfinanziamento. Solo dieci anni fa, una netta maggioranza aveva rifiutato due settimane di vacanza aggiuntive. Questo fatto veniva citato come prova della razionalità del popolo svizzero”. Che choc per il ministro liberale! “Mi chiedo cosa sia cambiato da allora. Abbiamo perso il nostro senso civico (Gemeinsinn)?”

Ecco il cancro individuato da Cassis. I cittadini pensano ai loro interessi e non stanno sempre con la schiena piegata. La tredicesima AVS, che è un piccolo contributo per mantenere il primo pilastro al passo con l’inflazione, è la rottura che fa crollare l’Elvezia: “Il senso civico è il collante morale della società; senza di esso, ogni comunità andrebbe a pezzi. È il senso di responsabilità della politica, dell’economia e della società nel lavorare per il bene comune”.

Il finale del discorso (basato su input di Cassis e sviluppato in collaborazione con i suoi più stretti collaboratori, segnala il DFE – o forse è una velina di economiesuisse?), sviluppa due temi. 

Il primo è un invito ai sacrifici. Alle aziende si chiede responsabilità individuale (meno stato); alla politica, siccome sono finiti i tempi delle vacche grasse, si tratta di distinguere tra le esigenze e le richieste (quindi decisioni difficili e antipopolari); infine i cittadini devono essere responsabili, come in passato, e non pensare al breve termine (basta rivendicazioni). 

Il secondo tema è un inno alla bontà delle relazioni con l’Unione europea, “che sono un motore fondamentale della nostra prosperità”. “L’approccio bilaterale con l’UE è quindi molto più di una decisione pragmatica! È una necessità strategica per il Consiglio federale”. Cassis si preoccupa del fatto che “sarà necessaria una grande opera di persuasione per conquistare finalmente la maggioranza della popolazione a favore del progetto”. ”Dobbiamo adattarci strategicamente e tatticamente alle circostanze internazionali, da un lato, e dall’altro curare e mantenere le caratteristiche tipicamente svizzere”. Non una parola sul fatto che anche l’UE potrebbe o dovrebbe tener conto delle esigenze elvetiche.

Ricapitoliamo. Elvezia è malata, ha bisogno di una cura da cavallo, non bastano i cerottini. Non proprio “sangue, fatica, lacrime e sudore” di churchilliana memoria, ma quasi. Il popolo non può avanzare richieste e rivendicazioni, come la tredicesima AVS, deve essere responsabile e accettare l’inflazione, le disuguaglianze in aumento, gli alti profitti di banche e società, gli sgravi fiscali ai ricchi, le riduzioni di investimenti nel sociale, nella formazione e nella ricerca. In cambio, il governo punta sulla sicurezza militare, come stanno facendo la Svezia (entrata nella NATO) e la Polonia, che sta costruendo il più grande esercito europeo. Infine, adattiamoci, noi svizzerotti, alle richieste dell’Unione Europea, sia strategiche che tattiche. 

Domanda finale al già medico ora consigliere federale: come fa la cura anticancro, così drastica, a essere salutare e coerente con “curare e mantenere le caratteristiche tipicamente svizzere?” Forse, come diceva anni fa Orson Welles, Ignazio Cassis pensa di curare e mantenere in salute solo l’orologio a cucù, prodotto in cinquecento anni di democrazia e pace?

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