Ci vorrebbe “un Bobbio”

Ci vorrebbe “un Bobbio”

Ricordando l’opera e la figura di Norberto Bobbio, il massimo filosofo della politica italiano del Novecento, a vent’anni dalla scomparsa


Marcello Ostinelli
Marcello Ostinelli
Ci vorrebbe “un Bobbio”

Sì, ci vorrebbe “un Bobbio” per aiutare l’umanità disorientata di questi ultimi decenni a ritrovare la stella polare che la guidi ad affrontare le gravose questioni pubbliche del presente: la questione ambientale; quella distributiva; quella migratoria.

In effetti, dal secondo dopoguerra in poi, Norberto Bobbio indicò la via maestra su molte delle questioni pubbliche che hanno attraversato la cultura italiana del secondo Novecento. Non venne meno al suo impegno intellettuale fin quasi alla morte, avvenuta esattamente vent’anni or sono, il 9 gennaio 2004, a Torino, che fu pure la sua città natale. Lo fece unendo tre doti importanti per un pensatore. Anzitutto la chiarezza del pensiero e la sobrietà del linguaggio; poi la profonda conoscenza delle opere dei grandi classici della filosofia, della politica e del diritto; infine, l’impegno a svolgere il compito intellettuale con rigore e serietà, benché fosse consapevole che ogni opera umana è caduca e imperfetta e tali considerava anzitutto le proprie.

Bobbio fu un autorevole filosofo della politica e del diritto. Quelli furono i suoi insegnamenti universitari e gli ambiti delle sue pubblicazioni specialistiche. Fu però anche il grande protagonista di alcuni dei più importanti dibattiti culturali italiani della seconda metà del Novecento. Anzitutto quello che si svolse tra il 1951 e il 1955 sui rapporti tra politica e cultura e sul ruolo politico degli intellettuali, in cui difese l’ideale di una politica della cultura. Poi, tra il 1975 e il 1976, il dibattito sull’esistenza di una concezione marxista dello Stato in cui si dimostrò l’inadeguatezza, se non proprio l’inesistenza della dottrina politica marxista. Infine, nel 1994 la discussione sulle ragioni e sul significato della distinzione tra destra e sinistra, che prese le mosse dalla tesi di Bobbio che la distinzione tra i due orientamenti dovesse essere mantenuta sulla base di principi e valori, contro coloro che allora la contestavano perché la consideravano ormai vuota di significato.

I contributi di Bobbio a quei dibattiti sono un esempio di “politica della cultura”, così come lui la intendeva, cioè come un genitivo soggettivo, ovvero come l’unico modo possibile di fare politica per un uomo di cultura: esercitando il dubbio, favorendo il dialogo, impegnandosi per la verità e contro le sue offese con le “falsificazioni di fatti” o le “storture di ragionamenti”. In quanto propria della cultura era una politica cosmopolitica e universalistica, all’opposto di quella nazionalistica e particolaristica, che soltanto a chi ha lo sguardo miope può apparire vantaggiosa.

Bobbio ammirava la virtù della mitezza, che peraltro lui non possedeva, ma che avrebbe voluto avere come tratto distintivo del suo carattere: una virtù che sarebbe stato un errore confondere con l’arrendevolezza e che Bobbio giustificava come “reazione alla società violenta in cui siamo costretti a vivere”. I suoi scritti sulla cultura politica pacifistica sono un grande tributo a questa virtù che potrebbe regnare soltanto ove vi sia gentilezza di costumi.

Ebbene sì, ci vorrebbe ancora “un Bobbio”, anche per questi nostri tempi tristi. Anche oggi, non solo durante la Guerra fredda, le falsificazioni di fatti e i ragionamenti fallaci non hanno argine; anche oggi è fin troppo facile, per chi manovra le leve del potere economico, avere l’ultima parola; anche oggi, non solo nell’Italia delle due chiese, il dubbio e la perplessità non hanno diritto di cittadinanza. Sì, oggi ci vorrebbe ancora “un Bobbio” per non farci dimenticare che la politica è poca cosa senza principi e senza valori; e che la peggior politica è quella di chi ripete il ritornello della fine delle ideologie, ma sottace che quella politica “pragmatica” (come usa dire) è una politica almeno altrettanto ideologica di quella di chi invece non ritiene desueto affermare principi e valori. Sì, ci vorrebbe almeno “un Bobbio”; ma forse oggi uno solo non basterebbe a risvegliare la nostra coscienza critica.

Fra le principali opere di Norberto Bobbio, si veda “Politica e cultura”, Einaudi, 2005; è stato recentemente ripubblicato anche il volume Destra e sinistraRagioni e significati di una distinzione politica – Edizione del trentennale, Prefazione di Nadia Urbinati, Donzelli, 2023

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