Il sentiero di Gandria, scrigno di biodiversità

Il sentiero di Gandria, scrigno di biodiversità

La preziosa guida naturalistica di cui è autore Nicola Schoenenberger verrà presentata nel borgo lacustre giovedì 18 luglio alle ore 18.30. Insieme all’autore e all’editore, il sindaco di Lugano, Michele Foletti.


Michele Ferrario
Michele Ferrario
Il sentiero di Gandria, scrigno di...

Smarrirsi in una città come ci si smarrisce in un bosco
richiede tutta una preparazione.
Bisogna allora che i nomi delle vie
parlino a colui che si è smarrito
la lingua dei rami secchi che si spezzano,
e che le stradine nel cuore della città rispecchino per lui
le ore del giorno, nettamente come un vallone di montagna. 

Walter Benjamin, I “Passages” di Parigi

Dal 2004 quartiere di Lugano, Gandria è un hotspot paesaggistico e turistico tra i più noti della Svizzera. Le sue immagini fanno a gara con il Jet d’Eau di Ginevra, il Cervino, il Rigi e il Pilatus, le cascate del Reno, Sankt-Moritz, Davos e il Bernina Express della Ferrovia retica nei Grigioni. La sua posizione invidiabile, “a picco” sul Ceresio, ne fa un richiamo turistico costante, ma anche una delle zone residenziali più esclusive della città. 

Proprio a questi aspetti ha dedicato un interessante approfondimento il domenicale del Corriere del Ticino (14 luglio 2024) firmato da Davide Ilarietti: vi si racconta del sempre maggior numero di abitazioni che – nella fattispecie anche in mancanza di alberghi sul posto – i proprietari trasformano in B&B affittandoli ai turisti di tutto il mondo su Airbnb e simili. La scarsità di abitazioni a Gandria, spiega Ilarietti, produce prezzi storicamente più alti rispetto a Lugano. Eppure, per i padroni di casa è più conveniente affittare ai vacanzieri. “Con i turisti non c’è rischio di morosità e l’immobile resta pronto all’uso per eventuali necessità future”, commenta Norman Luraschi, consigliere comunale a Lugano, proprietario di un appartamento messo in affitto, in alta stagione, a 289 CHF a notte: nemmeno il più caro tra i cinque del borgo lacustre – tutti ben occupati almeno fino a fine estate – il cui costo giornaliero può anche arrivare a 500 CHF. Gli albergatori “tradizionali” sono sul chi vive; i proprietari dei B&B replicano: se non ci fossimo noi, molti ospiti in Ticino farebbero al massimo una rapida sosta e poi via oltre confine. Poi c’è l’altra faccia della medaglia: “Gandria non è New York e nemmeno Barcellona, ma nel suo piccolo ha dovuto affrontare a sua volta i problemi dell’over-tourism. La mancanza di posteggi – tamponata con la posa di una barriera selettiva all’ingresso del paese, nel 2020 – è quello che più ha acceso gli animi dei circa 220 residenti. In futuro, con l’arrivo di 24 nuovi alloggi all’ex albergo Moosmann, le polemiche non mancheranno di sicuro” sottolinea Ilarietti nel suo articolo.

Insomma, da noi come ovunque, la compresenza tra residenti e visitatori – pronti a spendere quando sono in vacanza – spinge in alto i prezzi (affitti e merci) e porta talvolta a convivenze poco piacevoli. Di ritorno da una vacanza sull’isola di Minorca, vi racconterò in un prossimo articolo come e con quali conseguenze gli stessi temi fanno discutere anche nella più verde delle Baleari, dichiarata dall’UNESCO Riserva della Biosfera già nel 1993.

Nel frattempo, lasciata nel 2022 Lugano per andare a dirigere il prestigioso Giardino Botanico di Ginevra (alla lettera Conservatoire et Jardin botaniques: il più grande spazio pubblico di questo genere in Svizzera) Nicola Schoenenberger, un Verde trasversalmente apprezzato negli anni in cui è stato deputato al Parlamento cantonale e consigliere comunale a Lugano, ha scritto un libro prezioso e insolito: in perfetto equilibrio  tra sostanza botanico-scientifica e ben riuscita divulgazione, che è tale quando non ammazza il piacere della lettura. Un volume che riporta coerentemente Schoenenberger a una delle sue prime battaglie politiche che mirava ad una gestione più consapevole dell’habitat di cui si parla. 

Un luogo in cui è possibile incontrare ed osservare circa 400 specie di piante selvatiche (il 12% della flora spontanea svizzera). Di queste, una sessantina è oggi minacciata o arrischia di diventarlo. Accanto alle entità botaniche autoctone svettano anche famiglie esotiche, talvolta del tutto incongrue: si legga il capitolo dedicato alla palma, pianta tropicale di cui si contano nel mondo non meno di 2’600 specie, che con il nostro territorio non c’entra nulla, importata e seminata per compiacere l’occhio e il cuore dei viaggiatori nordici, spinti ad attraversare le Alpi dal cosiddetto Drang nach Süden. La Palma di Fortune (Trachycarpus fortunei), che già a inizio Novecento prosperava in parchi e giardini privati, diventando agli occhi dei Confederati il simbolo stesso della Sonnenstube tanto da essere chiamata Tessiner Palme anche se la sua origine è cinese, la Palma di Fortune ha progressivamente invaso anche i boschi minacciando la biodiversità (e la stabilità) del nostro territorio. Ora però è a sua volta minacciata da un lepidottero parassita arrivato dal Sud America (Paysandisia archon). Nel libro (pp. 204-207) vengono descritte quattro specie di palma.

Già nel 1879 il botanico basilese Konrad Hermann Heinrich Christ (1833-1933) annotava che lungo il Sentiero di Gandria “si era circondati da una moltitudine di specie e che nemmeno la pianura lombarda, situata più a sud, era in grado di offrire”. 

Quanto alla vena romantica che spingeva verso meridione, la ritroviamo nel titolo di un’opera – Flora des Südens – che risale al 1936. La dobbiamo a uno dei padri della geobotanica, pioniere nell’ambito della difesa del paesaggio, Carl Schröter (1855-1939). Per la prima volta – si legge a pagina 9 – “egli rese accessibile a un vasto pubblico a nord delle Alpi l’incanto di quella ricca ed esotica flora cisalpina. Schröter aveva un legame profondo con il territorio tra Castagnola e Gandria. Implicitamente ne fece una sorta di locus classicus della vegetazione insubrica, perché il versante sud del Monte Brè e del Monte Boglia gli permetteva di illustrare in modo esemplare le cinture della vegetazione tipiche di quell’area”.

Lo stesso Schröter, che insegnava al Politecnico federale di Zurigo, fu anche tra i fautori del progetto di Parco nazionale prealpino che in quegli stessi luoghi avrebbe dovuto veder luce dopo che venne abbandonato il progetto di una strada lungo la riva del lago che collegasse il Ticino con Porlezza e il Lago di Como. “Fu forse la prima battaglia ambientalista del Ticino, vinta da una folta schiera di oppositori, tra cui la società ticinese per la conservazione delle bellezze naturali e artistiche (oggi STAN) e i ricchi proprietari delle ville di Castagnola” ricorda ancora Schoenenberger in Introduzione. Oggi, a quasi un secolo di distanza, l’area del Sentiero di Gandria fa parte dell’Inventario federale dei paesaggi, siti e monumenti naturali d’importanza nazionale (che a tutt’oggi comprende 162 oggetti). Ciò gli assicura comunque un alto grado di tutela.

Già il titolo ha una grazia tutta sua: Piccola flora del Sentiero di Gandria. La sobria copertina di questa coedizione tra la Città di Lugano e le Edizioni Casagrande di Bellinzona ricorda, nel colore se non nel formato, le Baedeker ottocentesche, guide di viaggio documentatissime, accurate sin nei minimi dettagli, rassegna di storia, storie, luoghi e persone che i turisti di allora non dovevano mancare nei loro viaggi ai quattro angoli del mondo. Proprio perché a pieno titolo (anche) guida, il libro è stato pubblicato anche in tedesco, francese e inglese. Doverosamente vanno segnalate le coordinatrici del progetto editoriale, Eleonora Bourgoin e Magda Mandelli, nonché Leonardo Angelucci e Sabrina Cerea che firmano il progetto grafico, mentre le fotografie botaniche sono dell’autore.

Il saggio di Schoenenberger è un invito esplicito a percorrere con calma quel tratto di cammino, lungo poco più di 1 km, che così viene descritto sul sito della Città di Lugano “Oltre che per la sua grande bellezza paesaggistica, il sentiero di Gandria è unico in Svizzera per la varietà delle specie vegetali e animali presenti nell’area, non a caso iscritta nell’Inventario federale dei paesaggi, siti e monumenti naturali di importanza nazionale”.

Un luogo davvero eccezionale, il Sentiero, posto tra i 280 e i 300 m s/m, esposto a sud e riparato dai venti, ciò che gli garantisce un microclima fra i più caldi del nostro Paese che permette la crescita di molte tra le specie più termofile presenti in Svizzera. L’unico, inoltre, dove ancora poco più di un secolo fa la coltivazione dell’ulivo era redditizia. Tutte le altre peculiarità geologiche, climatiche, botaniche e di geografia umana sono efficacemente spiegate in Introduzione.

In 256 pagine (che comprendono anche, utilissimi alla consultazione, Glossario, Indice delle specie e dei nomi volgari e Bibliografia) vengono pubblicate 100 schede botaniche che erano già state in buona parte presentate, in forma leggermente diversa, tra il 2015 e il 2022, sul sito istituito dalla Città per valorizzare il proprio territorio e promuovere la biodiversità. La virtuosa collaborazione prosegue anche in questi giorni con una efficace (anche dal punto di vista del marketing) iniziativa cartellonistica in Contrada Verla (la via che collega la Posta centrale a piazza Dante): vi troverete una serie di manifesti che riproducono singole pagine del libro rivelando aspetti sorprendenti e curiosità insospettate della flora che si incontra lungo il Sentiero accrescendone così il richiamo. Per esempio: sapevate che le Cistacee sanno rigenerarsi dopo un incendio e che anzi, in alcune specie, è proprio il fuoco a stimolare in esse la germinazione dei semi? No, evidentemente. Come non sapevate – e non sapevo nemmeno io, ovviamente – che 11 mila specie botaniche sono aiutate nella fecondazione non da api e mosche, bensì dalle formiche (si parla di mirmecocoria)? O ancora, quando percorrerete il Sentiero e sentirete nell’aria il classico profumo di violetta, sappiate che non proviene dalle viole, bensì dal rizoma dell’Iris germanica. Infine – le persone sensibili sono invitate a turarsi il naso – l’Arum italicum (p- 190) è “una tra le rare piante al mondo capace di generare calore. Per attirare i moscerini del genere Psychoda, responsabili della sua impollinazione, mima l’odore dei cadaveri in decomposizione. Per volatilizzare la puzza, la pianta si scalda raggiungendo in alcune specie addirittura i 40 gradi”.

Un gran bel libro, insomma, quello di Nicola Schoenenberger: lo dice uno che, in generale, ai prodigi della natura ha sin qui preferito quelli realizzati (nelle arti e nelle scienze) dagli esseri umani. Spesso, certo, interrogandosi sulla loro bontà e – alla luce degli sconvolgimenti climatici di cui siamo per lo più solo spettatori: altro che isteria – sempre più convinto che da un conflitto infinito tra uomo e natura nessuno uscirà vincitore.

Nell’immagine: un tratto del sentiero di Gandria

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