Le verità e le battaglie ideali di Dick Marty

Le verità e le battaglie ideali di Dick Marty

Una sera di dicembre a Breno, con un folto pubblico a parlare con Dick Marty dei temi a lui più cari e riceverne una lezione di rigore e di fedeltà ai principi di giustizia e libertà


Maurizio Corti
Maurizio Corti
Le verità e le battaglie ideali di Dick Marty

Amici del Forum dell’Alto Malcantone mi chiedono di moderare una serata pubblica. Ospite: Dick Marty; tema: il suo ultimo libro “Verità irriverenti” e più in generale la sua vita pubblica. Luogo: la casa comunale di Breno, non lontano da Fescoggia, la sua residenza da più di 20 anni. Da pochi giorni analoga presentazione si era tenuta al Lac di Lugano, sala strapiena, libri esauriti. Da pochi mesi si sa che è malato, ma non conosco la gravità delle sue condizioni. Ci sentiamo al telefono per concordare una “scaletta”: è vivace, allegro, accenna alla malattia, ma vuole esserci, per “ringraziare la regione che lo ha ospitato nei frangenti difficili della sua esistenza”. 

Giovedì 7 dicembre 2023, ore 19: la sala si riempie, arriva anche lui, un po’ provato e indebolito, ma presente. Chiacchiera e saluta la gente che si avvicina, poi ci sediamo e prima dell’avvio mi dice “la salute mi sta lasciando e quest’ultima battaglia so di non poterla vincere”. Sento il peso di una situazione delicata, ma avverto anche l’abbraccio dei presenti e l’interesse attento per quel che dirà. 

Facciamo uno slalom di un’ora fra i contenuti del suo libro (il terzo, “scritto in fretta, non un testamento ma una serie di considerazioni che volevo ordinare ed esprimere”) e poi un’altra ora quasi a rispondere alla sala. Nelle sue argomentazioni, puntuali, ragionate e taglienti, c’è la storia di un uomo, di un tenace difensore della giustizia, delle norme scritte nella giurisprudenza internazionale, dei diritti umani. Ma anche dell’acuto osservatore dei limiti del sistema democratico, delle derive del convivere civile, dei cambiamenti non sempre lusinghieri del sistema-Svizzera. Ci sono riflessioni sull’animo umano, sull’avidità di un capitalismo trasformato, sul cinismo delle ragioni di Stato, sui miti traditi dell’Elvezia che non è più. 

Cominciamo dalla biografia, densa: studi di diritto, ricercatore accademico, Procuratore pubblico, Consigliere di Stato e poi agli Stati, membro dell’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa e in questa veste relatore di indagini complicate: le carceri della CIA in Europa, le violazioni dei diritti umani in Cecenia, i traffici di organi nel Kosovo. Per questa indagine la sua vita e quella della sua famiglia subiscono un trauma acuto quando nel dicembre del 2020 (poco tempo dopo aver deciso di ritirarsi dalla vita pubblica), gli viene comunicato che per decisione delle autorità federali sarà posto sotto scorta, in seguito a minacce ritenute serie. Per quasi un anno e mezzo sarà in severo regime controllato, dentro la casa di Fescoggia e fuori. Una situazione che genera “un senso di frustrazione devastante”. Si saprà solo in seguito che tutto è frutto di una complicata macchinazione: le minacce non arrivano dai vertici kosovari, ma da frange dei servizi serbi, che colpendo lui avrebbero voluto incolpare i nemici dello stato del Kosovo. 

E Marty avanza una sua prima verità irriverente e inquietante: “il Ministero pubblico della Confederazione non ha indagato a fondo su questa vicenda e la Confederazione non è intervenuta come avrebbe potuto e dovuto”. Ragioni di opportunità del momento lo avrebbero impedito. Anche la sua relazione sulle carceri della CIA in Europa non avrebbe determinato l’attivismo del Consiglio federale dell’epoca, preoccupato per le reazioni degli Stati Uniti e le possibili conseguenze per il settore bancario elvetico. 

L’impegno di Marty per conto del Consiglio d’Europa non gli è certo valso una crescente schiera di amicizie. Un intreccio di relazioni e di interessi hanno sempre reso difficile questo suo lavoro, che – dice – “valeva comunque la pena di essere compiuto”.

Poi affrontiamo temi più generali, economici, politici e sociali: “sulla spinta della globalizzazione e del profitto a tutti i costi le democrazie si sono fragilizzate e le differenze sociali sono accresciute”. In Svizzera la vicenda Credito Svizzero è stata esemplare di un modello in declino, “facendo nascere un colosso bancario e finanziario che supera le possibilità di intervento delle autorità politiche in caso di crisi”.

Sul funzionamento della politica: “Collegialità, concordanza e neutralità sono principi non più imprescindibili per il nostro paese e questo è un pericolo serio, che rischia di cambiare i connotati di uno stato federalista sempre più centralistico e in balia delle maggioranze politiche del momento”. E Marty aggiunge: “I precetti sulla sicurezza nazionale, lo stato di emergenza (come nel caso della pandemia da Covid) e anche l’informatizzazione stanno limitando i diritti e le libertà individuali e collettive”.

Il potere esecutivo in più paesi rafforza le sue prerogative decisionali, a scapito di un equilibrio democratico assicurato dalla presenza degli altri poteri: quello legislativo e quello giudiziario.

Marty è tristemente critico anche sulla concertazione internazionale, che non funziona e sul diritto internazionale che viene applicato a geometria variabile: ricorda le motivazioni fasulle per giustificare la guerra all’Iraq, le procedure aggirate per l’intervento Nato in Serbia, la destabilizzazione della Libia, fino ai giorni nostri: il conflitto russo-ucraino, l’intervento israeliano in Palestina. 

Poteri più forti che sfuggono al controllo degli stati nazionali e dei regolatori internazionali hanno assunto dimensioni preoccupanti. Le nuove generazioni alle quali chiediamo il rispetto delle regole e delle relazioni, non avvertono coerenza nel mondo guidato dalle generazioni precedenti.

Eppure, si può e si deve fare qualcosa, perché “l’indifferenza è il nemico peggiore delle democrazie: non bisogna rassegnarsi e tacere: bisogna indignarsi di fronte alle evidenti ingiustizie, manifestare, far sentire la propria voce anche se sembra inutile. Ognuno di noi ha in mano le chiavi di un mondo migliore, basta volerlo, impegnarsi per dei principi universali importanti, per la convivenza civile, rispettare le altre opinioni e gli altri esseri umani”.

Tento una battuta nel commiato: saluto uno degli ultimi radicali liberi? Mi risponde: “No, ce ne sono altri, ma non molti. La politica non è gridare sui social ma pensare, immaginare e costruire assieme società migliori”. 

Credo che Dick Marty abbia dato un contributo importante a questo assunto. E lo testimonia anche il lungo applauso della sala che lo saluta e lo ringrazia, per sempre.

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