Locarno, un film importante sull’emigrazione italiana in Svizzera
Come è cambiata la classe operaia, per arrivare ora ad essere (quasi) sinonimo di "stranieri"?
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Come è cambiata la classe operaia, per arrivare ora ad essere (quasi) sinonimo di "stranieri"?
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Come è cambiata la classe operaia, per arrivare ora ad essere (quasi) sinonimo di "stranieri"?
Tra le tante proiezioni stimolanti vissute al Festival di Locarno, va segnalato – e sarà uno dei film da ricordare della 77esima edizione – il documentario del regista svizzero Samir sull’emigrazione italiana in questo paese: La prodigiosa trasformazione della classe operaia in stranieri. Più che un semplice documentario, un monumento di oltre due ore dedicato al mezzo milione e più di italiani che tra gli anni 50 e gli anni 70 si trasferirono in Svizzera. Inizialmente pensata e voluta solo come una soluzione temporanea per rispondere al bisogno di manodopera dell’industria e dell’edilizia, l’emigrazione italiana finirà per diventare un fenomeno sociale di grande rilevanza, che inciderà in modo duraturo sulla società e sui costumi. Non senza conflitti e aspetti drammatici, come sappiamo bene e come già altri in passato hanno raccontato.
Il film di Samir (regista di padre iracheno, nato a Baghdad nel 1955, arrivato ragazzino in Svizzera ) è solo l’ultimo di una serie di opere cinematografiche (e letterarie) che hanno raccontato questo fenomeno. Da Siamo italiani di Alexander Seiler del 1964 (una svolta nel cinema svizzero, il primo film a focalizzarsi sui migranti), a Cerchiamo per subito operai, offriamo… di Villi Hermann del 1974, al sempre imperdibile Schweizermacher e a molti altri ancora. Di suo e di nuovo Samir aggiunge un punto di vista particolare e ha il vantaggio di poter guardare all’emigrazione italiana oggi, con tutte le svolte e le ripercussioni degli ultimi anni.
Quando Samir giunge dall’Iraq a Zurigo nel 1961 non solo scopre la neve (scena commovente del film) ma si imbatte a scuola nei primi e ancora rarissimi figli di italiani. Assieme ai conflitti sociali che si creano anche nelle aule scolastiche, crescendo il giovane Samir scopre quel mondo a lui sconosciuto dell’italianità, che, inizialmente nascosta nelle baracche degli operai obbligati a restare senza famiglia, col tempo e con leggi finalmente meno disumane diventerà una componente importante della società elvetica. Tanto da condizionarne i gusti e a imporsi in ambito alimentare, nel vestire e nella musica. Ma non solo: l’emigrazione italiana a lungo farà anche da modello per le altre emigrazioni e l’italiano dventerà lingua franca sui cantieri, nell’industria e nella ristorazione tra i diversi stranieri.
Samir non nasconde il suo punto di vista e il film non si vuole solo sociale ma anche político, come d’altronde fa capire il brillante titolo dell’opera. Accanto alle trasformazioni sociali e di costume portate dagli italiani in Svizzera, il regista ci racconta le tragedie e i conflitti che renderanno sempre più scandalosa la situazione degli emigranti (soprattutto italiani, ma non solo) fino a far modificare la legislazione e consentire l’integrazione. Girato nel 2022 e 2023, il film molto opportunamente accenna anche al cambio paradigmatico dell’Italia, diventata da paese di emigrazione a paese di immigrazione. Il compito di trasferire nell’Italia di oggi le conquiste degli italiani in Svizzera è un tema epocale.
Tra le sorprese del film, forse la piu vistosa è la rivelazione che persino i sindacati svizzeri furono freddi se non ostili nei confronti dell’emigrazione italiana. La svolta naturalmente arriverà presto anche in quell’ambito, ma forse il soggetto meriterà un approfondimento ulteriore anche per non attribuire patenti di intolleranza in modo improprio.
Sicuramente si tratta di un film di valore, anche dal punto di vista tecnico (l’intelligenza artificiale aiuta il regista a ricostruire il proprio punto di vista di adolescente) e dunque da non perdere. Lo rivedremo presto nelle sale cinematografiche anche ticinesi.
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